Recensione da letto: Il Ponte delle Spie
LUI: Il Ponte delle Spie, film di Steven Spielberg ammantato di retorica a stelle e strisce.
LEI: spettatrice tutto sommato soddisfatta, ma meditabonda (in quanto non statunitense).
– Beh, non sei affatto male, Il Ponte delle Spie…
– Però c’è qualcosa, vero? C’è qualcosa che non ti è piaciuto, ammettilo…
– Ma no, niente…
– È Spielberg. Sei una di quelle a cui non piace Steven Spielberg, è così?
– Vuoi scherzare? Chi è nato prima del 1990 è praticamente cresciuto con i suoi film. Che piaccia o meno, Spielberg è una delle personalità più influenti del cinema mondiale da almeno due decenni a questa parte. È un caposcuola, un genio della narrazione per immagini, in particolare nel caso di film ambientati in momenti storici affascinanti. A cominciare da Schindler’s List e passando per Amistad, Munich e Lincoln.
Tu non fai eccezione, Il Ponte delle Spie: riesci a riportare in vita le paranoie e le ansie degli Stati Uniti degli Guerra Fredda, la paura del nucleare e le follie del maccartismo. Ogni centimetro della tua inquadratura ha lo scopo di evocare lo scenario, ogni dettaglio è storicamente accurato, senza nulla togliere all’effetto finale.
– Grazie, dolcezza. Faccio del mio meglio. Diciamo che su queste cose Spielberg non sbaglia… Ma allora qual è il problema?
– Lascia stare, Il Ponte delle Spie, non importa…
– È Tom Hanks? Non dirmi che non ti piace Tom Hanks…
– Ma figurati! Tom Hanks e Steven Spielberg funzionano bene insieme, è un dato di fatto. Anzi, funzionano alla grande. E Tom Hanks nei panni di un avvocato idealista degli anni Cinquanta è nel suo elemento naturale, è più americano della bandiera. Anche se…
– Anche se?
– No, niente. Tom Hanks è un gigante, non c’è niente da dire. Ma non sarebbe bello, per una volta, vederlo in un ruolo da cattivo? Vederlo interpretare un serial killer? Un gangster? Un bastardo senza cuore?
– Beh, in Era mio padre interpreta un assassino della mafia.
– Sì, ma è un personaggio positivo, un killer che ama e protegge la propria famiglia. Dai, non conta… Ma torniamo a te. Parlando di cast, hai anche un altro merito: fai conoscere alle grandi masse Mark Rylance, uno dei più grandi attori inglesi dei nostri giorni. Un attore esperto, carismatico, con una presenza scenica scolpita e modellata da decenni di teatro. A tratti ruba la scena al protagonista.
– Quindi: bene la regia, bene la recitazione. È il soggetto che non ti piace? Perchè guarda che è una storia vera, non c’era molto da cambiare…
– Che palle! Sono le tue soluzioni narrative, ve bene? Non mi sono piaciute alcune delle tue soluzione narrative! Ecco, l’ho detto!
– Va bene, rilassati… A cosa ti riferisci?
– Per dirne una, Donovan (ossia Tom Hanks) che chiede ad Abel (ossia Mark Rylance) perchè non è preoccupato e Abel che risponde “Servirebbe?”: è divertente le prime due volte, la terza stona. O la signora borghese sul treno che prima guarda male a Donovan e invece alla fine gli sorride?
– Beh, vabbè…
– No, vecchio. È un espediente da quattro soldi. Ma aspetta! Com’è che gli agenti dell’FBI che interrogano il russo sono civili, educati e cortesi mentre gli agenti russi che interrogano l’americano sono brutali e spietati aguzzini che gli impediscono di dormire? Cioè: americani buoni e russi cattivi? Dovrebbe essere credibile?
– Tesoro, devi capire che Spielberg fa film anzitutto per il pubblico americano, per la sensibilità americana. O per la retorica americana, se preferisci.
– Esatto, retorica. Magari il problema è la sceneggiatura di Joel e Ethan Coen e di Matt Charman. Magari Spielberg e i Coen non sono compatibili. Resta il fatto che dalla metà in poi cedi alla retorica, Il Ponte delle Spie. Forse all’americano medio può piacere. A me, in alcune scene, ricordi quasi i filmetti della domenica pomeriggio, quelli con le lezioncine morali pre-confezionate.
– Questo è un colpo basso.
– Il tuo regista si chiama Spielberg e il tuo protagonista si chiama Hanks: puoi capire che le mie aspettative fossero molto alte. Ma te l’ho detto, non sei niente male.
– Mmm. Possiamo rivederci, quindi?
– Sì, dai. Però la prossima volta lascia a casa le mutande a stelle e strisce, ok?