Lo Chiamavano Jeeg Robot: un omaggio alla musica pop italiana
Supereroi a Roma? Nessuno avrebbe avuto il coraggio di pensarci, forse neanche la minima forza per crederci e invece l’esordiente regista Gabriele Mainetti ha avuto il coraggio di portare sul grande schermo Lo chiamavano Jeeg Robot, lasciando assaporare al pubblico il sapore agrodolce di una storia che abbraccia l’universo cinematografico hollywoodiano rimanendo fermamente ancorata alla realtà italiana, anche e soprattutto nella musica, che elogia con una certa enfasi i classici pop nostrani, ridandogli una vita nuova, attuale e tremendamente vera.
Essendo integrato nell’ambiente capitolino il protagonista, interpretato da Claudio Santamaria, non poteva che essere un ladruncolo di periferia che vive in una casa disastrata, guarda film porno e ruba principalmente per tirare a campare. La sua evoluzione in Jeeg Robot è casuale, come per molti supereroi del mondo Marvel e DC, ma nessun ragno o mondo misterioso interagisce con Enzo Ceccotti (Santamaria), se non delle sostanze radioattive seppellite sotto il fluire lento e atavico del Tevere. Essendo un italiano, tra i piani del neonato Jeeg non è per niente ponderata la possibilità di mettere i suoi poteri a disposizione della comunità, l’egoismo regna sovrano, così come l’inconsapevolezza. A fare da intermediario tra lui e i suoi poteri la bella quanto squilibrata Alessia (Ilenia Pastorelli), convinta che Enzo sia in realtà Hiroshi Shiba, il protagonista dell’anime Jeeg robot d’acciaio.
Lo Chiamavano Jeeg Robot: un omaggio alla musica pop italiana in 4 brani cult
A condividere la scena col nostro supereroe un mirabolante Luca Marinelli, che veste impeccabilmente i panni di un boss malavitoso, perennemente irato e spiccatamente istrionico: lo Zingaro. In rapporto alle sue caratteristiche la musica italiana acquista un taglio nuovo, vivendo sotto la pelle di un essere spregevole dal punto di vista umano ma artisticamente interessante.
Così quando la macchina da presa parte dal basso inquadrando il pavimento luminoso, a spadroneggiare al microfono troviamo un Marinelli con gli occhi cerchiati di nero, i capelli vaporosi e tirati all’indietro, la giacca di paillette e gli stivaletti camperos, sfacciatamente convinto di essere un divo e di esibirsi al grande pubblico, tra cui spicca la boss Nunzia.
Lo Zingaro si destreggia con abilità e rimodula a modo suo la canzone di Anna Oxa Un’emozione da poco, che si classificò seconda al Festival di Sanremo del 1978.
Altro momento iconico della pellicola è l’interpretazione di uno dei pezzi più belli di Loredana Bertè, Non sono una signora. Le parole recitate da questa artista senza tempo, cantate dalla sua voce sporca di vita, di difficoltà e di mancata omologazione vengono riprese dallo Zingaro in un momento di pura follia, scandendo bene le parole, sottolineando la voglia di cambiare, di emergere, di sfoderare la libertà, come se fosse negata da qualcuno o qualcosa, anche se in questo caso è solo limitata da una concezione di potere sbagliata, inevitabilmente intrecciata con la corruzione.
Dopo questo momento il ‘cattivo’ si è reso conto che, se i suoi uomini eseguono come soldatini i suoi ordini e lo temono, là fuori c’è qualcuno che non si piega alle sue leggi, c’è qualcuno che ha dei poteri speciali e forse ha già capito che può usarli per fare del bene. Ma il momento in cui si sente spiazzato è quello in cui Enzo Ceccotti gli sfila da sotto il naso il bottino che pensavano già di accaparrarsi. Appostati tra i fili d’erba a ridosso della strada, lo Zingaro e i suoi aspettano l’arrivo di un furgone portavalori e assistono stupiti al volo di di Enzo e al conseguente furto, mentre sullo sfondo Gianna Nannini ci allieta con Latin Lover.
Ed eccoci giunti al verdetto finale: il personaggio interpretato da Luca Marinelli vuole assolutamente avere dalla sua parte Enzo Ceccotti; vuole sapere dove ha preso i poteri. E così, dopo una serie di vicissitudini, il corpo ustionato dello Zingaro acquista i poteri desiderati. Il suo ingresso in scena è ovviamente teatrale. Abbigliato con una giacca luccicante, le bruciature coperte da una parrucca e gli occhi cerchiati di nero, la prima cosa che fa è vendicarsi dei napoletani che lo hanno preso in giro, in un’impeccabile scena filmata col cellulare, in cui uccide i presenti con l’intento di dare spettacolo, il tutto sotto le note della canzone di Nada, Ti stringerò. E non è un caso se con un solo abbraccio uccide Nunzia.
A completare il corredo musicale la sigla de Lo chiamavano Jeeg Robot, cantata da Claudio Santamaria. L’interpretazione della sigla dell’anime italiano, come forse sapete, è di Roberto Fogu, conosciuto anche con lo pseudonimo di Fogus.
In conclusione, il film distribuito da Lucky Red porta alla ribalta un genere ignoto al cinema italiano e lo fa anche attraverso la musica degli anni ’80, tramite le voci delle donne che hanno segnato il panorama artistico di questo Paese, mutando – in un modo o nell’altro – anche la concezione stessa di arte sonora.
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