Un posto sicuro: recensione del film con Marco D’amore

Trovare un posto sicuro non è una cosa semplice e ancor più complicato è cercare di rendere affidabile un luogo violentato dalla sciatteria umana, quella che si impossessa della nostra specie nel momento in cui affiora il luccichio di un posto di lavoro fisso.
L’opera prima del regista Francesco Ghiaccio, Un posto sicuro (qui il trailer), scritta insieme all’amico Marco D’Amore, si delinea fin da subito come un’arma a doppio taglio sotto vari aspetti, in primo luogo quello inerente la ‘sicurezza’, una strada che si spacca a metà creando un’antitesi feroce tra la certezza di vivere decorosamente, potendosi permettere cibo, vestiti e quanto basta a un uomo per sentirsi materialmente realizzato e la possibilità di vivere in un ambiente salubre.
Questo posto che barcolla tra la sicurezza del lavoro e l’insicurezza della vita è Casale Monferrato ed Eduardo (Giorgo Colangeli) e Luca (Marco D’Amore) sono i protagonisti immaginari di una storia che fiorisce da un puzzle di verità rastrellate tra i racconti della gente, quella innamorata, delusa, trafitta dal dolore della perdita ma assetata di giustizia.

Un posto sicuro: ‘c’è un grosso equivoco tra il posto di lavoro sicuro e la sicurezza del luogo in cui si vive’

Ma in Italia, si sa, non è facile far valere i propri diritti e Ghiaccio lo sottolinea fin dall’inizio attraverso gli affanni di Eduardo, ex-operaio dell’Eternit, affetto da un tumore ai polmoni causatogli proprio da quella polvere d’amianto bianca con la quale era stato a contatto per una vita intera, all’interno degli stabilimenti in cui lavorava un materiale considerato eterno. Adesso è un uomo rimasto vedovo e in pensione, malato e solo, proprio come il figlio Luca, che in una stanza disordinata si accontenta di fingere che tutto vada bene affogando la delusione nell’alcool e guadagnandosi da vivere facendo l’animatore alle feste.

Guarda l’intervista video al cast di Un posto sicuro

Un telefonata inaspettata rimetterà padre e figlio sulla stessa strada, in un incontro-scontro in cui l’orgoglio si scioglie sotto la forza dei ricordi e la voglia di ritrovare un rapporto seppellito dal via vai della vita; dal ‘vorrei ma non posso’ della routine che umilia sogni rendendo l’uomo schiavo della materialità.
La bellissima ed eterea Raffaella (Matilde Gioli) è il gancio calato giù dal cielo: una spinta positiva che stravolge il pessimismo di Luca, aprendo con baci e abbracci porte chiuse spudoratamente in faccia.

Un posto sicuro è la storia di un amore, il più bello e puro che esista, ossia quello tra un padre e un figlio che non riescono a dirsi ‘ti voglio bene’; sanno che quella è la ultima occasione di sentirsi una famiglia, di riscoprire le radici di una storia che gli è sfuggita tra le dita e di darsi una carezza di rinfranco, di quelle sottili, innocenti, silenziose, che solo chi è unito dal sangue riesce a percepire.
La riscoperta del rapporto col padre coincide, per Luca, col ritrovamento della sua atavica vocazione: il teatro, arma di cambiamento interiore e di rappresentazione esterna di se stessi nonché palcoscenico di denuncia.

un posto sicuro

Un posto sicuro è un film pesante, come la faccenda che attraversa i reduci dell’Eternit; intenso come la voce della città intera, che alla vigilia della prima grande sentenza del processo si agita per avere giustizia. È un collage di generi che dalla drammaticità dilagano verso il documentario e l’inchiesta, dando un taglio famigliare al film, in cui viene a galla nei minimi dettagli lo strazio di una situazione forse non abbastanza nota, riportando date, luoghi, nomi e cognomi di una vicenda fatta di ricordi che possono far male, o forse salvare chi resta.

Un posto sicuro è un’opera collettiva, che usa la vita del protagonista come canovaccio per raccontare quella di una comunità. L’autenticità del racconto è uno degli aspetti più solidi della sceneggiatura, turbata dalla mancanza di una possente colonna sonora ma agevolata dalla impeccabile interpretazione di Giorgio Colangeli, portavoce di un carisma atavico, capace di bucare lo schermo e strappare tutta l’umanità nascosta tra i meandri dell’animo. Non da meno la recitazione di Marco D’Amore, che si presta ancora una volta senza riserve a vestire i panni di un essere reale, intriso di sbagli, speranze, dolori, amori e amare verità.

Un ruolo fondamentale vestono poi i cittadini di Casale Monferrato e il teatro: protagonista silenzioso e irremovibile dell’intera pellicola, sul cui palcoscenico si srotola adagio la matassa dell’uomo che Luca vorrebbe essere, si realizzano i sogni repressi di Eduardo e si concretizza, in ultimo, il grido della giustizia.
Con l’introduzione di un piccolo teatro è come se Ghiaccio e D’Amore volessero abbattere doppiamente la quarta parete; il velo del silenzio e quello dell’ipocrisia di chi dall’alto, a nostra insaputa, decide della nostra vita.

un posto sicuro

Pur essendo a tratti un’opera ridondante, forse con qualche pecca (concessa a chi si approccia per la prima volta alla regia) Un posto sicuro ha il pregio di destare nel cuore una domanda e coinvolgerci nella risoluzione dell’enigma: qual è la cosa giusta da fare? Tra orgoglio, aspettative e stili di vita differenti ognuno troverà una risposta tutta sua, o forse la starà ancora cercando, mentre sfoglia stordito lo stradario immaginario del cuore, in cerca di un posto sicuro in cui ‘naufragare’ tranquilli.

Un posto sicuro, prodotto da Indiana Production e La piccola società con Rai Cinema, in collaborazione con Sky Cinema, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, sarà al cinema dal 3 dicembre, distribuito da Parthénos.

Giudizio Cinematographe

Regia - 2.7
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 2.5
Emozione - 3.5

3.1

Voto Finale