Mamma, ho perso l’aereo: recensione
Tra i film natalizi più divertenti di sempre, qualcuno ricorderà sicuramente Mamma, ho perso l’aereo, di Chris Columbus. Uscito nelle sale cinematografiche nel 1990, il film ha ottenuto un enorme successo, raggiungendo un incasso al box-office mondiale di più di 500.000.000 di dollari. A Chicago, i coniugi Peter e Kate McCallister sono in partenza per una vacanza natalizia insieme alla loro famiglia. Nel caos generato dalla fretta di partire, il piccolo Kevin resta a casa ma, nonostante l’assenza dei propri parenti, non si perde d’animo e comincia a spassarsela in diversi modi.
Il nostro giovane protagonista però, se la dovrà vedere con Harry e Marv, due malvagi scassinatori che intendono svaligiare la casa dei McCallister. Per fronteggiare il pericolo, Kevin piazza una lunga serie di trappole che riescono a fermare i due malviventi, facendoli finire in carcere.
Il film presenta l’impostazione classica della commedia, con elementi derivanti da cartoni animati famosi del calibro di Tom & Jerry o Wile E. Coyote e Beep Beep e ad evidenziare ulteriormente la comicità del film, vi è la copertina, profondamente ispirata al famoso Urlo di Munch. Il successo ottenuto da Mamma, ho perso l’aereo ha dato il via inoltre ad un franchise che, nel 1992, diede vita ad un sequel intitolato Mamma, ho perso l’aereo – mi sono smarrito a New York e non solo; uscirono anche dei videogames, giochi da tavolo e alcuni libri, sempre ispirati alla pellicola. Nonostante la prevalente parte comica, il film presenta anche una denuncia verso quelle famiglie che, per eccessive inattenzioni o altro, trascurano i propri figli, creando poi un senso di distacco doloroso nella psiche del bambino che potrebbe segnarlo per il resto della vita e avere delle ripercussioni nel futuro. Per evidenziare con maggior efficacia questo elemento, la sceneggiatura venne scritta apposta per Macaulay Culkin, ispirandosi notevolmente agli episodi della sua difficile situazione famigliare.