Revolutionary Road: recensione del film di Sam Mendes
Revolutionary Road è un lungometraggio del 2008 diretto da Sam Mendes e tratto dall’omonimo romanzo del 1961 di Richard Yates. Protagonisti del film, Leonardo Di Caprio e Kate Winslet che, con Kathy Bates, tornano a recitare insieme a distanza di 11 anni dall’enorme successo di Titanic. Ma se nel celebre colossal li abbiamo visti protagonisti di un amore impossibile, ostacolato prima dalla famiglia e poi dal destino, in Revolutionary Road ad impedire il lieto fine sono le ambizioni ed, in particolare, il volerle vivere all’interno di una società ipocrita e bigotta, quella della New York degli anni cinquanta.
Il film racconta le vicende di Frank ed April, una coppia di ceto medio, la cui alchimia si fonda su un segreto condiviso, basato sulla tacita consapevolezza di essere migliori e di poter ottenere di più dalla vita rispetto ai propri compaesani, chiusi in vite indesiderate ed indesiderabili ma non abbastanza coraggiosi da cercare un cambiamento.
Lei aspirante attrice, lui prima umile manovale e poi uomo in carriera a New York sulle orme del padre, quando April resta incinta i due ragazzi decidono di mettere radici in un sobborgo del Connecticut, scegliendo come dimora una splendida casetta di Revolutionary Road, la strada più bella e lussuosa del paese, una sorta di compromesso dei loro sogni, costretti dalle sopraggiunte esigenze pratiche ed economiche a rientrare nel cassetto.
Frank ed April sono una coppia perfetta agli occhi dei vicini, una sorta di ispirazione per le loro umili esistenze, ignare del fuoco che brucia sotto l’apparente serenità dei Wheeler. April, infatti, non ha mai rinunciato del tutto alla propria realizzazione e un giorno, dopo una furibonda lite col marito scatenata dall’insuccesso di una piece teatrale messa in scena con la compagnia del paese, gli propone di riprendere in mano le loro esistenze e partire per Parigi, per dare vita ad un nuovo inizio e ritrovare se stessi, tornando ad amarsi come un tempo.
Ma la vita spesso mette i bastoni fra le ruote e una nuova gravidanza, sopraggiunta in contemporanea con un’ importante promozione di Frank, rimetterà in discussione gli ambiziosi piani della coppia, destinandola ad un tragico fallimento.
Revolutionary Road: Sam Mendes racconta il peso dei sogni infranti
Revolutionary Road è un film sul peso dei desideri irrealizzati e su quanto la maggior parte delle persone si accontenti di vivere una vita che non ama per paura e convenzione sociale.
April sarebbe stata pronta a “mantenere” Frank a Parigi, lavorando come segretaria e lasciando a lui il tempo e lo spazio per scoprire la propria vocazione, una decisione che turba profondamente gli amici, colleghi e conoscenti della coppia, obbligati ad un indesiderato e disturbante bilancio delle proprie mediocri esistenze, in cui la routine ha preso il sopravvento sul progetto di una vita vissuta pienamente e senza rimpianti.
L’unica persona che sembra comprendere l’urgenza della coppia è John (uno straordinario Michael Shannon), il figlio con problemi psichiatrici dell’ amica/agente immobiliare Helen (Kathy Bates), a riprova che – in una tale società – per essere felici e uscire dagli schemi, bisogna essere pazzi.
Il risultato sarà una lenta ed inesorabile parabola discendente, in cui la profonda frustrazione finirà per assumere la forma prima del vuoto esistenziale e poi dell’irreversibile disperazione, conseguenza di una vita ormai proiettata verso un futuro idealizzato e luminoso, sfuggito ad un passo dal compiersi.
In Revolutionary Road, Sam Mendes ci parla ancora una volta, dopo l’eccezionale American Beauty, del divario fra esteriorità ed interiorità , fra apparenze sfavillanti e animi dilaniati da un travaglio interiore che non può avere voce e libero sfogo, intrappolato in una società non pronta ad accoglierlo o perlomeno accettarlo.
April vorrebbe solo essere libera di esprimere se stessa e le proprie aspirazioni, ma il rigido ruolo di moglie e madre le impedisce di farlo passare come legittimo agli occhi giudicanti degli altri, trincerati in una perfezione che non è altro che resa e invidia per chi può e ha il coraggio di provare ad ottenere il massimo dalla propria esistenza.
Frank, dal canto suo, è ugualmente insoddisfatto della propria vita lavorativa e sociale ma non abbastanza da mettere a rischio la sua posizione di uomo, affidandosi alle mani di una donna e delle sue fantasie. Assecondare April, infatti, corrisponderebbe ad infrangere le regole, mettendo tacitamente in discussione la propria virile capacità di provvedere alla famiglia. Ma, come April ribadisce, “nessuno dimentica la verità, si diventa solo più bravi a mentire” e, prima o poi, i conti con se stessi divengono irrevocabili e definitivi.
Revolutionary Road è un’opera intensa e profonda in cui a parlare, oltre ad una sceneggiatura ricca di spunti di riflessione e coronata dalla sublime recitazione degli interpreti, è una regia sottilmente didascalica (in pieno stile Mendes), in grado di completare il non detto e di sottolineare come spesso, il silenzio, sia l’unica via di fuga da una vita che riempie i vuoti con l’estetica della parola, invece di preferire l’etica del pensiero.
Un’esplicita critica alla società del tempo ma contemporaneamente attuale, in un mondo che in molte circostanze stenta ancora a vedere nella donna un’identità che si discosti troppo da quella di angelo del focolare, sempre pronta a sacrificare i propri desideri ed inclinazioni per il bene della famiglia che ha creato.