Festival di Cannes: locandine e pellicole che hanno fatto la storia
In questi giorni, a Cannes, si sta compiendo il 69° Festival International du Film, che potete seguire con noi a questo link. Il Festival di Cannes nacque per rispondere ad un’inerzia che stava ostracizzando la Mostra del Cinema di Venezia esattamente nel 1938. Siamo nel pieno regime fascista e l’Italia si macchiò ancora un volta di un disonore inesorabile: ovviamente l’incidenza delle pellicole di stampo nazi-destroide andavano per la maggiore, lo stesso Hitler che aveva capito fin da subito che macchina propagandistica potesse essere il cinematografo popolare, fece in modo di far vincere Olympia di Leni Riefenstahl, una pellicola che lanciava uno sguardo disseminatore e inglorioso sulle olimpiadi del ’36 di Berlino. La Francia, indignata e stanca, creò con il lasciapassare di Jean Zay, allora Ministro delle Belle Arti, e per mano di Philippe Erlanger, direttore dell’Association française d’action artistique, un proprio festival da contrapporre a quello italico. Il 1939 pose i natali all’evento epocale, che però venne arpionato da una guerra imminente, e quindi per necessità pre e post belliche, il festival venne rimandato al 1946. Il premio inizialmente consisteva nel Grand prix du Festival, che veniva consegnato a più film di nazioni differenti, e nel Prix du jury international che decretava il miglior film. Ma ben presto queste tipologie di premiazioni vennero rinvigorite con l’ormai celebre Palma d’Oro, istituita nel 1955, che divenne anche il simbolo ufficiale di una nazione in rinascita, un premio simbolico che incoraggiasse lo sviluppo di film d’arte in tutte le sue forme. Parallelamente a questo prestigioso trofeo, un altro è sempre stato il tratto distintivo del Festival di Cannes: le affiche. Già, le locandine ufficiali. Metafisiche, dionisiache, ermetiche, nostalgiche, bucoliche, austere. Hanno sempre creato e sublimato lo spirito di un festival dandogli la valenza che meritava. Ad esempio quest’anno il Palais des Festival ha lasciato riecheggiare un fotogramma del Disprezzo di Godard, un modo di ricordare lo splendore del cinema del passato e lasciare che perpetuasse e accompagnasse gli spettatori tra le visioni quotidiane. Ma facciamo un passo indietro. Qui di seguito abbiamo selezionato le locandine più memorabili e artificiose che siano state create, dal 1949 al 2015, con il desiderio e la speranza che questo festival non trovi mai il suo tramonto e che continui a creare e mantenere uno spirito di collaborazione tra tutti i paesi che producono film.
Festival di Cannes dal 1949 al 2015 – le locandine e i film che hanno fatto la storia
Nel 1949 ad innalzarsi nell’olimpo dei vincitori è Carol Reed con Il Terzo Uomo, vincitore del Grand Prix per il miglior film. Siamo al terzo festival di Cannes, ed è da ricordare anche L’amorosa menzogna, un documentario diretto da Michelangelo Antonioni e La tragedia di Harlem (Lost Boundaries), un film diretto da Alfred L. Werker che vinse il premio per la sceneggiatura.
Facciamo un bel salto temporale e traghettiamo nel ’63, appena un anno prima venne creata la Semaine internationale de la critique, fondata dal critico Georges Sadoul; questo fu un modo per proporre opere prime di giovani autori a cui piacesse la sperimentazione. Il ’63 è l’anno de Il buio oltre la siepe (To Kill a Mockingbird) diretto da Robert Mulligan, che vinse il Premio Gary Cooper. Ma è Il Gattopardo a brillare, capolavoro diretto da Luchino Visconti, tratto dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, vincitore della Palma d’oro come miglior film. Da ricordare inoltre Gli uccelli (The Birds) diretto da Alfred Hitchcock e 8½, imperituro tempio di Federico Fellini, entrambi presentati fuori concorso.
Prima di passare al 1976, ricordiamo che nel ’69 venne istituita una nuova sezione parallela, la Quinzaine des réalisateurs, che puntava alla rotondità d’espressione, alla tecnica, al genere, al formato, un modo per rispondere alla freddezza accademica durante il Maggio Francese. Ma tornando al ’76, la Palma d’oro viene consegnata a Taxi Driver, manifesto disarmante di Martin Scorsese, interpretato da Robert De Niro. Memento speciale va a L’inquilino del terzo piano (Le Locataire) diretto da Roman Polanski, Brutti, sporchi e cattivi diretto da Ettore Scola, vincitore del premio per la miglior regia, e Novecento diretto da Bernardo Bertolucci, presentato fuori concorso. Inoltre qualche anno più tardi, vennero create nuove sezioni fuori concorso: Le perspectives du cinéma français, Les yeux fertiles, L’air du temps, Le passé composé, Un certain regard, sezioni che davano spazio alle opere dei paese ospitati a Cannes e anche opere che non fossero in competizione, e il premio Caméra d’or per le opere di registi emergenti.
