Emmanuel Lubezki: la strepitosa carriera del Re della fotografia
Lo scorso 28 febbraio, Emmanuel Lubezki è diventato il primo direttore della fotografia a vincere per 3 volte consecutive l’Oscar della categoria, grazie al superbo lavoro da lui compiuto per Revenant – Redivivo (Clicca qui per leggere la nostra recensione della colonna sonora). Questo ennesimo riconoscimento è la consacrazione definitiva per la trentennale carriera di un uomo che ha saputo elevare il proprio lavoro ad arte, cercando di alzare costantemente l’asticella del proprio operato e diventando così una spalla fondamentale per alcuni dei più grandi registi contemporanei, fra cui Alfonso Cuarón, Terrence Malick, i fratelli Coen, Tim Burton e Alejandro González Iñárritu.
Soprannominato Chivo (‘capra’ in spagnolo) dagli amici, Emmanuel Lubezki è uno dei tanti elementi provenienti dal Messico che stanno facendo faville nel cinema odierno: fra gli altri, ricordiamo il direttore della fotografia Guillermo Navarro, Guillermo del Toro e i già citati Alfonso Cuarón e Alejandro González Iñárritu, che anche grazie al formidabile operato di Lubezki hanno portato a casa gli ultimi 3 Oscar per la migliore regia con Gravity, Birdman e Revenant – Redivivo.
Emmanuel Lubezki – il maestro del piano sequenza e della luce naturale
La carriera di Chivo comincia in patria, dove, fra corti e prime collaborazioni cinematografiche con Luis Estrada e Alfonso Cuarón (suo amico fin dai tempi dell’adolescenza) ha modo di farsi le ossa e formare il suo stile fotografico. Dopo Bandidos e Uno per tutte, arriva la chiamata da parte di Alfonso Arau, che nel 1992 gli affida la fotografia di Come l’acqua per il cioccolato (e successivamente di Il profumo del mosto selvatico): la combinazione di erotismo, fiabesco e grottesco esalta le doti naturali di Lubezki, e il film si rivela un inaspettato e clamoroso successo di pubblico in tutto il mondo. Hollywood si accorge delle qualità del direttore della fotografia messicano, che nel giro di quattro anni si occupa della fotografia di grandi produzioni americane come La piccola principessa (prima candidatura all’Oscar per Chivo) e Paradiso perduto del suo vecchio amico Alfonso Cuarón, Piume di struzzo di Mike Nichols e Vi presento Joe Black di Martin Brest. Con queste pellicole, Emmanuel Lubezki ha modo di mettersi alla prova con diversi generi e varie tecniche di fotografia, attirando così l’attenzione di alcuni dei più grandi cineasti sulla piazza. Chivo viene così ingaggiato da Tim Burton per il suo Il mistero di Sleep Follow (1999), che lo porta alla seconda nomination all’Oscar e all’attenzione dei cinefili di tutto il mondo. L’utilizzo della nebbia e di luci prevalentemente fredde da parte di Lubezki è magistrale, e contribuisce a creare l’alone di mistero e magia che circonda questa bella favola dark.
Fra il 2000 e il 2004, Emmanuel Lubezki ha modo di confermare la sua poliedricità occupandosi prima della fotografia di Y tu mamá también, con cui racconta nuovamente il suo Messico insieme all’inseparabile Alfonso Cuarón, poi di due film biografici (Alì e The Assassination) e altri due fantasy, ovvero Il gatto… e il cappello matto e Lemony Snicket – Una serie di sfortunati eventi. Le due successive pellicole permettono a Chivo di conquistare la sua terza e la quarta nomination all’Oscar e soprattutto di specializzarsi in due aspetti che contraddistingueranno il suo stile nel prosieguo della sua carriera. Con The New World (2005), Lubezki ha modo di interagire con il tocco poetico di uno dei cineasti viventi più apprezzati, ovvero Terrence Malick. Il regista si avvale della maestria di Lubezki per delle spettacolari riprese della natura incontaminata, che esaltano il direttore della fotografia messicano e spesso si sostituiscono alla narrazione tradizionale, imponendo all’attenzione di tutti Chivo come uno dei soggetti più abili a catturare la poesia di un paesaggio e a donargli la giusta enfasi. Con il successivo (e sottovalutato) I figli degli uomini (2006) invece, Emmanuel Lubezki si ricongiunge nuovamente ad Alfonso Cuarón per una toccante storia di fantascienza dispotica, in cui non nascono più bambini. Per rendere al meglio l’atmosfera lugubre di questa futuribile Terra, Chivo rinuncia quasi totalmente all’illuminazione artificiale e affina la sua tecnica in lunghi e intensi piani sequenza, che successivamente saranno della sua collaborazione con Alejandro González Iñárritu.
