Cinema e pittura: 15 foto di un legame indissolubile
Il cinema è il caleidoscopio meraviglioso con cui ci riserviamo il privilegio di osservare la realtà, almeno per qualche ora. D’altra parte parliamo della settima arte e l’arte, in senso più ampio possibile, è il miracolo grazie al quale siamo ancora in grado di sorprenderci. Emozionarsi ammirando una scultura e commuoversi alla fine di un film è sostanzialmente lo stesso tipo di esperienza, quella che ci ricorda che siamo esseri umani e che i nostri sentimenti sono universali. Ci sono poi quei film che chiamiamo capolavori che ci colpiscono non solo perché, pur riguardando vicende appassionanti che mai potremmo vivere veramente, sembrano raccontare la nostra piccola storia, ma anche perché sono particolarmente ben costruiti dal punto di vista tecnico. Le scenografie, la colonna sonora, i costumi, la stessa fotografia, sono aspetti che non sempre valorizziamo come meriterebbero. Eppure ci sono registi come Kubrick che nascono come fotografi e questa passione che si esprime come attenzione per i dettagli nella composizione di una scena si concretizza nel tentativo ambizioso di affidare ad ogni singola immagine il compito di narrare una storia a sé.
Cinema e pittura: 15 foto di un legame indissolubile
Scelte di questo tipo obbligano i registi più audaci ad una fervida sperimentazione creativa. Ebbene, la soluzione più originale ed innovativa, non di rado, parrebbe essere quella di attingere alla tradizione pittorica – europea e non – per la costruzione di scene e ritratti che incantano lo spettatore. Questi subisce infatti il fascino passivo dell’armonia insita nell’opera d’arte.
1) Matteo Garrone come Goya e Gustav Klimt
Consideriamo, per cominciare, Matteo Garrone il quale ha voluto regalare al suo pubblico un piacere visivo con il suo ultimo film Il racconto dei racconti, così diverso dai precedenti. Scenografie ed ambientazioni suggestive sono in delizioso contrasto con le situazioni grottesche delle favole di Basile.
Le riprese panoramiche sono maestosi affreschi pittorici che ci offrono la possibilità di osservare i nostri paesaggi – Garrone ha insistito perché il film fosse girato principalmente in Italia – attraverso lo sguardo romantico di Caspar David Friedrich che in Italia neanche ci è stato.
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Il regista di Gomorra sembra essersi ispirato a Gustav Klimt e al suo universo mondano e decadente per costruire ambientazioni che ospitassero le vicende di lussuria sfrenata del Re di Roccaforte (Vincent Cassel). Nudi femminili e stoffe preziose costituiscono lo sfondo di suggestione preraffaellita da cui emerge il re, vizioso e dissoluto.
Citazione alla bellissima Maddalena di Tiziano e alla Venere dormiente del suo maestro Giorgione per omaggiare la tradizione veneta nella scena del ringiovanimento di Dora (Stacy Martin).
Il riferimento più evidente è a Goya che nei suoi Caprichos sembra abbandonare il gusto rococò e le inclinazioni ad un certo romanticismo per aprirsi al realismo osceno, grottesco, ripugnante, insomma perfetto per rappresentare i vizi dell’uomo e i mostri generati dalla sua irrazionalità.
Inoltre Salma Hayek nei panni della Regina di Selvascura è come Saturno che divora i suoi figli dell’artista spagnolo, almeno nel concepimento di questa scena di ispirazione pasoliniana.
2) La ragazza con l’orecchino di perla: la linea sottile tra Serra e Vermeer
Altro caso degno di nota è quello rappresentato da La ragazza con l’orecchino di perla di Peter Webber (2004) adattamento del romanzo omonimo di Tracy Chevalier, che per scenografie e costumi può essere considerato quasi una continuazione dell’opera di Jan Vermeer. Scarlett Johansson, in una delle sue migliori performance, ci dona un ritratto che per delicatezza ed intensità ricorda verosimilmente l’originale del maestro di Delft.
