Truman – Un vero amico è per sempre: recensione
Dopo aver convinto il pubblico di tutto il mondo, le giurie di Festival come quello di San Sebastián e aver ottenuto importanti riconoscimenti anche al Premio Goya (5 premi totali fra cui quelli per miglior film, migliore regia e migliore attore protagonista), approda finalmente in Italia Truman – Un vero amico è per sempre, il nuovo lungometraggio dello spagnolo Cesc Gay. A impreziosire il film sono due dei migliori attori di lingua spagnola sulla piazza, ovvero l’argentino Ricardo Darín (già visto in Storie pazzesche e Il segreto dei suoi occhi) e Javier Cámara, che i cinefili più attenti ricorderanno per le sue performance in Gli amanti passeggeri e La vita è facile ad occhi chiusi.
Truman – Un vero amico è per sempre: una grande storia di incrollabile amicizia e accettazione di un’imminente e inevitabile morte
Julián (Ricardo Darín) è un attore argentino trapiantato ormai da anni a Madrid, dove vive solo con il suo cane Truman, di razza bullmastiff. Julian è malato di cancro, e ha ricevuto la notizia più temuta da un uomo nelle sue condizioni, ovvero che la sua malattia non è guaribile e che gli rimane solo poco tempo per vivere e per congedarsi dai propri cari. A fargli un’inaspettata visita è il suo vecchio amico Tomás (Javier Cámara), che torna dal Canada appositamente per passare qualche giorno con lui. Queste giornate saranno per i due l’occasione per rinvigorire la loro amicizia arrugginita ma incancellabile, e per Julián un’opportunità per mettere ordine nei propri affari, rinsaldare i rapporti con suo figlio Nico (Oriol Pla) e sua cugina Paula (Dolores Fonzi) e trovare per il fedele amico Truman una sistemazione adatta a sopportare l’imminente perdita del padrone.
Nonostante un tema forte come quello della preparazione alla morte e la presenza nella storia di un cane, che avrebbero potuto facilmente portare Truman – Un vero amico è per sempre sulla strada della retorica e della ricerca della lacrima facile, Cesc Gay (anche cosceneggiatore del film) riesce a realizzare una pellicola leggera e misurata, che non cede mai al sentimentalismo fine a se stesso e riesce a spaziare con incisività e profondità anche su altri temi, come l’amicizia, la paternità e l’eutanasia. Ci troviamo a sorridere e a commuoverci per il duro ma comprensibile approccio alla morte di Julián, che decide di rifiutare la prosecuzione delle cure e non esclude di poter terminare anticipatamente da solo la propria esistenza se essa dovesse diventare poco dignitosa, e per la sua toccante amicizia con Tomás, che resiste al tempo, alla lontananza e alle differenti vedute sulla vita e sulla malattia. Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza un solidissimo lavoro in fase di sceneggiatura, che procede per sottrazione, affidando la descrizione dello stato d’animo e di parti importanti dell’esistenza dei protagonisti a dialoghi precisi e minimalisti, esaltati da abili inquadrature e dalle doti recitative degli attori, come nelle splendide sequenze in cui Julián incontra suo figlio o un suo vecchio amico al ristorante. Ricardo Darín e Javier Cámara duellano in bravura per tutta la durata della pellicola, dipingendo con gli sguardi, con i gesti e con le piccole variazioni della voce e delle espressioni un’amicizia vera e fortificata dal tempo e dalle difficoltà, fatta non solo di parole, risate sguaiate e complicità, ma anche di frasi non dette, dissidi, diverbi infantili e ferite mai del tutto rimarginate. Julian pensa, parla, si arrabbia, si commuove e prova anche a fare le sue ultime recite (memorabile a tal proposito l’interpretazione di Ricardo Darín nel camerino dell’ultimo spettacolo del protagonista), fa in sintesi il meglio che gli riesce nell’affrontare una situazione inaffrontabile come la sua imminente morte. A fare da filo conduttore di questi suoi ultimi momenti, con la guida dell’amico di sempre Tomás, è la voglia di dare una degna conclusione al rapporto con il figlio Nico e ricevere l’approvazione della disperata cugina Paula, ma soprattutto il desiderio di assicurare un futuro felice al fedele cane Truman. Proprio quest’ultimo personaggio rappresenta l’aspetto più riuscito del film e una dichiarazione di intenti del regista. Cesc Gay non cede infatti mai alla tentazione di cercare l’emozione facile dello spettatore con inquadrature ad hoc o dialoghi struggenti, ma usa la simpatica bestiola (purtroppo morta poco dopo la fine delle riprese) come simbolo del lascito al mondo del protagonista e come un tentativo da parte di quest’ultimo di compiere finalmente un’azione giusta e altruista alla fine di una vita fatta di errori e rimpianti. Il regista spagnolo riesce così nell’intento di restituirci un ritratto della fine della vita vero e coerente, fatto sì di lacrime e paura, ma anche di progressiva accettazione dell’inevitabile, lasciando parlare i silenzi e sfruttando abilmente anche le musiche di Nico Cota e Toti Soler e la fotografia di Andreu Rebés per tratteggiare lo stato d’animo dei protagonisti. Sorrisi e amarezza si fondono e si abbracciano sottovoce, rappresentati idealmente da un coito che diventa al tempo stesso espressione della passione e un modo per accettare la terribile realtà e farsi forza a vicenda.
Truman – Un vero amico è per sempre ci racconta con grande equilibrio e delicatezza l’avvicinamento alla morte e gli ultimi quattro giorni di una grande amicizia, evitando di dare eccessiva enfasi alla tragedia e mettendoci di fronte alla vita nella sua forma più pura, con tutta la sua incoerenza e le sue insensatezze. Cesc Gay vince così la sua scommessa realizzando uno dei film più riusciti e sorprendenti dell’anno. Una pellicola fresca, originale e adatta a ogni palato, che si trova al cinema dal 21 aprile, distribuita da Satine Film.