Blue Jasmine: recensione del film di Woody Allen

Blue Jasmine è una pellicola del 2013 scritta e diretta da Woody Allen che vede come protagonista Cate Blanchett, nei panni di una donna involutiva e in declino esistenziale, Jasmine, moglie di un maestro della finanza, Harold Francis, interpretato da Alec Bladwin. Ad incunearsi nelle intemperie della coppia vediamo una presenza necessaria e quantomeno puntuale, la sorella di Jasmine, Ginger (Sally Hawkins), la quale accoglierà la sventurata nel suo appartamento di San Francisco. Blue Jasmine si presenta in un modo piuttosto fluido e intuitivo, si coglie immediatamente che la disfatta di Jasmine ha effetti devastanti sulla sua vita presente e coinvolge soprattutto il suo passato e il rapporto con i suoi ricordi. Jasmine, dopo aver subito i tradimenti e le truffe del marito ed in seguito alla sua incarcerazione e al conseguente suicidio, povera e indebitata si trasferisce dal suo olimpo d’oro nell’umile appartamento della sorella, che molto impunemente la accoglie senza grandi lodi o particolari compassioni nei suoi confronti.

Blue Jasmine

La narrazione e le movenze bistrattate e nevrotiche di Cate Blanchett sono compromesse, lucide e rassegnate. La sua vita rappresentata in veloci salti temporali è sorretta da una sceneggiatura molto scarna, quasi raggelante, non è succube delle sue parole, quelle stesse parole che in un certo senso terminano la pellicola e che la cominciano, parole che non possono essere trovate o ricordate. Blue Moon, canzone legata all’incontro col marito, sorregge parte dell’horror vacui della protagonista, unico affetto etereo e ricordo positivo ripetuto in modo regolare e incessante, che rimane in vetrina senza che possa essere svelata la vita che si celava dietro forse l’unico esempio di amore all’interno della pellicola. Sono proprio le parole al centro di tutto, non al solito relegate in discorsi in frantumazione o in accenni di linguaggio: qui Allen mostra che il suo incespicare non è un prodotto eterno ma funzionale, poiché nel caso specifico di Blue Jasmine mostra con eleganza che le parole e i discorsi sono di due tipi: assidui quindi presenti e di senso compiuto oppure silenti, mai presi in considerazione dalla cinepresa, nonostante le continue cadute e i traumi che la protagonista subisce con il declassamento economico.

Blue Jasmine

Blue Jasmine – Woody Allen è quasi irriconoscibile, focalizzato su dettagli scomodi quali l’egoismo e il classismo

Woody Allen è quasi irriconoscibile, non è artefatto, è focalizzato su dettagli scomodi quali l’egoismo e il classismo che fanno del suo operato un prodotto riconciliabile con il personaggio di Jasmine, il quale non ha bisogno di particolari sovrastrutture per potersi creare una dimensione credibile all’interno della pellicola. Il girato è molto statico, quasi serrato e focalizzato sull’andamento sinusoidale della protagonista: è un Allen differente, non ha nulla dei suoi film precedenti, è quasi compromesso dai suoi demoni, ciò che attanaglia Jasmine non viene ironizzato o stravolto dal suo carisma, i toni gergali e irrisori non strappano quasi mai un sorriso di riconciliazione, poiché in verità non vi è alcuna riconciliazione reale. Jasmine perde tutto, ma non sarebbe nemmeno giusto definirla una perdita. Tutto ciò che crede le sia appartenuto in realtà è un quadro che attendeva solo di essere smantellato, pronto e atto a comporre il lascito di una disappartenenza totale e perenne: lei non ha mai avuto una casa, delle amiche, una società di beneficenza, o peggio ancora non ha mai perpetuato un matrimonio, non ha mai amato suo marito, non ne ha mai colto l’essenza come non ha mai compreso le scelte del figlio, deciso a non volersi deludere e infrangere la lamina d’infamia gettata dalla sua famiglia, tra soprusi bancari e sotterfugi milionari. La regia potremmo definirla stanca o ovattata, ma Allen sa cosa fa, sa cosa è meglio analizzare, la sua particolarità sta nel commissionare un prodotto stanco si, ma che lo è nel paradigma, non determinato da una stanchezza di narrazione ma stanco di reagire. Jasmine non è una decisa o reattiva, vive nel riflesso di volontà delle persone vicine, non ha un carattere formato o marmoreo, sa cosa non vuole e l’ha sempre saputo, abbarbicata e smarrita nelle sue idolatrie borghesi, convinta che l’unica felicità stia in un attico al mare e nelle relazioni d’interesse, il suo classismo non viene stemperato nemmeno per un secondo; unica particolarità apprezzabile è proprio che non demorde, non ha alcuna consapevolezza di uno stato differente delle cose.

Blue Jasmine“i soldi non si contano,i soldi contano” 

Blue Jasmine

La scala sociale, per Jasmine, è fatta da valori morali paralleli ad un certo tipo di valore pecuniario, ma in realtà le due dimensioni non sono avvicinabili, non vanno in alcun modo di pari passo, e lei confonde troppo spesso dignità e ricchezza, non accetta e non accetterà mai che la sorella venga affiancata da burberi e falliti, da impiegati e umili servitori dello stato, come non accetterà di lavorare in uno studio dentistico per pagarsi gli studi mai conclusi, come non accetterà il declino della sua vita, arrivando a creare per se stessa una solitudine demolitrice, sottesa da una gravità esistenziale che non verrà appagata, che non avrà interazioni umane, nemmeno latenti. Cate Blanchett in Blue Jasmine si configura e ci regala una delle interpretazioni più complesse della sua carriera e si porta a casa un Oscar per la migliore interpretazione femminile, assolutamente meritato e di cui è molto difficile dimenticarsi.

Regia - 3
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3.5

3.7