Chivo a questo punto rallenta i suoi ritmi lavorativi cinematografici, e dal 2006 al 2011 prende parte solo a Burn After Reading, altra pellicola ampiamente sottovalutata, ma che più che sulla bravura di Chivo punta sull’abilità in fase di sceneggiatura dei fratelli Coen e sulle interpretazioni degli attori. Arriviamo così al 2011, quando Lubezki si ricongiunge a Terrence Malick per The Tree of Life, uno dei più grandi capolavori degli ultimi anni. Chivo si esalta fotografando quasi esclusivamente con la luce naturale, che sfrutta per stupende panoramiche sulla natura e sui volti dei personaggi, creando dei veri e propri quadri in movimento ed elevando il lavoro del direttore della fotografia a un livello che pochissimi possono raggiungere. Nonostante questo straordinario lavoro, Chivo viene letteralmente derubato dell’Oscar per la fotografia (che sarebbe stato il primo) dall’Academy, che gli conferisce solamente una nomination, consegnando la statuetta al pur ottimo Hugo Cabret. La collaborazione fra Lubezki e Malick continuerà comunque nel successivo To the Wonder (2012) e in Knight of Cups (2015), a breve nei cinema italiani.
Arriviamo alla storia recente, e più precisamente a Gravity (2013), che porta all’amico Alfonso Cuarón una pioggia di statuette (fra cui quella per la migliore regia) e a Lubezki il primo meritatissimo Oscar per la migliore fotografia. Chivo si esalta in un film che più che sulla trama punta fortissimo sulle immagini, trasportandoci quasi fisicamente nello Spazio, che diventa il teatro della personale odissea della protagonista. Emmanuel Lubezki a questo punto non si ferma più, e conferma la sua posizione di assoluto dominio nel campo della fotografia con la collaborazione con l’altro messicano Alejandro González Iñárritu, che si avvale della classe e della bravura di Chivo per i suoi Birdman e Revenant – Redivivo.
Pellicole diverse per atmosfere e temi trattati, ma accomunate da un utilizzo intenso del piano sequenza, che in Birdman è addirittura portato all’estremo, in quanto l’intera pellicola è costruita in modo da dare la sensazione di assistere a una sola lunga ripresa. In Revenant – Redivivo la tecnica del piano sequenza è meno insistita, ma porta a diverse sequenza da antologia, fra cui è impossibile non citare la battaglia iniziale. In questo suo ultimo memorabile film, Chivo riesce però a coniugare tutto il meglio della sua tecnica, fotografando solo con l’ausilio di luce naturale (scelta che ha portato la produzione alla necessità di girare solo a poche e determinate ore del giorno) e catturando l’essenza di una natura ostile e selvaggia, che costituisce la dannazione ma anche l’unica speranza di salvezza da parte del protagonista Hugo Glass, interpretato da un sontuoso (e meritatamente premiato con l’Oscar) Leonardo DiCaprio. È la consacrazione definitiva per uno dei più grandi direttori della fotografia di tutti i tempi. Chivo è però ancora relativamente giovane (52 anni), quindi siamo certi che ci delizierà con la sua incommensurabile arte e con i suoi virtuosismi ancora per tanti anni a venire.