Le Confessioni: intervista a Roberto Andò, Toni Servillo e Pierfrancesco Favino
Arriva al cinema il 21 aprile, distribuito da 01 Distribution, Le Confessioni (QUI la nostra recensione in anteprima), il nuovo ermetico film di Roberto Andò sui torbidi retroscena del potere politico. Il cast è stato a Roma in occasione della presentazione stampa del film, sentiamo cosa hanno raccontato Roberto Andò, Toni Servillo e Pierfrancesco Favino a proposito del loro nuovo lavoro.
Le Confessioni: il nuovo film di Roberto Andò raccontato dal cast
Roberto Andò, quando è nata per la prima volta l’idea di questo film? Raccontare il potere dell’economia è una sfida non indifferente, dati i suoi meccanismi sfuggevoli e complicati.
È stato un lungo percorso quello che mi ha portato a realizzare Le Confessioni. Posso dire che il progetto ha cominciato a prendere forma circa due anni e mezzo fa. Mi sembrava naturale proseguire sulla base di cose che mi inquietano, mi assillano. Al giorno d’oggi tutto ruota intorno all’economia e l’economia mondiale stessa si trova in un momento delicato perché ha perso quella sicurezza che aveva in passato, è stata messa in discussione. I personaggi del film raccontano questo disorientamento, anche se, ovviamente, siamo partiti da un’idea prettamente narrativa in cui queste persone disorientate (i ministri, n.d.r.), incapaci di prendere sulle proprie spalle il peso delle decisioni che assumono, si trovano al cospetto di una figura completamente spiazzante come quella del monaco.Tale meccanismo porta una sospensione all’interno dello spettatore stesso, una condizione che accomuna tutti i grandi interrogativi, tanto più che lo scenario narrato dal film ci è molto vicino.
C’è un legame con Le Confessioni di S. Agostino?
In realtà non molto, a parte ovviamente il titolo. Quel testo è straordinario ed importantissimo per la cultura occidentale perché è stato il primo a raccontare in termini concreti e realistici l’interiorità. In questo film, invece, le confessioni rappresentano altro, sono la modalità spiazzante che questo monaco trova per far emergere ciò che dalle parole pubbliche dei ministri non viene fuori, viene nascosto. S. Agostino rappresenta una specie di retroterra, viene evocato dalla saggezza di alcune affermazioni del monaco sul significato della confessione e del tempo, ad esempio, ma nulla di più.
Pierfrancesco Favino, si è ispirato a qualche ministro dell’economia italiano per interpretare il suo personaggio? Come lo ha costruito?
Non c’è stata un’immagine di riferimento specifica ma, in generale, mi sono ispirato a questo tipo di persone quando fanno questi summit, rivolgendosi ad una platea che in qualche modo già sa che cosa avranno da dire. Si assiste ad un distacco fra il corpo e la voce, come se la voce non raccontasse nulla di empatico. Ho cercato di calarmi nei loro panni. Il mio personaggio ha un’occasione di redimersi perché in lui sorge il dubbio. La figura di Salus lo richiama in qualche modo a tirare fuori l’anima.
Toni Servillo, come ha lavorato per costruire il suo personaggio?
Ho girato questo film dopo Viva la Libertà, quindi dopo una pausa di tre anni durante i quali mi sono dedicato al teatro. Nell’altro film di Andò si era tentato di creare un ponte fra la realtà e l’immaginazione, ne Le Confessioni si è andato ancora più in profondità, offrendo ad un attore la possibilità di interpretare un personaggio singolare. Salus è un uomo di fede che ha un credo ma che si mostra nel corso del film soprattutto come una persona credibile. E Dio sa quanto ne abbiamo bisogno di persone credibili. Lui oppone ad un mondo di dichiarazioni ufficiali, nel quale si trova improvvisamente coinvolto, una dignitosa renitenza. Salus non dirà mai ciò che non pensa. Quando si viene chiamati a vestire i panni di un eroe positivo, per un attore credo sia eccitante l’occasione di mettere il pubblico in una posizione un po’ più scomoda rispetto a quella proiettata da un eroe negativo, perché in quest’ultimo caso il pubblico è chiamato comodamente a prenderne le distanze. L’eroe positivo, invece, mette in discussione lo spettatore che, spinto ad identificarvisi, è obbligato ad interrogarsi sull propria integrità, sul modo in cui lui realmente si comporterebbe al suo posto. Sono questi i pensieri che mi hanno orientato nella costruzione del personaggio.
Roberto Andò, lei ha dichiarato che, oltre al cinema e alla letteratura, le interessa molto anche la televisione. Ha in cantiere qualche progetto per il piccolo schermo?
Io sono un frequentatore assiduo della televisione. In realtà mi hanno proposto di scrivere una serie per la Rai e la sto sviluppando con Angelo Pasquini e Angelo Barbagallo. Sarà un serie sulla politica e spero molto che si concretizzi perché è un’occasione che mi piace molto. La televisione è un luogo nel quale si possono sviluppare nel tempo dei paesaggi possibili come quelli di cui si parla in questo film.