Ancora un Lungo Addio: recensione del remake del n.74 di Dylan Dog
Quando è stato annunciato Ancora un Lungo Addio insieme ad altri celebri remake legati all’indagatore dell’incubo di casa Bonelli (così come il remake de La nuova Alba dei Morti Viventi), i fan di Dylan Dog si sono divisi in due categorie: quelli che urlavano al sacrilegio e invece chi accoglieva l’intervento di Roberto Recchioni come una manna dal cielo in un periodo costellato dalla pigrizia narrativa e visiva all’interno di un panorama fumettistico che non aveva più molto da dire.
Noi, come – se ci seguite – avrete capito dalle nostre pagine (trovate alcune recensioni Bonelliane qui : Cronache dal Pianeta dei Morti, Lacrime di pietra, Morgan Lost , Hellnoir), siamo più orientati verso la seconda schiera, quella di chi ama in modo assurdo ciò che il RRobe sta facendo e ammirano la voglia di rinnovarsi ogni mese senza tralasciare i colpi di scena e le continue novità.
Ancora un Lungo Addio: il remake di Paola Barbato
Il Lungo Addio è una delle opere più complesse dell’universo Dylaniano, albo n. 74 della serie a fumetti Dylan Dog, ideata da Tiziano Sclavi ed edito dalla Sergio Bonelli Editore. Uscito in edicola nel novembre 1992, è scritto da Mauro Marcheselli (soggetto) e Tiziano Sclavi (sceneggiatura), disegnato da Carlo Ambrosini, con copertina di Angelo Stano. Personaggio principale dell’episodio è Marina Kimball, probabilmente la più importante tra le donne di Dylan Dog (escludendo Morgana e Lillie che se la giocano a pari merito). È considerato da pubblico e critica un capolavoro e comunque uno dei capisaldi dell’intera collezione assieme a Johnny Freak (n. 81).In questo albo l’orrore è rappresentato dagli anni che passano, dal confronto tra il prima e il dopo, dalla giovinezza perduta che non potrà più tornare e dalla distruzione di tutti i sogni adolescenziali.
Impresa ardua, dunque, per Paola Barbato, riportare su carta un così grande classico che ha fatto piangere i lettori più fedeli di Dylan Dog ma, come ogni fan che si rispetti, la Barbato ha mantenuto fede alla promessa fatta senza deludere le aspettative; sì perchè il genio, in questa operazione, sta nel non aver stravolto la trama principale ma anzi, di aver fatto in modo che il lettore possa assistere alle vicende già narrate come una terza presenza invisibile, sottolineando e abbozzando a seconda delle situazioni alcuni eventi già narrati nell’opera originale, come se si desse per scontato che la lettrice o il lettore in questione abbia spolpato più e più volte l’originale di Sclavi.
Il finale, poi, è un colpo al cuore da manuale, perché se durante la lettura delle 32 pagine l’albo vi ha solo fatto venire il magone, la sequenza finale, in particolare l’ultimo riquadro, vi farà piangere, vi darà la forza di lasciarvi andare così come fa Marina nella stupenda copertina disegnata da Carmine Di Giandomenico, disegnatore anche delle tavole interne.
i personaggi sono gli stessi che abbiamo scoperto ormai 24 anni fa sulle pagine di Dylan Dog ma c’è di più, c’è qualcosa che non sapevamo e che ora siamo pronti a scoprire. Sì perché sia Dylan che Marina in questi anni si sono evoluti e, nonostante sia una storia che ritornerà più volte nell’universo di Dylan (basti pensare alle Cronache del pianeta dei Morti o a Saluti da Moonlight) c’è bisogno di cambiamento ed evoluzione, una evoluzione necessaria che però non delude i fan ma anzi, fa sorridere con tenerezza verso un futuro indagatore dell’incubo più romantico e tormentato che mai.
Ancora un Lungo Addio è sicuramente un albo da avere e da leggere più volte, capace di emozionare come l’opera classica ma anche di trasportare il lettore verso un nuovo futuro fatto di storie classiche di successo riadattate al corso odierno delle avventure dell’indagatore dell’incubo più famoso della storia dei fumetti: un capolavoro.