Da Vertigo a Mulholland Drive: 5 indimenticabili e deliranti scene oniriche
“Io lavoro con i miei sogni o incubi” – ha dichiarato David Cronenberg. Più di una volta il linguaggio del cinema è stato associato al mondo misterioso e oscuro dei sogni. Nella storia del cinema che più ci appartiene, è Fellini che per primo torna alla mente quando pensiamo a creatori capaci di trasformare in immagini le visioni interiori e i propri segreti inconsci. Quest’ultimi, una volta raggiunta la pellicola, hanno finito spesso per trasformarsi in simboli la cui natura enigmatica ha sedotto e reso arduo lo sforzo interpretativo degli spettatori di ogni tempo. Un’analisi un po’ più attenta della materia cinematografica può, tra l’altro, svelare qualcosa in più: fatta di sogni, ossessioni o incubi può essere sia la materia prima di cui si serve un regista per ispirarsi e costruire altri mondi sia l’immagine stessa. Illusione, apparenza, e simulacro, l’immagine inconsistente del cinema reca sempre traccia di un qualcosa concretamente assente al momento, ma percepito come presente e perciò reale, come l’emozione che proviamo di fronte alle scene che più hanno solleticato le corde sensibili dei nostri animi. Oggi abbiamo pensato di proporvi un viaggio attraverso 5 scene oniriche (anche se sarebbe da nominarne un’infinità) in cui una pausa della narrazione ha concesso spazio alle immagini del sogno, a occhi aperti e non.
Il cinema e le immagini del sogno – 5 deliranti ed indimenticabili scene oniriche
Vertigo – La donna che visse due volte (1958)
Il film di Hitchcock è un perfetto esempio di pellicola girata rispondendo alle regole dello stile classico hollywoodiano. Tuttavia, in qualche sequenza il regista si concede la possibilità di sperimentare soluzioni diverse, come nella scena del sogno psichedelico di Scottie. Il protagonista, inizialmente, vede un mazzo di fiori la cui immagine da reale si trasforma in animata e poi osserva, sempre nel mentre dorme, se stesso al fianco di Carlotta, la donna che ha già visto ritratta in un quadro nella vita reale. Lo spettatore, insieme a Scottie, assiste a quello che Bolter e Grusin definisco un processo di rimediazione: la donna dipinta è ora donna nella realtà (o immagine del sogno) del film. La testa di Scottie che vola nello spazio, invece, rientra nel novero delle immagini che Hitchcock realizza per rappresentare visivamente la vertigine, motivo centrale della pellicola.
8 1/2 (1963)
Come non menzionare Marcello Mastroianni, protagonista di una delle scene oniriche più famose della storia del cinema? In 8 1/2 di Federico Fellini, il protagonista è Guido, un regista che non riesce a trovare l’ispirazione per realizzare il suo prossimo film, per cui il produttore ha già fatto allestire gigantesche impalcature, forse destinate ad una pellicola di fantascienza in cui una rampa di lancio scaglia nello spazio un qualche veicolo. Giudo è Fellini, in lui si riassumono i sogni del regista che, in quegli anni, vive ossessionato dal desiderio di un film a cui però non riesce a dar vita: parliamo di Il Viaggio di G. Mastorna. L’idea della pellicola mai realizzata, a quanto pare, è venuta a Fellini grazie al libro di fantascienza Assurdo Universo di Frederic Brown. Nelle prime pagine della sceneggiatura del Mastorna, inoltre, il protagonista del film-sogno di Fellini si chiama nientepopodimeno che Guido. Tante le coincidenze che inducono a credere le visioni oniriche di Guido, in 81/2, funzionali alla rappresentazione della situazione di frustrazione di Fellini, intento a rincorrere il sogno di un film che, purtroppo, non riuscirà mai a raggiungere.
Il grande Lebowski (1998)
Con Il grande Lebowski il f.lli Coen hanno dato vita a una delle icone cinematografiche più note: quella del fannullone ed estroso Jeffrey “Drugo” Lebowski. Viaggio onirico in una realtà distorta e allucinata caratterizzata da un rocambolesco susseguirsi di illogici eventi e assurde situazioni, Il Grande Lebowski sfoggia una visione quasi psichedelica e destabilizzante della vita, in cui non vi è ne logicità ne chiarezza, ma…[continua qui]. In più di una scena assistiamo a divagazioni oniriche frutto dell’immaginazione di Drugo. In una memorabile sequenza, inizialmente troviamo il protagonista disteso su un tappeto mentre ascolta una delle canzoni della spedita colonna sonora del film, e poi vediamo Drugo volare nei cieli notturni e, subito dopo, costretto a fuggire dal pericolo di finire schiacciato da un’enorme palla da bowling (è Drugo che in realtà si è rimpicciolito). In un’altra altrettanto memorabile e delirante scena del film, invece, il protagonista sogna Gutterballs, un film immaginario e numero musicale ispirato dalla passione di Drugo per il bowling, nel quale Maude Lebowski è una sexy principessa vichinga. Qui sotto la sequenza di cui parliamo:
American Beauty (1999)
American Beauty, oltre ad essere il titolo del film di Sam Mendes, è anche il nome di un tipo di rosa, elemento che col suo rosso intenso ricorre spesso nella pellicola a celare le nudità della bella Angela (Mena Suvari). Quest’ultima è un’amica della figlia del protagonista, Lester, interpretato da un grandissimo Kevin Spacey. Nel corso del film, più volte assistiamo a scene in cui Lester si lascia andare con l’immaginazione e sogna Angela, nuda o sensuale. Il protagonista, represso e succube della moglie, prova un forte desiderio erotico per la ragazza, tanto che in un sequenza onirica simbolo del film vediamo Spacey sdraiato sul letto insieme alla moglie, mentre sogna la bionda amica della figlia distesa e completamente nuda sul soffitto. Anche in questa scena petali di rosa rossi, evidentemente simbolo della passione, piovono sul viso si Lester e ricoprono per intero la parete sovrastante.
Mulholland Drive (2001)
La trama intricata e complessa del film di Lynch (leggi qui Lynch – il regista dell’inconscio) conduce lo spettatore in un labirinto interpretativo da cui può trovare via d’uscita solo chi rinuncia ad una visione passiva. Impossibili non citare una scena onirica (si o no?! il dubbio rimane sempre con un regista come Lynch) come quella d’apertura di Mulholland Drive, pellicola che, a dirla tutta, appare dall’inizio alla fine come un lunghissimo delirio onirico: prima assistiamo al sogno di Diane e poi a quello di Rita? O del sogno di Diane seguito da un ritorno alla realtà? Mistero!! Le inquadrature a cui facciamo riferimento mostrano coppie di ballerini danzare il Jitterbug. Difficile capirne il significato. Sicuro è che lo spettatore è ben presto immerso in una dimensione ambigua che, probabilmente, rappresenta la visualizzazione di un sogno: le immagini mentali della protagonista appaiono ancora prima di poterne vedere l’aspetto. Subito dopo, un respiro affannoso e un copriletto rosa sembrano confermare l’ipotesi che le sequenze appena viste siamo effettivamente immagini di un sogno.