Siamo nel pieno degli anni ’80 e a primeggiare su tutti è Paris, Texas diretto da Wim Wenders, vincitore della Palma d’oro come miglior film. Indimenticabili sono Cal diretto da Pat O’Connor che vide Helen Mirren trionfare con il premio per la migliore interpretazione femminile, L’elemento del crimine diretto da Lars von Trier che vinse il Grand Prix tecnico e C’era una volta in America, archetipo della pluralità di linguaggio, diretto da Sergio Leone e presentato fuori concorso.
Gli anni ’90 sono stati anni di grandi contaminazioni, di grandi registi dalle tinte oscure, dai toni quasi macabri. Nel 1990 il vincitore della Palma d’oro come miglior film è Cuore selvaggio di David Lynch, basato sul romanzo omonimo di Barry Gifford. Unico film da ricordare con fierezza è La voce della Luna, l’ultimo prezioso dono di Federico Fellini all’umanità che venne presentato fuori concorso.
L’anno successivo da come si evince è un’esplosione di generi e di grammatiche filmiche. Il 1992 vede il film Con le migliori intenzioni, diretto da Bille August, vincere la Palma d’Oro, il cui soggetto è tratto dall’autobiografia del regista svedese Bergman. Questo è un anno molto fruttuoso per il cinema d’oltralpe, tant’è che il Grand Prix du Festival come miglior film va al Otello, omonimo dramma di William Shakespeare diretto da Orson Welles mentre la Caméra d’or per la miglior opera prima viene conferita a Mac, diretto e interpretato da John Turturro. Un pensiero speciale va a Fuoco cammina con me (Twin Peaks: Fire Walk with Me) diretto da David Lynch, prequel della serie I segreti di Twin Peaks, presentato in concorso al Festival di Cannes. Questo fu anche l’anno di un cult, Basic Instinct diretto da Paul Verhoeven, anch’esso presentato in concorso. In ultima istanza ricordiamo un altro capolavoro, la nostra Atlantide: al suo esordio con Le iene (Reservoir Dogs) c’è Quentin Tarantino, il cui film venne presentato al Sundance Film Festival e poi fuori concorso a Cannes.
Nel 1993 venne assegnata la Palma d’oro per il miglior film ex aequo a Addio mia concubina di Chen Kaige e Lezioni di piano di Jane Campion. Parentesi doverosa va sincerata a proposito di Un giorno di ordinaria follia diretto da Joel Schumacher e presentato in concorso al festival.
Il 1994 è l’anno di un mito senza tempo: la Palma d’oro per il miglior film fugge e cade a capofitto su Pulp Fiction di Quentin Tarantino. Vincitore del premio per la miglior regia è un orgoglio italiano, Caro diario diretto ed interpretato da Nanni Moretti, mentre a vincere il Premio Mercedes-Benz alla miglior pellicola della sezione è Clerks, un film di Kevin Smith, presentato nella Settimana Internazionale della Critica. Ricordo deciso va a Trois couleurs: Rouge di Krzysztof Kieślowski (Nomination Palma d’oro) e Senza pelle diretto da Alessandro D’Alatri, presentato nella Quinzaine des Réalisateurs.
Il 2007 è l’anno del Chacun son, un film a episodi concepito da Gilles Jacob per omaggiare il Festival e festeggiarlo nei suoi 60 anni ed anche dedicato alla memoria di Federico Fellini. Esso è formato da 33 cortometraggi di 3 minuti, dei più disparati registi in onore di Cannes e del cinema stesso. Quest’anno vede 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni vincitore della Palma d’oro come miglior film, film diretto da Cristian Mungiu. Memorabile è Persepolis vincitore del Premio della giuria, film è scritto e diretto da Marjane Satrapi. Indelebili sono Mio fratello è figlio unico, diretto da Daniele Luchetti della sezione Un Certain Regard, Non è un paese per vecchi che arrivò ad ottenere la Nomination per la Palma d’Oro ad Ethan Coen e Joel Coen, e Zodiac, diretto da David Fincher e presentato in concorso al festival.