Non solo questo ritratto, che dopo l’uscita del romanzo ha acquisito la sua maggior fortuna, ma tutto nel film è curato nei minimi dettagli: dalla cucina della tipica casetta olandese all’atelier dell’artista, in una ricostruzione storica formidabile. Eduardo Serra, direttore della fotografia, ha il merito di aver compreso e ben imitato il gusto del fiammingo Vermeer e d’altra parte pare che questi avesse una camera oscura che lo agevolasse nella realizzazione dei dipinti. Ciò spiegherebbe la modernità della tecnica dell’artista che a questo punto possiamo definire fotografica. Serra riprende da Vermeer l’uso della luce quasi barocco. Quasi perché cambia la finalità: la luce è qui semplicemente uno strumento per indagare l’intimità del contesto domestico. Le immagini limpide, pulite, equilibrate che Serra costruisce sono un atto d’amore verso l’artista che era in grado di rendere persino l’umidità dell’aria. Anche la scelta dei colori è rispettata con una netta predilezione per il blu oltremare che la Griet del romanzo ha tante volte preparato nervosamente nell’atelier.
3) Christopher Nolan e Maurits Cornelis Escher tra labirinti e follia
Anche i registi più originali come Christopher Nolan hanno trovato ispirazione tra le opere degli artisti del passato. Per realizzare Inception, labirintico e geniale, erano naturalmente richieste scenografie, inquadrature ed effetti speciali che avessero come obiettivo quello di alterare la percezione dello spazio degli spettatori – così come quella dei protagonisti del film, disorientare, confondere al punto da non lasciar più distinguere neppure ciò che è in primo piano da ciò che è sullo sfondo. Riferimenti obbligati ad Escher, grafico olandese, e a Giovanni Battista Piranesi, architetto italiano artista della serie di incisioni delle Carceri.
3) Woody Allen e Stanley Kubrick: passione Van Gogh
Coraline di Henry Selick (2009) è un film di animazione realizzato in stop-motion, affascinante per le sue atmosfere psichedeliche ed inquietanti. Nella scena in cui Coraline vede in sogno le anime dei tre bimbi, il regista di Nightmare Before Christmas rende omaggio all’olandese Van Gogh che impasta colori vivaci con le emozioni della notte nel suo dipinto più celebre.
Lo stesso Woody Allen ha subito il fascino misterioso e malinconico de La notte stellata, utilizzandola nella locandina del film Midnight in Paris.
La fortuna di Vincent Van Gogh nel cinema non si esaurisce qui dove la scelta risponde ad esigenze di tipo estetico. Kubrick in Arancia meccanica (1971) costruisce un universo esasperatamente pop, ambientazione e metafora di quel futuro distopico e schizofrenico in cui ha luogo la storia di Alex DeLarge. Eppure nella frenesia di queste immagini quasi fumettistiche, violente, esteticamente efficaci, trova posto una scena che riprende La ronda dei carcerati, quella in cui Alex intraprende la cura Ludovico, che può essere considerata un invito alla riflessione sul contesto carcerario, sull’isolamento e l’esclusione sociale.
4) La perfezione del corpo che incanta Sorrentino
Paolo Sorrentino cede ad un rimando iconografico al tema biblico di Susanna ed i vecchioni, caro a pittori di epoche diverse, tra cui Artemisia Gentileschi, Caravaggio, Cagnacci, Hayez e tantissimi altri. La citazione è solo nell’impostazione: Michael Caine e Harvey Keitel, i due protagonisti, osservano incantati la perfezione del corpo di Miss Universo, senza che vi sia attrazione sessuale. Gli amici osservano la ragazza come si fa con un’opera d’arte, apprezzandone le proporzioni e l’equilibrio, rimpiangendo la giovinezza che tuttavia non ha ancora lasciato nessuno dei due.
5) La Venere di Bertolucci
“Ho sempre voluto fare l’amore con la Venere di Milo“
È quanto confessa Matthew (Michael Pitt) a Isabelle (Eva Green) in The Dreamers di Bertolucci (2003). Isabelle asseconderà questo desiderio presentandosi a Matthew con dei guanti neri su uno sfondo nero, intensificando la passione che nasce in sordina tra i due.
6) Erotismo raffinato per Martin Scorsese e Doug Liman
Infine, sarebbe ingiusto ignorare l’influenza reciproca che esiste tra Jack Vettriano, contemporaneo artista scozzese, ed il cinema. I soggetti di Vettriano sono principalmente scene di seduzione tra donne raffinate ed uomini eleganti, ma anche balli e nudi femminili, il tutto immerso in affascinanti atmosfere anni ’50.
Testo di Francesca Menna