Il Nome del Figlio, la parola al cast: conferenza stampa
Arriva oggi nelle sale cinematografiche Il Nome del Figlio (recensione, clip), il nuovo film di Francesca Archibugi tratto dalla divertentissima piéce teatrale francese Le Prénom. Tanta l’attesa ma tante anche le polemiche preventive per questa pellicola, visto il recente e riuscitissimo adattamento della piéce per il cinema da parte dei suoi stessi realizzatori: Alexandre De La Patellière e Matthieu Delaporte. La Archibugi ed il cosceneggiatore Francesco Piccolo dal canto loro, hanno perfettamente motivato la scelta di questo remake con il desiderio di rendere italiano ogni protagonista della commedia, al fine di creare l’occasione per parlare dei nostri vizi e virtù attraverso uno sguardo tenero e clemente, anche se sottilmente critico.
Il testo originario si è quindi arricchito con sfaccettature inedite dei protagonisti e scelte registiche tese a sottolineare l’aura di malinconia del quale la pellicola è volutamente intrisa, un lavoro meticoloso e accurato che ha reso lo spunto di partenza solo il trampolino di lancio per raccontare una storia necessariamente diversa, perché cucita sull’identità degli abitanti del Bel Paese.
In occasione della conferenza stampa tenutasi a Roma lo scorso 16 gennaio, alla presenza dell’intero cast, Cinematographe ha assisitito alla presentazione del film da parte dei protagonisti stessi, che hanno rivelato retroscena e curiosità di questo progetto trasmettendo una grande sintonia e non risparmiando momenti di puro divertimento per gli addetti ai lavori presenti.
Moderatore insolito della mattinata, il produttore del film Paolo Virzì che, da grande amico della regista (la quale ha riservato a lui e alla moglie Micaela Ramazzotti uno splendido omaggio alla fine del film), ha voluto condurre l’intervista portandola con naturalezza verso la rivelazione dei dettagli più intimi celati dietro la realizzazione di questa pellicola, che ha visto la Archibugi tonare al lavoro dopo sette anni di silenzio. A questo proposito la regista si è dichiarata profondamente grata nei confronti di Virzì, che ha avuto il merito di riuscire a convincerla a rimettersi al lavoro (mi ha fatto alzare dal divano in cui mi ero insaccata), ribadendo il grandissimo valore dell’amicizia, tema del quale (guarda caso) il film è permeato.
Fondamentale anche la generosità ed il talento degli attori, quattro registi di se stessi (escludendo la “piccola” del gruppo, la Rammazzotti), ha affermato la Archibugi, capaci di intonarsi l’uno all’altro come i membri esperti di un equipaggio in burrasca, tutti ai posti di comando.
La parola è quindi passata ai protagonisti stessi che a turno si sono espressi in merito al loro personaggio: per Alessandro Gassman, Paolo rappresenta una fetta molto ampia degli italiani. Uno dei mali primari di questo Paese, quelli che non sanno chi sono, persone che a lui, personalmente, fanno paura. All’ insinuazione riguardo ad un’affinità con la recitazione del padre (il compianto Vittorio) Alessandro ha sdrammatizzato affermando Chi, quello là? Forse perché è aumentata la mia lordosi e questo aiuta ad esprimere meglio i dolori interni.
Luigi Lo Cascio (Piero) vede nel suo personaggio un uomo alienato e frustrato, al quale spera di non assomigliare; un uomo che si nasconde nel mondo fittizio dei social network per non ammettere la propria sconfitta e che ha finalmente l’occasione di scoprire qualcosa di sé proprio grazie agli amici.
È giunto poi il turno di Rocco Papaleo che, dopo le battute d’obbligo sul buonismo della situazione (in cui tutti si sono dichiarati grati per l’opportunità ), ha sottolineato come il lavoro e la precisione siano fondamentali per ottenere buoni risultati, affermando di essersi miracolosamente piaciuto in questo film, nel quale incarna un personaggio ambiguo (effettivamente ho gusti discutibili anche nella vita).
Micaela Ramazzotti (Simona), dopo aver dichiarato il suo amore e gelosia nei confronti della regista, che li ha trattati come una madre, ha parlato del suo personaggio, una donna “a più strati” che cela, dietro l’apparente superficialità, una grande sensibilità d’animo.
Valeria Golino (Betta), infine, ha posto l’accento sulla sua voglia di far ridere, cosa che le è capitata molto di rado nel corso della sua carriera e che le ha fatto accettare questo copione senza se e senza ma. Ha poi descritto Betta come una donna docile e remissiva, che cerca sempre di adattarsi agli altri per creare armonia, a costo di non essere compiuta e realizzata.
La conversazione si è poi spostata sul rapporto fra la Archibugi e Virzì ed il loro desiderio di restituire un’identità al cinema italiano: a tal proposito la regista ha sottolineato come, purtroppo, siamo noi stessi italiani a snobbare le pellicole di casa nostra, che sono invece molto apprezzate all’estero. Da qui l’iniziativa di un film che aiutasse a piantare la bandiera in sala, a costo di rinunciare alle proprie vanità narcisistiche autoriali. Il film racconta così, senza mai giudicare, due modi di pensare che l’Italia si trascina da decenni, racchiusi dentro il calderone aleatorio di pensiero di destra e di sinistra; ognuno ha le sue buone ragioni ed io mai nella vita ho parlato per bocca di un personaggio. Lo trovo molto disdicevole.
Il Nome del Figlio esce oggi nelle sale italiane in 280 copie, distribuito da Lucky Red: riuscirà questa pellicola brillante e spassosa a portare in sala un po’ di “esterofili cinematografici”? Noi ce lo auguriamo!