Cannes 2016 – Mal di pietre: recensione del film con Marion Cotillard
Mal di pietre diretto da Nicole Garcia e tratto dall’omonimo romanzo di Milena Agus, racconta la storia di Gabrielle (Marion Cotillard), una donna inquieta e sensuale, appassionata di libri e desiderosa di vivere una vita all’insegna della passione, tanto da dichiarare a Dio di preferire esplicitamente la morte se questa possibilità dovesse esserle negata.
Ambientato negli anni ’50 in una piccola comunità agricola vicino a Lione, il film racconta il singolare destino di questa donna dal carattere difficile, spinta da una famiglia che non riesce più a gestirne le intemperanze a sposare José (Alex Brendemühl), un onesto lavoratore attratto dalla sua bellezza e non intimorito dalle sue problematiche mentali. Gabrielle, desiderosa di libertà quanto di passione, accetta la proposta per sfuggire alle cure psichiatriche, ma ponendo come condizione che il matrimonio sia una farsa; l’uomo asseconda il volere della donna, divenendole tuttavia gradualmente e spontaneamente devoto, in nome di un amore che nasce nonostante sia a senso unico.
L’occorrere dell’esacerbarsi di un problema fisico (i calcoli), porterà Gabrielle a trasferirsi temporaneamente presso una clinica termale, specializzata nella cura del “mal di pietre” che affligge la donna; qui incontrerà l’affascinante e misterioso André Sauvage (Louis Garrel), un reduce di guerra in fin di vita che, inaspettatamente, riaccenderà la fantasia e la passione di Gabrielle, portandola a sognare un futuro insieme.
Mal di pietre: il confine sottile fra passione e ossessione
Nicole Garcia si pone l’obiettivo di raccontare il sottile limite fra desiderio e fantasia, fra passione e ossessione. Ma nonostante Marion Cotillard abbia già dimostrato il suo grande talento anche in ruoli a cavallo fra amore e follia (pensiamo all’eccezionale Lady Macbeth portata a Cannes l’anno scorso), in Mal di pietre la scrittura del personaggio non sembra sostenere tale direzione, tenendo viva l’attenzione del pubblico nell’attesa dello svolgersi degli eventi, ma senza troppa curiosità o empatia verso i protagonisti.
Il film fatica ad elevarsi dalla sua confezione di melò, anche a causa di una regia sdolcinata ed enfatica, che poco lascia all’immaginazione e alle deduzioni degli spettatori che, guidati fino all’epilogo con dettagliate spiegazioni, sembrano non essere considerati capaci di far tornare i conti finali del film con il solo sostegno del proprio intuito.
Mal di Pietre rischia quindi di restare un prodotto apprezzabile solo per chi ha amato il libro mentre, per tutti gli altri, l’unica scena che probabilmente rimarrà impressa sarà quella che vede le “grazie” della protagonista esposte durante un bagno all’aperto.
Un film probabilmente sfuggito alla volontà della regista, risollevato da un finale che sposta l’attenzione da ciò che doveva essere il fulcro della narrazione (la complessità psicologica di Gabrielle e la sua grande passione per André) ad un altro sentimento, sicuramente più interessante: la devozione di un uomo (il marito) che, nel silenzio di un amore non corrisposto, trova il modo più nobile per salvare la donna che ama. Lasciarla vivere nell’unico modo che conosce, ovvero sognando.
Una chiave di lettura meglio suggerita dal titolo in inglese (From the Land of the Moon), capace di restituire in poche parole il fulcro della personalità indecifrabile (ed indecifrata) della protagonista.
Nel cast di Mal di Pietre anche Brigitte Roüan, Aloïse Sauvage e Victoire Du Bois; il film arriverà nelle sale cinematografiche italiane il 13 aprile 2017, distribuito da Good Films.