Criminal: recensione del thriller con Kevin Costner
Un uomo che fissa il mare sconfinato, fuggevole, infinito… e scruta oltre la linea dell’orizzonte il confine ultimo dei suoi ricordi più intimi e veri. In questa singola immagine può racchiudersi il significato più profondo di Criminal. Il nuovo action-thriller firmato da Ariel Vromen traspone negli anfratti più remoti della mente le beghe controverse di una missione segreta che trova il suo apice nell’agente CIA Bill Pope (Ryan Reynolds), rimasto tragicamente ucciso durante l’inseguimento de “l’Olandese” (Michael Pitt), un geniale hacker in grado di collegarsi all’intero armamentario delle forze armate statunitensi. Una volta morto Pope, però, tutte le informazioni sull’hacker sono andare perse e ai servizi segreti, guidati da un implacabile quanto gelido Quaker Wells (Gary Oldman) non resta che affidarsi alle sperimentazioni del Dottor Franks (Tommy Lee Jones), in grado di impiantare il DNA di Pope nelle sinapsi del cervello di un altro uomo.
Criminal: siamo ciò che ricordiamo di essere
Il candidato ideale è il condannato a morte Jerico (Kevin Costner): un uomo che ha passato metà della sua esistenza in prigione; estraneo a qualsivoglia sentimento, impunibile perché inconsapevole dei suoi errori. I traumi infantili e irreversibili al cervello fanno della sua testa una tavolozza bianca sulla quale riversare contenuti, senza comunque evitare che essi vengano modellati, assorbiti e mutati dallo strato di materia complessa e inalienabile che è l’uomo. Un Kevin Costner con i capelli lunghi e la barba incolta si presenta al pubblico legato e rozzo come non mai per poi iniziare gradualmente e inconsapevolmente un’evoluzione confusionaria, in cui i ricordi emozionali di Bill iniziano a prendere piede dentro di lui. Ma cosa succede quando sentimenti forti come l’amore, il legame profondo con la moglie Jill (Gal Gadot) e la figlia, la conoscenza delle lingue, la gentilezza e il senso del sacrificio si innescano tra le condutture di un essere che ha sempre ignorato i buoni propositi?
Il risultato è uno sconvolgimento senza precedenti, che porterà Jerico a vagare per Londra, introducendosi nella vita della famiglia di Bill e salvandola dalla minaccia dell’anarchico spagnolo Heimdahl (Jordi Molla), intento a controllare l’arsenale nucleare degli Stati Uniti. La regia serrata, fatta di flashback, esplosioni, attimi d’ira, inseguimenti e corse contro il tempo collima alla perfezione con l’idea di mettere in scena due battaglie attuali e temibili: da una parte il cyberterrorismo e dall’altra il controllo della mente.
Se nel primo caso si tratta di uno scenario purtroppo noto, che certo amplifica la paura lasciandola dilagare oltre i confini del comando umano, nel secondo caso entrano in gioco diversi fattori, in bilico tra l”eticamente corretto’, la scoperta di nuovi orizzonti psicologici e la rivoluzione scientifica che, pur sembrando lontana, si avvicina inesorabilmente al futuro prossimo.
Non a caso, nella stesura della sceneggiatura Doug Cook e David Weisberg hanno tratto ispirazione dalla ricerca di Ray Kurweil su quello che è lo Sviluppo dell’umanità 2.0, ovvero la mappatura delle nostre menti e il trasferimento dei ricordi da un individuo defunto a uno ancora in vita. Tutta l’antologia del mutismo e dell’irreversibilità delle nozioni accumulate durante l’esistenza viene stravolga e trafugata da un atto di pura ricerca scientifica. Jerico è allora un individuo la cui mostruosità viene esplorata dall’interno, così come dall’interno avviene la trasformazione indotta da killer ad agente segreto. Il corpo di Costner funge da tramite della mutazione tramite un rilassamento di espressioni e un cambiamento di look che, se proprio non lo fanno apparire uguale a Reynolds (ovviamnete!), creano una profonda linea di demarcazione tra il prima e il dopo l’intervento.
Ciò che scuote più in Criminal non è il male crudo, dettagliato e onnipresente; non sono le musiche – un delicatissimo filo d’argento leggero come le ali di una farfalla su un bisonte inferocito – ma l’idea che qualcuno possa entrare nei ricordi, infrangendo tutti i segreti, i rancori, il vissuto che alla fine crea le persone, rendendole differenti e tracotanti di interrogativi. L’insondabile possibilità che si crea quando ci si fissa negli occhi o si ricorda qualcuno, domandandosi ‘Cosa avrà pensato?’ in questo film viene deturpata, infranta, sterilizzata. Una magia che si perde nella vita reale, ma che trasposta dietro lo schermo sa accattivare, entusiasmare e intrattenere. Criminal, avvalendosi di un cast stellare e impeccabile, è una pellicola che sa rischiare di essere differente rispetto agli altri thriller o sci-fi che hanno affrontato tematiche analoghe; forse peccando di superficialità – addentarci di più in determinati meccanismi non ci sarebbe dispiaciuto – ma donando un piacevole mix di azione, scienza e inaspettata comicità.
Intervista a Kevin Costner e al regista di Criminal, Ariel Vromen