Lontano dal Paradiso: recensione del film di Todd Haynes
Todd Haynes, con un lavoro registico intelligente e concettuale, porta sullo schermo Lontano dal Paradiso (Far From Heaven) con una splendida Julianne Moore e il bravo Dennis Quaid, forse troppo sottovalutato nell’odierno panorama cinematografico internazionale. Come tutti i film di Haynes, anche in questo caso vengono trattate più tematiche in contemporanea, creando un mosaico di sentimenti, situazioni e contrapposizioni interessanti, mai ridondanti e perfettamente calibrate sulle grandi capacità attoriali dei protagonisti scelti. Il grande collante di tutte le vicende è il periodo degli anni Cinquanta, il color pastello, la perfezione delle abitazioni messe a lucido, profumate e ordinate, la cura della preparazione del pranzo e della cena, i sorrisi al vicinato, le labbra colorate di rosso, i capelli sempre ordinati e figli educati. Se dovessimo guardare il film in modo frettoloso e superficiale, sembrerebbe di essere all’interno di un’opera di Douglas Sirk, in un classico melodramma americano degli anni Cinquanta. Il regista prende come modelli film quali Lo specchio della vita, ma solo come punto di inizio. La sua regia va oltre, creando prima piccole pieghe, poi grandi squarci in quella che si definisce la società perfetta. Quando si chiude la porta di casa, i sorrisi forzati per i vicini non ci sono più, i pranzi preparati con amore diventano il mezzo con cui le mogli scoprono i tradimenti dei mariti e non solo.
Uno dei temi affrontati da Haynes, infatti, è l’omosessualità: Cathy Whitaker (Julianne Moore) scopre la tendenza sessuale del marito in occasione di un’ingenua visita in ufficio , in cui lo scopre in atteggiamenti intimi con un uomo. Sconvolta, cerca di ricucire la propria rispettabilità e far in modo che il vicinato non nutra dei dubbi sulla perfezione della famiglia Whitaker. La soluzione di Cathy è quella di portare Frank (Dennis Quaid) da uno psicoterapeuta, per sconfiggere questa brutta malattia di cui il marito è affetto. Frank accetta, ma quando i suoi impulsi non cambiano, durante una lite con la moglie, in un momento d’ira, la colpisce al volto. Questo è il punto di svolta: Cathy lo caccia di casa e, fragile e intimidita da una vita che non è quella che lei aveva immaginato, si confida con il suo giardiniere Raymond (Dennis Haysbert). Tra i due nasce una complicità mai provata prima, soprattutto per Cathy, abituata fin da giovane a seguire schemi rigidi e prestabiliti.
Lontano dal Paradiso: Todd Haynes smantella tutti i canoni della ‘famiglia perfetta’ anni Cinquanta
Proprio in questa parte di storia si inseriscono altre due tematiche importanti: la differenza di classe sociale e il razzismo. Infatti il giardiniere di Cathy è un uomo di colore e questo comporterà gravi azioni irrispettose da parte del vicinato: dopo la magnifica scena del ballo nel locale per soli neri, la notizia della frequentazione tra Cathy e Raymond diventa di dominio pubblico, Frank perde il lavoro e la figlia del giardiniere viene aggredita. La società perfetta si smantella scena dopo scena, facendo emergere l’avidità di perbenismo e l’importanza del proprio riflesso nell’approvazione degli altri. I protagonisti vivono rinchiusi in una società soffocante, dove solo la determinazione della donna rappresenta (forse) la via d’uscita. Viene spontaneo il confronto con Carol, ultimo film diretto da Todd Haynes, con cui Lontano dal Paradiso potrebbe gareggiare per la bellezza della colonna sonora, una fotografia impeccabile in cui spiccano in entrambi i casi il color pastello e i colori autunnali (oltre alle due candidature all’Oscar), e la bravura degli attori. In particolare la prova recitativa di Julianne Moore, con toni di voce contenuti, sorrisi prossimi al pianto e un contrasto di emozioni perfettamente tangibile, si può definire una delle più belle interpretazioni dell’attrice, premiata anche in Italia con una meritatissima Coppa Volpi a Venezia.