Wilde Salomè: recensione
Dopo essere stato presentato alla Mostra di Venezia del 2011 (vincendo il premio Queer Lion), arriva finalmente nelle sale italiane Wilde Salomè, pellicola scritta, diretta e interpretata da Al Pacino e basata su una delle più celebri opere di Oscar Wilde. Più che un vero e proprio film, il leggendario attore di Hollywood ha allestito una libera sperimentazione sospesa fra cinema e teatro e fra backstage e documentario sulla sua ossessione per Salomè e sulle difficoltà da lui sostenute per portare avanti questo coraggioso progetto. Nel cast spiccano le presenze di Roxanne Hart, Estelle Parsons e soprattutto della splendida Jessica Chastain, a cui Al Pacino ha affidato il ruolo della protagonista della storia nonostante l’attrice fosse poco più che una debuttante all’epoca della realizzazione del film, venendo ripagato da una performance intensa e magnetica.
Wilde Salomè: Al Pacino alle prese con un’originale fusione fra cinema, teatro e documentario
La controversa storia attorno alla quale ruota questo esperimento cinematografico difficilmente catalogabile è quella della principessa Salomè (Jessica Chastain), figlia di Erodiade (Roxanne Hart) e figliastra di Erode (Al Pacino). La ragazza incontra il prigioniero Iokanaan (Kevin Anderson), cioè Giovanni Battista, e si innamora perdutamente di lui, venendo però rifiutata. Sul posto sopraggiunge anche Erode, che trasportato dal suo irrefrenabile desiderio nei confronti della figliastra le chiede di eseguire per lui la sensuale danza dei sette veli, con la promessa di esaudire ogni suo desiderio. Salomè accetta la proposta, ma dopo aver rispettato la sua parte di accordo sconvolge il patrigno con una richiesta inaspettata: la testa di Giovanni Battista in un bacile d’argento.
Al Pacino dirige una pellicola complessa e stratificata, incoerente e debordante, in cui lo spettatore percepisce in ogni istante la sconfinata passione dell’attore e regista per Salomè e in generale per tutta l’opera di Oscar Wilde. Non a caso sui titoli di testa leggiamo “Questa è una storia su un’ossessione”. Con Wilde Salomè l’attore opera con successo su più piani narrativi, che si toccano e si intrecciano in maniera non sempre coerente, ma creando comunque un grande impatto emotivo. Il livello principale è quello della discussa opera di Wilde: una storia di vendetta, lascivia e bramosia che fa riflettere sulla forza e sulla pericolosità di un’ossessione, e su quanto essa sia in grado di scavare nell’animo umano e portarlo alle azioni più avide e crudeli. In questo frangente, assistiamo a un vero e proprio duello di bravura fra lo stesso Al Pacino e l’impressionante Jessica Chastain, che tiene testa al più celebrato collega con una prova ipnotica e sensuale, mettendo anima e corpo al servizio del proprio personaggio e dipingendo abilmente il passaggio nell’arco di poche ore di Salomè da ragazza inibita e riservata a donna provocante e vendicativa carnefice. Una prova di incredibile sostanza e carisma per una delle migliori attrici della sua generazione, impreziosita dall’indimenticabile esecuzione della danza dei sette veli, in cui la Chastain abbina il suo carisma e la sua espressività a una carica erotica davvero destabilizzante. Al Pacino e Jessica Chastain instaurano inoltre un sottile gioco di attrazione e seduzione fra i loro personaggi, reso ancora più languido dai loro loquaci scambiai sguardi e dalla parentela acquisita fra Erode e Salomè. L’aspetto puramente narrativo di Wilde Salomè è maggiormente apprezzabile nel montaggio del film uscito nel 2013, che elimina quasi totalmente la parte documentaristica. Questo livello narrativo è invece presente nella versione disponibile in sala, e ci mostra un Al Pacino decisamente inedito che viaggia per il mondo fra Deserto del Mojave e Regno Unito per conoscere e dibattere sull’opera di Oscar Wilde con artisti del calibro di Gore Vidal, Tom Stoppard, Tony Kushner e Bono Vox, che insieme agli altri membri degli U2 ha fatto dono all’attore del brano Salomè inserito nel film. Davvero apprezzabile e interessante è inoltre il dietro le quinte della rappresentazione teatrale dell’opera, in cui lo spettatore viene messo di fronte a tutte le difficoltà da affrontare per realizzare un progetto del genere e alla caparbietà e al professionismo delle persone coinvolte in questo progetto. Vedere attori e troupe del film alle prese con prove, esperimenti e dibattiti sul lavoro da svolgere dona ancora più umanità a un’opera non adatta a tutti i tipi di pubblico, ma che offre uno sguardo originale e approfondito sul celebre dramma di Oscar Wilde e sul mondo del teatro.
Al Pacino dimostra una volta di più la sua incredibile poliedricità e la sua costante ricerca di sperimentazione, mettendo in scena una fusione fra cinema, teatro e vita reale che solo una leggenda vivente della settima arte poteva concepire. Anche davanti a qualche calo di ritmo o a parti documentaristiche più deboli della altre è difficile rimanere indifferenti davanti a un esperimento così coraggioso e che denota un tale amore per l’arte e per il proprio lavoro, che culmina con la commovente interpretazione di un passo dello straziante De profundis da parte di uno dei più grandi attori della storia. Wilde Salomè è al cinema dal 12 maggio, distribuito da Distribuzione Indipendente e con un inedito montaggio curato dallo stesso Al Pacino.