L’anno successivo l’Italia vede riconsolidarsi il proprio sodalizio con il prestigio filmico, prestigio internazionale portato in alto da Matteo Garrone e Paolo Sorrentino che presentano in concorso Gomorra, a cui va il Gran Premio della Giuria, il Premio Arcobaleno Latino e la Nomination alla Palma d’oro, e Il Divo che svetta con il premio della giuria. Ma il vincitore della Palma d’oro come miglior film è La classe – Entre les murs diretto da Laurent Cantet, al quale si susseguono Il matrimonio di Lorna, scritto e diretto da Jean-Pierre e Luc Dardenne, premiato per la miglior sceneggiatura, Changeling, diretto da Clint Eastwood, che ha vinto un Premio specifico del 61º Festival e l’immortale Che – L’argentino e Che – Guerriglia, diretti da Steven Soderbergh, grazie ai quali Benicio del Toro vinse il premio per la miglior interpretazione maschile.
Il 2011 è l’anno di grandi nomi e capolavori indicibili. Primo di tutti The Tree of Life, diretto da Terrence Malick, presentato in concorso e vincitore della Palma d’oro per il miglior film. Decisamente apprezzabile è The Artist, un film muto scritto e diretto da Michel Hazanavicius, in cui Dujardin vinse il premio per la miglior interpretazione maschile. Ora è la volta di un de-umanista, grazie al quale Kirsten Dunst ricevette il premio per la miglior interpretazione femminile: Lars von Trier dirige Melancholia. A Drive va il Premio alla migliore regia per mano di Nicolas Winding Refn. Da citare obbligatoriamente sono La pelle che abito, diretto da Pedro Almodóvar, Habemus Papam di Nanni Moretti, This Must Be the Place scritto e diretto da Paolo Sorrentino e Midnight in Paris, film di Woody Allen che ebbe l’onore di introdurre il festival di Cannes. Palma d’oro onoraria venne conferita in modo assolutamente primario e singolare al regista Bernardo Bertolucci.
Il regno d’inverno – Winter Sleep, diretto da Nuri Bilge Ceylan, è il film che si aggiudicò la Palma d’oro per il miglior film nel 2014. Un’annata davvero unica poiché al concorso parteciparono pellicole di cui sui parla ancora oggi, pellicole come Mommy, scritto e diretto da Xavier Dolan dove ha vinto il Premio della giuria, oppure Pride diretto da Matthew Warchus, presentato nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, al quale è stato conferito la Queer Palm. Indiscussi gioielli inenarrabili del 2014 sono Timbuktu, diretto dal regista Abderrahmane Sissako, che ha vinto il Premio della Giuria Ecumenica e il François Chalais Prize, Storie pazzesche (Relatos salvajes), diretto da Damián Szifrón, che ebbe solo una Nomination alla Palma d’oro, Maps to the Stars, diretto da David Cronenberg, che ha vinto il Prix d’interprétation féminine per il genio di Julianne Moore e infine Due giorni, una notte (Deux jours, une nuit) scritto e diretto da Jean-Pierre e Luc Dardenne, con protagonista Marion Cotillard.
Ultima annata da rimembrare è proprio l’anno che ci siamo lasciati alle spalle: il 2015 vede la gloria di Dheepan – Una nuova vita diretto da Jacques Audiard e vincitore della Palma d’oro. Garrone torna a sorprendere con una pellicola dissonante dalle sue trame quale Il racconto dei racconti, che ha avuto la candidatura per la Palma d’oro. Rooney Mara porta a casa la migliore interpretazione femminile con Carol che vede Todd Haynes, il regista, vincere il premio Queer Palm. Premio ex aequo per l’interpretazione femminile va a Emmanuelle Bercot con Mon Roi, diretto da Maïwenn. I registi italiani non mancano: è il turno di Nanni Moretti con Mia Madre e Sorrentino con Youth – La giovinezza. Ma di una spanna sopra gli altri c’è un film d’animazione, Inside Out, creato per mano della Pixar e distribuito dalla Walt Disney Pictures; è stato presentato al Festival di Cannes fuori concorso ma ingiustamente non premiato. Caso simile accade a Love, scritto, diretto e montato da Gaspar Noé, che ebbe solo la Candidatura per la Queer Palm. Da ricordare egregiamente Il figlio di Saul, diretto da László Nemes, che ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria e infine El abrazo de la serpiente, diretto da Ciro Guerra, appartenente alla sezione Quinzaine des Réalisateurs e vincitore del premio Art Cinéma.