Franny – intervista a Richard Gere: “sogno un film con Bertolucci”
Arriva oggi al cinema, disponibile in 150 copie su tutto il territorio nazionale, grazie a Lucky Red, Franny (qui la nostra recensione in anteprima), la commedia drammatica con protagonista l’intramontabile Richard Gere, scritta e diretta dall’esordiente Andrew Renzi. Una pellicola capace di scaldare il cuore, che ben si adatta a questo periodo natalizio dato il modo in cui sviscera e declina tutti gli aspetti, compresi antefatti, implicazioni ed insidie, che possono nascondersi dietro all’importantissimo valore della generosità. Richard Gere ha presentato Franny in conferenza stampa a Roma, sfoggiando la sua innata eleganza e savoir-fair. Ecco cosa ci ha raccontato a proposito di sé, del film e dei suoi progetti per il futuro.
Richard Gere: vi racconto i retroscena del mio Franny
Nei suoi ultimi due film interpreta due personaggi “ai margini”, un homeless in Time out of mind e un milionario solitario e con un segreto pesante alle spalle in Franny. Come mai queste scelte così profonde in questo momento della sua vita e della sua carriera?
Più le cose sono difficili e più sono divertenti! Oltre a Franny e Time out of mind ultimamente ho girato Openheimer Strategies che, come gli altri due, sarà un film indipendente, realizzato con un budget ridotto e in pochi giorni di riprese. Spesso mi chiedono perché non faccio cose più semplici ma in realtà nella vita non c’è nulla di semplice. Quindi perché sminuirne il valore facendola apparire meno complicata? Non ho mai incontrato una persona semplice in vita mia, anche quando sembra di incontrarla, appena si scava più a fondo emergono tutte le sue complessità.
Sappiamo del Suo interesse per la politica interna degli Stati Uniti. Secondo Lei, come dovrebbe reagire l’America ad un massacro come quello di San Bernardino? Da cosa dipende secondo Lei, è un atto di terrorismo o la conseguenza della facile diffusione delle armi?
Gli Stati Uniti sono il Paese al mondo in cui circolano più armi e, dopo un atto del genere, ci si sarebbe aspettata una sollevazione popolare contro le armi. Invece è successo l’esatto contrario, si è cominciato a sostenere che ci si debba difendere di più, quindi con altre armi. A mio avviso bisognerebbe invece affrontare le cause profonde del problema, cercare di capire cosa muove le persone a compiere atti simili. Negli Stati Uniti abbiamo la tendenza ad affrontare gli effetti, ma quando ci si occupa degli effetti ormai è troppo tardi, bisognerebbe prevenirli andando ad agire a fondo sulle cause. Fermo restando che chi compie un crimine va punito, sono però contrario a questa ondata di vendetta, mi fa orrore. Bisognerebbe cercare di far riemergere le qualità essenziali dell’animo umano, l’amore, l’affetto, la compassione e soprattutto la saggezza, un valore importantissimo per capire perchè l’uomo è mosso a compiere degli atti tanti orribili.
È stato scritto che ha apportato delle modifiche al copione di Franny. Che cosa ha cambiato in particolare della sceneggiatura di Andrew Renzi?
Credo che tutti i copioni subiscano delle modifiche in corso d’opera, anche quando sulla carta una sceneggiatura sembra perfetta, nell’atto del girare una scena spesso ci si accorge che non sortisce l’effetto desiderato e si modifica qualcosa. A volte sono cambiamenti radicali, a volte minori, ma accade sempre, discutendo con i produttori ed il regista in corso d’opera e poi anche in fase di montaggio.
Nel film assistiamo all’evoluzione di Franny attraverso vari sé, dal più entusiasta, al più disperato: quale è stato più difficile da intepretare?
Sicuramente questo film poteva essere girato molto diversamente, evidenziando un aspetto della personalità di Franny piuttosto che un altro, ad esempio il suo lato persecutorio o la sua dipendenza dai farmaci. Quello che invece abbiamo scelto di fare è dare lo stesso spazio ai vari aspetti, aggiungendo anche una giusta dose di umorismo, che è qualcosa che fa parte anche dei momenti più tragici della vita. Un’altra scelta voluta è è stata quella di mantenere non chiaro il suo orientamento sessuale, semplicemente perché non era necessario chiarirlo ai fini della storia. Ho voluto evitare ogni etichetta.
Com’è stato lavorare con Andrew Renzi? Come ha trovato questo regista alla sua prima esperienza?
