The Village: recensione del film di M. Night Shyamalan
The Village è un film di M. Night Shyamalan del 2004, sesto lavoro del regista indiano salito alla ribalta con l’ottimo Il sesto senso. La pellicola ha letteralmente spaccato in due l’opinione di critica e pubblico, portando però a casa il ragguardevole incasso di circa 256 milioni di dollari in tutto il mondo, grazie anche alla presenza nel cast di star di Hollywood come Bryce Dallas Howard, Joaquin Phoenix, Adrien Brody, William Hurt, Sigourney Weaver, Brendan Gleeson e Michael Pitt. The Village ha inoltre ottenuto una nomination all’Oscar per la colonna sonora di James Newton Howard.
The Village: una favola nera di M. Night Shyamalan sulla paura e sull’isolamento
Ci troviamo a Convigton, un villaggio della Pennsylvania della fine del XIX secolo i cui abitanti conducono un’esistenza rurale e modesta isolati dal resto del mondo. La popolazione del villaggio si deve attenere a una regola tanto semplice quanto estremamente limitante: per non violare un accordo stipulato dagli anziani di Convigton con delle creature mostruose e pericolose che vivono nei boschi circostanti, è tassativamente proibito varcare i confini del paese; gli abitanti evitano inoltre di non utilizzare nessun oggetto di colore rosso, tinta che sembra attirare queste temibili entità. L’armonia e l’equilibrio del paese vengono rotti nel momento in cui Lucius (Joaquin Phoenix), turbolento ragazzo che sente la necessità di uscire dal villaggio, dichiara il proprio amore alla bella e non vedente Ivy (Bryce Dallas Howard). Questo genera la gelosia di Noah (Adrien Brody), un giovane del posto con gravi problemi psichici e a cui è concesso di uscire dal villaggio senza conseguenze, che in un impeto di collera ferisce gravemente Lucius. È quindi la dolce Ivy a chiedere agli anziani di Convigton il permesso di abbandonare il villaggio per cercare le medicine in grado di salvare il suo amato.
The Village non è un film di paura, ma sulla paura
Siamo in un villaggio della Pennsylvania del XIX secolo, ma un’allegoria tanto semplice quanto efficace ci fa capire che in realtà ci troviamo in una qualsiasi località degli Stati Uniti del post 11 settembre, arroccati e chiusi in loro stessi per la paura che un nuovo demone arrivi a turbare la loro quiete e il loro modo di vivere. La paura è la parola chiave di questo film, e in un certo senso la responsabile del frazionato riscontro di pubblico che esso ha avuto, perché The Village non è un film di paura, ma sulla paura. Chi si aspettava una pellicola concepita per fare continuamente sobbalzare lo spettatore con scene violente e spaventosi e improvvisi suoni sarà probabilmente rimasto deluso nel trovarsi invece davanti a un raffinato thriller psicologico, che punta tutto sulle atmosfere, sulla suspense e sul ritratto di una società apparentemente lontana dalla nostra, ma in realtà affetta dagli stessi problemi e dalle stesse contraddizioni.
La prima parte della pellicola serve per immergerci negli usi e i costumi di uno strano paese abitato da pittoreschi individui, che ci riporta alla mente la Summerisle del capolavoro di Robin Hardy The Wicker Man.
Un villaggio che lascia morire uno dei propri figli per non infrangere un’ottusa e assurda promessa. Un villaggio schiavo di credenze e superstizioni, in cui anche un fiore, se del temuto colore rosso, può essere una vergogna da occultare. Un villaggio che teme profondamente ciò che si trova al suo esterno, ma che invece cova i suoi problemi più gravi al suo interno. A rompere gli schemi e l’ordine prestabilito sono tre personaggi che per un motivo o per l’altro non vogliono o non possono accettare la realtà così come gli viene imposta dai decani del paese. Un ribelle che per insofferenza e per amore si ritrova impossibilitato a muoversi, lo scemo del villaggio incapace di intendere e di volere e una ragazza cieca, forse per questo capace di cogliere le cose nella loro vera essenza, diventano il motore di una vicenda che porta alla luce una terribile verità sul paesino di Convigton.
Come già accaduto nelle precedenti opere di M. Night Shyamalan, The Village fa perno su una clamorosa e inaspettata svolta nella seconda parte del film, capace di rovesciare completamente la prospettiva dell’intera storia, di cui non parleremo per non togliere il gusto della visione a coloro i quali non avessero ancora visto la pellicola. Questo colpo di scena si inserisce senza alcuna forzatura all’interno di una trama solida e ben congegnata, ma non è l’unico pregio di quella che finora è la migliore opera dell’ancora giovane regista indiano.
The Village gode infatti anche dell’ottimo lavoro del grande Roger Deakins (collaboratore fisso dei fratelli Coen), autore di una fotografia satura e quasi opprimente, basata sul contrasto fra colori come il rosso acceso (simbolo di un potenziale pericolo) e il giallo, tinta usata per esprimere inoffensività e che non a caso avvolge la protagonista Bryce Dallas Howard nel suo pericoloso viaggio verso l’esterno del villaggio.
Proprio quest’ultima, figlia del grande regista Ron Howard, rappresenta una delle scommesse vinte dalla pellicola. La sua eterea bellezza e la sua innocenza ben si oppongono ai sinistri atteggiamenti degli adulti del villaggio, abilmente interpretati da grandi attori come Sigourney Weaver e William Hurt, e portano la giovane attrice a non sfigurare e a reggere il confronto con interpreti molto più esperti e quotati di lei, fra cui merita sicuramente una menzione anche un Adrien Brody mai così inquietante. A completare l’opera sono la sapiente mano di M. Night Shyamalan, capace di tenere costantemente alta la tensione e di creare almeno un paio di sequenze realmente terrorizzanti, e la pregevole colonna sonora del compositore James Newton Howard, che si integra perfettamente con il tono misterioso della pellicola, andando ad accompagnare e vivacizzare i molti momenti privi di dialoghi.
The Village è un film che non finisce con l’inizio dei titoli di coda, ma che accompagna lo spettatore anche nelle ore e nei giorni successivi, insinuandosi nella sua mente e scatenando la voglia di una seconda o di una terza visione, utili per cogliere appieno la solidità della sceneggiatura e per realizzare come la storia di questo bizzarro villaggio rimanga godibile anche essendo già a conoscenza del suo magistrale colpo di scena. The Village non è però solo tensione e sgomento, ma anche e soprattutto la rappresentazione cupa e amara di una società che nei momenti di difficoltà tende sempre più a isolarsi e ad alzare muri e barriere per proteggersi dalle minacce esterne. Una riflessione che in tempi di allarmi per terrorismo e immigrazione, di muri alzati e di unioni sempre più instabili si rivela più attuale che mai, innalzando il vero valore di un film eccellente e ampiamente sottovalutato.