Natale in casa Cupiello – il DVD: recensione
Songh’e nove della mattina del 23 Dicembre, mentre all’esterno si gela, perché fa freddo fuori, Luca Cupiello emerge dalle coperte con le migliori intenzioni di preparare il presepio, tra l’indifferenza della moglie Concetta e i dinieghi del figlio Nennillo, cui il presepe proprio non piace.
Qui vengono tutte montagne, con la neve sopra, le casette piccole… Le case piccole per la lontananza… Qui viene il cacciatore, ‘a lavandaia e questa è la capanna dove nasce Gesù bambino… Hai capito? Deve nascere il Bambino lì. Te piace, eh?
Ma la risposta è categorica: No.
E si capisce, quello è ancora abbozzato, poi, quando è finito si può dare il giudizio. È giusto, non si può dire adesso (…) Qui viene una cascata d’acqua, qui tutti i pastori che abbeverano, il pescatore… e l’acqua che scende dalla montagna veramente. L’acqua vera faccio scendere.
Nennillo: Si, si… l’acqua vera…
Luca: Si mette l’enteroclisma dietro, si apre la chiavetta e l’acqua scende… L’acqua vera… È capito? Te piace eh?
E Nennillo: No.
Il presepe che è una cosa religiosa!.
Na cosa religiosa con l’enteroclisma da dietro?.
Ma se quello non è finito ancora, come puoi dire non mi piace?.
E pure quando è finito, non mi piace! Ch’aggia fa? Non mi piace, nun me piace e basta!
Inizia così la commedia più amata di Eduardo De Filippo. La storia di Luca, un uomo ingenuo che fabbrica il suo presepe ogni anno rendendolo più ricco e più vario, nel tentativo di ricostruire anche il sentimento di una famiglia che non lo stima. Per la moglie è un inetto, il figlio non riconosce la sua autorità e per la figlia è come se non esistesse. La realtà è una delusione e la semplice retorica del sentimento religioso agisce come un sogno possibile nella mente di Luca che spera così di ricomporre intorno al simbolo del Natale gli affetti che si disgregano. La rappresentazione della nascita di Gesù è ispirata alla speranza, alla vita che cambia in meglio, una tradizione più viva che mai tra i napoletani che la vestono di immaginazione e colori più di chiunque altro.
Disse Eduardo in una intervista: Conobbi quella famiglia, non si chiamava Cupiello ma la conobbi. Povere creature napoletane che per un bisogno istintivo di liberazione vivevano urtandosi, ferendosi a sangue, giungendo fino all’odio ma si adoravano, esse stesse non sapevano quanto si adoravano.
Nel primo atto unico del 1931 e nella seconda versione, in due atti, del Teatro umoristico dei De Filippo, Natale in casa Cupiello porta in scena lo schema di una classica famiglia napoletana alla vigilia della festa: il padre è un uomo umile, attaccassimo alla tradizione del presepe che ormai non interessa più a nessuno, è ignaro dei fatti di casa, da cui è tenuto all’oscuro; perno della famiglia e scudo protettivo di tutti è la madre Concetta; il figlio Nennillo è disoccupato, pigro e un po’ mariuolo; la figlia Ninuccia aveva fatto un buon matrimonio con Nicolino ma ora vuole separarsi; il fratello di Luca, Pasqualino, è vittima dei piccoli furti di Nennillo e ne compie a sua volta per vendicarsi. La famiglia si riunisce per un cenone che si trasforma in evento tragicomico per la presenza di Vittorio, amante di Ninuccia.
Probabilmente nel 1941, dieci anni dopo la ‘prima’, Eduardo aggiunse il terzo atto. Tutto il terzo atto è il tentativo di comunicazione di Luca di far dire al figlio che il presepe gli piace. Nella versione del 1977, una delle tre contenute nel prezioso DVD della 01 Distribution (le altre sono l’edizione televisiva in b/n del 1962 e una radiofonica del 1959), Eduardo riscrive la parte di Luca e ne parla così:
Luca Cupiello muore e deve morire, anche se suscita pietà. Egli è vittima perché si è prestato ad un giuoco di illusioni infantili, il presepe che costruisce è una specie di droga che paralizza la fantasia e lo distoglie dalla realtà del vivere quotidiano. Ecco il tanto atteso si del figlio e può morire felice perché arriva l’affetto che gli era mancato fino a quel momento, soprattutto il riconoscimento del suo mondo di fantasia.
Si legge nel testo: Ottenuto il sospirato sì, Luca disperde lo sguardo lontano come per inseguire una visione incantevole: un presepe grande come il mondo, sul quale scorge un brulichio festoso di uomini veri, ma piccoli piccoli, che si danno un da fare incredibile per giungere in fretta alla capanna, dove un vero asinello e una vera mucca, piccoli anch’essi come gli uomini, stanno riscaldando con i loro fiati un Gesù Bambino grande grande che palpita e piange, come piangerebbe un qualunque neonato piccolo piccolo…
Luca (perduto dietro quella visione): Ma che bello Presepio!
Migliaia, milioni di spettatori hanno imparato a collegare l’idea del Natale ai sentimenti e alle speranze di Luca Cupiello, al concentrato di sogni e desideri racchiuso nel presepe dedicato alla famiglia affettuosa che tanto intensamente vorrebbe avere. I suoi gesti misurati e l’infinita pazienza con cui tenta di renderlo vivo, il teatro anatomico della sua faccia tanto vera da far ridere e piangere della caparbia volontà di Luca di ricostruire il “suo” quadro familiare, tanto forte da non recedere mai dalla promessa miracolosa del Natale che si è presentato con tutti sentimenti.
Un tentativo che non invecchia, non decade e, anzi, non ha tempo e non ha età come tutto il teatro di Eduardo. L’arte incomparabile del Maestro, le sue mosse, la voce, le pause, il volto scavato ci raggiungono intimamente, ci avvincono ed incantano a distanza di anni, tanto da non riuscire a staccare gli occhi da lui anche se agisce solo sullo schermo mentre fa teatro.
Come dice lo stesso Eduardo: Lo sforzo disperato che l’uomo fa di dare un senso alla propria vita, questo è teatro.