Mommy: conferenza stampa con Xavier Dolan
Ha avuto luogo ieri a Roma la conferenza stampa di Mommy (trailer, recensione e clip), l’ultimo bellissimo film di Xavier Dolan, e noi di Cinematographe eravamo presenti per documentare l’evento.
Il giovane regista è arrivato puntuale, sfoggiando un abbigliamento casual ed un sorriso timido e nervoso, uno stato d’animo che non gli ha impedito di rispondere con grande accuratezza alle tante domande poste e nemmeno di intrattenere e divertire il suo pubblico, un’arte che traspare da tutti i suoi lavori cinematografici (già ben 5 all’attivo).
A soli 25 anni, Xavier Dolan sta dimostrando di avere un talento eccezionale e con Mommy (premio della giuria a Cannes, ex-equo con Adieu au Langage di Godard), è stato finalmente notato dalla distribuzione italiana (Good Films) che porterà nelle nostre sale il suo ultimo film a partire dal 4 dicembre.
Se nel suo primo lavoro semi-autobiografico del 2009, J’ai Tué Ma Mère, il sorprendente cineasta aveva trattato il tema del rapporto con la madre dal punto di vista di un ragazzo arrabbiato, in piena crisi adolescenziale, in Mommy – come lui stesso ha spiegato – osserviamo lo svolgersi di una crisi esistenziale, in cui una madre ed un figlio che sembrano non amarsi, si amano in realtà troppo.
Centrale, come al solito nelle sue pellicole, la critica alla società, che fatica ad accettare e a rapportarsi con la diversità:
La società non tollera la differenza, sia minima che massima, perché è pericolosa. Pure se è all’origine di ogni più grande progresso storicamente realizzato […] rimette in discussione la società stessa.
Nessuno spazio, invece, per la figura paterna, un tema delicato per Xavier, che ha raccontato di aver vissuto la separazione dei suoi genitori quando aveva solo 2 anni e di non aver mai avuto il privilegio di un padre presente:
Sono cresciuto in un mondo di donne, mia madre dopo la separazione si è trasferita in periferia, come accade in Mommy. […] Sono cresciuto con mia nonna ed una prozia che viveva in campagna vicino a Montreal. Ho osservato molto le madri […] donne che si battono per il lavoro, la famiglia, la posizione sociale, i figli, più degli uomini per quanto ho osservato. Ho visto spesso donne piangere per amore, gioia, per i figli e poche volte ho visto uomini fare cose che mi ispirassero per un film. […] Esprimo la ribellione attraverso le donne.
Dolan ha poi proseguito chiarendo che la sua intenzione non è fare film “terapeutici” sul proprio rapporto con la madre, non ne ha bisogno: la sua intenzione è semmai capire meglio se stesso e la vita attraverso la ricchezza di sfaccettature psicologiche che la figura astratta della “madre” , e in generale della donna, offre in funzione di un film.
Estrema importanza è riservata alla musica: Mommy vanta una colonna sonora ricca ed emozionante, frutto del toccante espediente cinematografico di una compilation che il padre del protagonista ha fatto per suo figlio prima di morire e, a proposito di questo argomento, il regista ha chiarito come la musica arrivi spesso prima dei suoi film:
I film sono come una partitura, tutto è musica anche i silenzi. Ogni particolare è una nota che trova una collocazione. Il film è se stesso musica.
Idee originali e molto chiare, dunque, per l’enfant prodige canadese, che esegue il suo lavoro senza seguire nessuno schema convenzionale: se la musica viene prima del film, il montaggio segue immediatamente la scrittura di una scena, nella fervida mente del regista, e le prove con gli attori sono quasi del tutto sostituite da un dialogo aperto in cui tutto può essere rimesso in discussione, se necessario:
Con Anne Dorvall, quando ho scritto Mommy, ci siamo seduti su uno sgabellino da cucina, abbiamo bevuto, fumato e discusso la sceneggiatura […] Sul set guardo le scene su un piccolo monitor, nascosto, e quando vedo che c’è un particolare adeguato (vedo che c’è bisogno di un silenzio o un movimento) lo suggerisco agli attori. Sono molto irritante! (Ride, n.d.r). […] La recitazione è la priorità per un buon film, lo spettatore si identifica con lo sguardo dell’attore, non con l’arredamento.
Una formazione tutta “sul campo” quella di Dolan che, dopo aver lasciato la scuola a 17 anni ha cominciato, grazie all’amicizia del padre con una sceneggiatrice, a leggere qualcosa e a guardare qualche film un po’ più importante (come Lezioni di Piano). Nonostante ciò, i suoi punti di riferimento (se ci sono) sono i drammi familiari commerciali degli anni ’90, perchè secondo lui l’unica differenza tra i film è quella tra film belli e film brutti, non tra film d’autore e commerciali: ha adorato , ad esempio, Titanic, Happy Together e Jumanji.
Sincerità e semplicità disarmante, il giovane cineasta sembra avere tutte le carte in regola per portare il suo umile anticonformismo sulle vette dei grandi del cinema, facendo del suo amore per le fonti di ispirazione minimaliste (immagini o – come già detto – la musica) un prezioso segno distintivo.
Prima di lasciarci, Dolan ci ha parlato della razionalità con la quale affronterà il privilegio di rappresentare il Canada ai prossimi Oscar, rivelando di essere già concentrato sulla realizzazione del suo prossimo film, che verrà girato in America e che vedrà finalmente protagonisti uomini alle prese con le tribolazioni che la fama riserva proprio agli attori di Hollywood e madri alle prese con la gestione della fama dei figli. Il titolo sarà The Death and Life of John F. Donovan e si concentrerà sul rapporto epistolare fra un 30enne e un 11enne: per ora ci è dato di sapere che Jessica Chastain interpreterà una demoniaca addetta stampa (“la tingeremo di rosso”, ha ironizzato il regista) e che la star maschile sarà un attore 30enne americano. Uomini sì, quindi, ma padri no…perché? Lapidaria la risposta del ragazzo:
Certe cose non cambiano.