RFF2015 – The Man in the High Castle 1×01: recensione
E’ già un cult la nuova serie sviluppata da gli Amazon Studios presentata al pubblico italiano al ‘Roma Fiction Fest’ che si è svolto la settimana scorsa nella Capitale. Stiamo parlando di The Man in the High Castle, fantapolitico dal grande appeal che debutterà ufficialmente in America ed appunto sulla piattaforma Amazon, il prossimo 20 Novembre. Il pilot è stato diffuso già ad inizio anno e, riscontrato il gradimento da parte del pubblico, sono stati ordinati 10 episodi ufficializzando così la produzione.
Prodotta da Frank Spotnitz (celebre per essere stato al fianco di Chris Carter nel creare il marchio di X-Files) e Ridley Scott, gli sceneggiatori attingendo alla grande tradizione letteraria di Philip K. Dick, concepiscono un thriller da mozzare il fiato che brilla per ritmo ed originalità. The Man in the High Castle conosciuto in Italia come La Svastica sul sole, non solo rappresenta uno dei racconti più intimistici del noto romanziere, ma è anche uno fra i libri più appassionanti ed emozionanti che si sono letti nel corso degli anni. Prendendo comunque le giuste distanze dal romanzo, la serie è un viaggio inquietante in una realtà post bellica fra spie, colpi di stato e sogni di libertà.
Prima di tutto cosa racconta The Man in The High Castle? Ci troviamo negli anni ’60 in un mondo dove la Germina ed il Giappone si sono divise il predominio dell’America dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, e si ode un canto di rivolta tra i cittadini oppressi. I protagonisti coinvolti – tutti volti giovani ma piuttosto sconosciuti nell’ambiente seriale – si dirigeranno in un territorio neutrale, situato tra le Montagne Rocciose, per mettere in salvo una pellicola, un film muto chiamato ‘La Cavalletta non si alzerà più’, dove si evince che la vittoria della guerra da parte della Germania e del Giappone è frutto di un intrigo ben più grande di loro. Ma ben altro bolle in pentola. Hitler è malato ed un nuovo conflitto sta per esplodere questa volta ancora più veemente rispetto al precedente.
Tre essenzialmente sono i motivi che rendono così brillante questa serie tv. The Man in The High Castle un emozionante trattato di fanta-politica che colpisce per schiettezza e grande caparbietà. Difficilmente un romanzo di K. Dick – soprattutto per il mercato televisivo – ha con sé un appeal così sconfinato. La serie tv in questione è assolutamente brillante, fulgida ed emozionante grazie ad un plot che cresce minuto dopo minuto ed un cast di volti non notissimi del panorama televisivo, che riescono comunque a dare enfasi ad un racconto di fantasia.
The Man in The High Castle: un emozionante tratto di fanta-politica
Inoltre i ruggenti anni ’60 sono offuscati da una Spada di Damocle che impedisce loro di brillare come dovrebbero. Le luci ed i colori di una decade brillante ed in pieno boom economico, viene qui illustrata con un pizzico di finto perbenismo, senza quel suo appeal seducente, senza i vestiti sgargianti e le macchine tirate a lucido. Un escamotage voluto solo per dare enfasi ad un drammatico e fittizio periodo storico che ha messo in ginocchio l’economia mondiale. The Man in The High Castle è quindi un mondo di spie, amori e tradimenti ma nasconde saggiamente un vero un canto di rivolta. Al di là della pura fantascienza, la serie brulica di spie, patti scellerati, di forti sentimenti, di ideali di libertà e rovesci di fortuna. Lo spy-drama quindi rivive in questa nuova veste, allargando i suoi confini ed arricchendosi di emozioni.
The Man in The High Castle seppur non nasconde la sua convenzionalità e tutti i classici dettami di una narrazione seriale, è una produzione innovativa e simbolo di una vera evoluzione che oramai corre direttamente sul web.