Il Miglio Verde: recensione del film con Tom Hanks
Noi tutti dobbiamo morire, non ci sono eccezioni, ma qualche volta… oh Dio, il Miglio Verde è così lungo.
Il Miglio Verde è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Stephen King. Si tratta di un film drammatico/fantastico diretto da Frank Darabont nel 1999 e distribuito dalla Warner Bros. Ottiene quattro nomination agli Academy Awards del 2002 nelle categorie Miglior film, Migliore attore non protagonista, Migliore sceneggiatura non originale, Miglior sonoro.
Paul Edgecomb (Tom Hanks) è una guardia carceraria che ha il compito di sorvegliare il percorso dei condannati a morte, il cosiddetto Miglio Verde.
Il film presenta la storia di John Coffey (Michael Clarke Duncan), condannato a morte per aver ucciso due gemelle di 9 anni. John è un uomo di quasi due metri che teme il buio, e si prende cura di un piccolo topolino nella sua cella. La sua corporatura massiccia mal si adatta alla sua indole buona e alla condanna da scontare, così Paul inizia a dubitare della sua colpevolezza.
Con Il Miglio Verde Darabont realizza una trasposizione fedele dell’opera di Stephen King
La pellicola segna il ritorno di Frank Darabont dietro la macchina da presa per la prima volta dopo 5 anni di assenza. Prima de Il Miglio Verde, il regista diresse Le ali della libertà, anch’esso tratto da un romanzo di Stephen King, per cui ottenne 7 nomination agli Oscar. Darabont rende onore alla creazione di King, realizzando una trasposizione fedele, definita dallo stesso scrittore “uno dei migliori adattamenti di un mio romanzo”.
Tom Hanks (che l’anno prima aveva preso parte a film come Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg e C’è posta per te) trovo nell’opera in questione il cambio di ritmo che cercava disperatamente.
Hanks lavorò molto per assomigliare al personaggio di Paul Edgecombe: un uomo con parecchi chili in più, per niente affascinante. Così, per interpretare la guardia carceraria de Il Miglio Verde, l’attore dovette ingrassare di 15 kg.
Se hai Tom Hanks hai il fulcro, il motore dello spettacolo
Riuscì ad eccellere nella sua interpretazione grazie alla forte componente emotiva del film e grazie all’intesa creata col resto del cast. L’attore Jeffrey Demunn sostenne che ci fu un livello attoriale molto alto nel film, soprattutto grazie alla presenza di Tom Hanks, in quanto recitava ogni scena con la massima precisione. L’attore, prima di studiare il copione, lesse l’omonimo romanzo di Stephen King, per capire se nella trasposizione filmica mancasse quel qualcosa capace di fargli centrare il personaggio, ma la sceneggiatura era perfetta.
Tom Hanks fu sottoposto anche ad un’estenuante prova trucco per interpretare il personaggio di Paul Edgecomb a 109 anni. Il risultato però non fu convincente e quindi venne scelto l’82enne Dabbs Greer, che decise di mantenere nel suo personaggio quell’onestà tipica della guardia da giovane, interpretata da Hanks.
John Coffey rappresenta il bene nel mondo
Il ruolo di John Coffey fu affidato a Michael Clarke Duncan, che dette prova delle sue strabilianti e inedite doti attoriali già fin dal primo provino. Scena chiave dell’intera pellicola è quella in cui il personaggio interpretato da Hanks, Paul Edgecomb, chiede a Coffey cosa può fare per lui, cosa può fare per farlo fuggire dalla giustizia.
L’emotività e l’umanità del Miglio Verde sono racchiuse interamente in questo confronto tra i due, in cui Michael Clarke Duncan si esibisce in un intenso monologo davanti ad una recitazione commossa di Hanks, che mostra la sua forte presenza attoriale anche in fuori campo.
Una recitazione molto naturale e sostanziale sorregge
Il Miglio Verde
La pellicola presenta la vita delle guardie carcerarie che vanno ogni giorno nello stesso posto a lavorare, e che cercano di sopravvivere emotivamente alla giornata nel miglio. La quotidiana giornata lavorativa, così, si rifletteva indubbiamente sulla recitazione, che divenne molto naturale e sostanziale per gli attori, consapevoli di interpretare dei personaggi che avrebbero visto tutto per l’ultima volta.
Il Miglio Verde possiede una sceneggiatura lineare e compatta, mostrando un ritmo apparentemente pacato e tranquillo, evidenziando il lento scorrere del tempo dei restanti attimi di vita dei condannati a morte. La storia del Miglio è una storia affascinante sul trionfo della cortesia e dell’affetto, in un posto dove tutto ciò non è certamente all’ordine del giorno.