Come sapete lui ha scritto la sceneggiatura e ha ideato questo personaggio molto affascinante, quindi sapevo già con chi avevo a che fare. È vero che Franny è il suo primo lungometraggio, anche se aveva già diretto con successo dei cortometraggi e mostrava già grande dimistichezza con i movimenti di camera e profonda conoscienza dello stile. Più chiacchieravo con lui prima di arrivare sul set e più capivo di aver fatto la scelta giusta, il rapporto di fiducia è cresciuto man mano che andavamo avanti con le riprese. Essendo stato il primo lungometraggio per lui, per me non esattamente (ride, n.d.r.), ha chiesto consigli a me e al resto della troupe, sicuramente anche fare il regista è una questione di esperienza, quindi anche lui migliorerà col tempo. Andrew ha raccontato una storia molto personale, anche questo è stato un fattore che ha contribuito alla crescita della fiducia tra noi. La casa che ha utilizzato è familiare per lui, stessa cosa per la città di Philadelphia, e questo lo ha agevolato nonostante fosse la sua prima esperienza. Siamo diventati amici, Andrew è davvero un ragazzo talentuoso e siamo fieri del prodotto che abbiamo realizzato.
Lei dice sempre che quando viene in Italia si diverte molto perché “facciamo casino”. Farebbe un film qua in Italia e, se lo farebbe, con quale regista in particolare le piacerebbe lavorare? Il “casino” sarebbe un ostacolo?
Sono molto aperto all’idea di lavorare qui, il casino non mi scoraggia, ma ci sono tanti fattori che devono incastrarsi per poter scegliere o meno di fare un film e, per qualche motivo, finora non si è ancora verificato l’incastro necessario per portarmi a fare un film in Italia. Ad esempio, penso spesso alla possibilità di fare il prossimo film di Bernardo Bertolucci ma sono tanti i registi di talento italiani con i quali mi piacerebbe lavorare. Quindi prima di “appendere le scarpette al chiodo” potrebbe sicuramente esserci un film italiano.
In un panorama cinematografico mainstream in cui tutto è chiaro, tutto è spiegato, per le produzioni è più difficile fare film come questo, in cui le ragioni dei protagonisti non sono sempre o bianche o nere ma, come nella realtà, sfociano nel grigio?
Sicuramente, innanzitutto, c’è differenza fra ciò che che si intende per film a basso costo in Italia e in America. Se negli USA si ha a disposizione un budget di 5-8 milioni di dollari, ci si trova nella fascia del basso costo. Secondo me con queste cifre si può fare qualunque film, lavorando diversamente, in modo più immediato, con meno ciak e meno giorni dedicati alle riprese. Il risultato può essere addirittura migliore perché si mantiene la spontaneità. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di guadagnare molto con film a budget elevato quindi adesso, a differenza di molti giovani attori di oggi, posso permettermi di fare film per niente, per il solo piacere di farli.
Ha detto in un’intervista che le piacerebbe un incontro tra il Papa ed il Dalai Lama; se questo avvenisse, di cosa dovrebbero parlare queste personalità?
Di ciò di cui si occupano solitamente, potrebbero discutere di come migliorare questo bellissimo pianeta e soprattutto le persone che lo popolano, rendendole più sagge e compassionevoli o su cosa fare per fermare la follia dilagante che si sta impossessando del nostro mondo. Forse cercherebbero una maniera per insegnare un po’ di sanità mentale alle persone. Sono entrambe figure straordinarie con una vita straordinaria e all’apice del loro potere, pur rappresentando popolazioni e credo differenti, sono due persone che insieme potrebbero fare moltissimo.
Sarebbe interessato a fare qualcosa per il piccolo schermo, come una serie televisiva?
Non ho mai avuto un piano su come portare avanti la mia carriera, ho sempre fatto scelte molto istintive. Sono sempre sorpreso quando una sceneggiatura arriva a me, cerco qualcosa che mi catturi per decidere se interpretarla o meno. Per il 99% dei film che ho fatto è successo proprio in maniera casuale, per via di qualcosa che inaspettatamente ha attratto la mia attenzione, quindi tutto potrebbe succedere. Quello che cerco nei copioni è soprattutto l’umanità, il loro riflettere la complessità dell’animo umano, indifferentemente nel caso di film drammatici o commedie romantiche. Mi piace il cinema rispetto alla televisione perché trovo ci sia qualcosa di magico nel trovarsi in una sala al buio con un gruppo di sconosciuti per condividere ciò che viene proiettato su un enorme schermo. L’esperienza cinematografica è qualcosa di emozionante che coinvolge tutti i sensi e non voglio perderla. Tuttavia ci sono prodotti televisivi di qualità straordinaria, in cui i personaggi emergono in tutte le loro sfaccettature addirittura meglio di quanto non succeda in certi film. Manca solo quella magia legata al cinema, alla quale sono davvero molto legato.