Prova a prendermi: recensione del film con Leonardo DiCaprio
Guardare Prova a prendermi, frenetico e meravigliosamente scenico film diretto da Steven Spielberg nel 2002 è come parafrasare una delle opere più illuminanti di Luigi Pirandello:
Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data
Il sedicenne Frank Abagnale, infatti, interpretato da un superbo Leonardo DiCaprio, riesce con un’abilità disarmante ad indossare più maschere, fingendosi pilota, giornalista, primario di una clinica pediatrica… Ma facciamo un passo indietro. Cosa porta un giovanotto a farsi tentare dalla menzogna al punto da applicarla con dovizia di particolari?
Siamo in una cittadina vicino New York, all’inizio degli anni ’60 e il nucleo famigliare in cui vive il protagonista è piuttosto classico: una casa decorosa, qualche agio e, piccolo granello di sabbia che si incastra in una vita apparentemente perfetta: qualche problema finanziario che porta l’allegro nucleo a vacillare, costringendolo a cambiare casa, scuola e quartiere.
Due topolini caddero in un secchio pieno di panna; il primo topolino si arrese subito e annegò, il secondo topolino non voleva mollare si sforzò a tal punto che alla fine trasformò quella panna in burro, e riuscì a saltar fuori; signori da questo momento io sono quel secondo topolino.
(L’insegnamento di Frank William Abagnale Senior in Prova a prendermi)
A una madre – Paula, interpretata da Nathalie Baye – premurosa, suscettibile e dall’aria sconfitta si contrappone un padre – Frank alias Christopher Walken, in questo ruolo ancora più incantevolmente bravo – che non si arrende alle sconfitte; uno di quegli uomini che sanno sempre cosa fare, che sanno vivere di agi quando il periodo lo permette e quando i loro investimenti crollano sanno passarci sopra con nonchalance, come a voler sottolineare che i soldi sì, sono importanti, ma nella vita ci sono cose che meritano di più.
Ma le mogli dei ricchi, in molti casi, escono di scena insieme ai portafogli gonfi di dollari, magari per accaparrasi il Jack di turno, presidente del Rotary Club di New Rochelle e amico del marito.
In un contesto simile qualsiasi giovane messo al corrente della separazione tra i genitori vorrebbe darsela a gambe e Frank Jr. non fa eccezione. Armato di un conto in banca sul quale sono stati versati 25 dollari e di un blocchetto degli assegni alberga fuori finché può ma, quando gli assegni finiscono, non gli resta che darsi alla truffa!
Prova a prendermi, sceneggiato da Jeff Nathanson e tratto dalla biografia del vero Frank Abagnale, inizia con i toni sagaci della commedia e le trovate da marachella ben strutturata, come lo spacciarsi supplente della nuova scuola e arrivare al punto di assegnare compiti e organizzare la gita scolastica. I toni si fanno decisamente più incalzanti nel momento in cui la macchina da presa inquadra il protagonista nei panni di un giovane pilota della Pan Am.
In queste vesti Frank trova il modo di viaggiare in tutto il mondo e incamerare lo stipendio falsificando assegni e mutando nome e data di nascita: Frank Taylor nato non nel 1948 ma nel 1938! Ma passa poco tempo che la truffa architettata dal giovane viene smascherata, il problema è incastrarlo: un’impresa complicata data la velocità di spostamento, ma l’agente dell’FBI Carl Hanratty (Tom Hanks), specialista in frode bancaria, è intenzionato a non fargliela passare liscia.
Prova a prendermi: Steven Spielberg ci trasporta dalla commedia al dramma trasponendo impeccabilmente l’allettante fantasia della vita
Da questo momento in poi alle note tenui della commedia si aggiungono i ricami intrigati del giallo, non un poliziesco sfacciato, per intenderci, ma capace di farci addentrare tra le beghe delle controversie finanziarie, intersecate da quelle sfumature decise di umanità che creano tra i personaggi di DiCaprio e Hanks una linea sottile di connessioni.
Con una colonna sonora millesimata e capace di aderire ad ogni sequenza, come solo John Williams sa fare, la macchina da presa scivola con audacia sugli scenari più disparati, conducendoci dalle alte quote degli aerei alle sfarzose feste, dalle snervanti ipotesi dell’FBI all’ospedale in cui Frank si spaccia laureato all’Università di Harvard con una specializzazione in pediatria e conosce l’infermiera Brenda Strong (Amy Adams). Prima di questa identità ovviamente ne aveva assunta un’altra, arrivando persino a far credere all’agente Hanratty di chiamarsi Barry Allen (ossia il protagonista dei fumetti Dc, noto anche come The Flash).
Spielberg, che prima di quest’opera aveva portato all’attenzione della critica opere di altra natura come A.I. – Intelligenza artificiale e Minority Report (2002), con questa pellicola regala un concentrato di adrenalina, stupore e comicità, egregiamente intarsiato da un sottile ricamo di drammaticità, quella che affligge volente o nolente l’esistenza.
La fotografia da cartolina ci inganna con colori pastelli che tutto sia possibile, che si possa ingannare chi ci sta intorno come se nulla fosse e in parte questo sì, è possibile.
Il grande dilemma, però, è che non si è così bravi da riuscire ad ingannare se stessi e così, quando la bugia si fa troppo pressante e schiaccia quel piccolo ego di verità, tutte le maschere parallele dell’io scoppiano e ciò che resta è un indifeso e tremante ragazzo a cui non resta altro che contrattare col la legge.
Ciò che resta impresso, di Prova a prendermi, è quella stimolante e fugace voglia di strafare e il rapporto umano, edificante e tenero tra due uomini che alla fine si lasciano prendere, afferrare, consacrando che la truffa ha bisogno della legge, così come la fantasia e il genio necessitano delle regole.