Il grande Cinema di Roman Polanski in 5 indimenticabili pellicole
Una delle stelle più luminose del firmamento cinematografico è sicuramente quella di Roman Polanski, regista eclettico e controverso che da più di 50 anni affascina e sconvolge i cinefili di tutte le età con film torbidi, complessi e multiformi, di fronte ai quali è difficile rimanere indifferenti.
Roman Polanski ha saputo riversare su pellicola tutti i turbamenti e le sofferenze di un’esistenza difficile e tormentata, segnata durante l’infanzia dagli orrori del nazismo e sconvolta in età adulta prima dal barbaro assassinio della moglie Sharon Tate (incinta di 8 mesi) da parte della setta criminale di Charles Manson, poi dalle accuse di violenza sessuale ai danni dell’allora tredicenne Samantha Geimer, con le inevitabili conseguenze legali annesse.
Nonostante tutti i travagli, la carriera del nostro si è sempre mantenuta su altissimi livelli, portandolo a conquistare un primo meritatissimo Oscar per la migliore regia sulla soglia dei 70 anni, e il plauso pressochè unanime di critica e pubblico con pellicole girate in età molto avanzata. Abbiamo perciò deciso di ripercorrere la durevole carriera di questo maestro della Settima Arte attraverso 5 delle sue migliori pellicole.
Il genio e l’eclettico talento di Roman Polanski in 5 suoi memorabili film
Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York (1968)
A poco più di 30 anni, Roman Polanski segna indelebilmente la storia del cinema di orrore e suspense con Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York, mettendo in scena tematiche che saranno al centro della sua produzione come l’alienazione e la paranoia (già al centro dell’eccellente Repulsione) e imbastendo una storia fatta di mistero, ossessione e tormento, esaltata dalla superba prova della protagonista Mia Farrow. Un film fondamentale e seminale, che a quasi 50 anni dalla sua uscita continua a essere fonte di ispirazione per i cinefili e per i cineasti, evocando in maniera ineguagliabile le paure ancestrali legate alla religione e al paranormale, che continuano a turbarci e a sconvolgerci più di quanto siamo disposti ad ammettere.
Chinatown (1974)
Dopo aver centrato una pietra miliare dell’horror, Roman Polanski fa altrettanto con il noir grazie a Chinatown, straordinario omaggio a un genere che durante l’età d’oro di Hollywood consegnò all’immortalità registi come Fritz Lang e attori come Humphrey Bogart. Il nostro, avvalendosi di un superlativo cast, composto fra gli altri da Jack Nicholson, Faye Dunaway e John Huston, ci trasporta in una Los Angeles degli anni ’30 torbida e contaminata, dove ideali come la legalità e la giustizia vengono disgregati da un sistema politico e sociale che alimenta corruzione e disuguaglianza. Polanski gioca con i canoni del genere con una storia dai ritmi lenti e compassati, ma che avvolge lo spettatore come fa un ragno con la propria tela, accompagnandolo verso un finale semplicemente indimenticabile.
L’inquilino del terzo piano (1976)
Nel 1976, Roman Polanski consegna alla storia del cinema quello che secondo molti è il suo capolavoro, ovvero L’inquilino del terzo piano, thriller psicologico allucinato e complesso, da lui stesso interpretato insieme a Isabelle Adjani. Il regista di origini polacche parte da uno spunto in apparenza semplice e banale, come il trasferimento del protagonista in un nuovo appartamento, per mettere in scena il terrore nel quotidiano in una trama intricata e ricca di sfaccettature, che con il passare dei minuti diventa un angosciante mistero di difficile soluzione. Persone, realtà, allucinazione, paranoia e persino reincarnazione si fondono, dando vita a uno dei film più enigmatici e sconvolgenti di sempre, capace ancora oggi di fare discutere sulle sue tante possibili interpretazioni.
Il pianista (2002)
La carriera di Roman Polanski, già oggetto di culto e di studio da parte della critica e del pubblico più attento, conquista la consacrazione internazionale nel 2002 grazie a Il pianista, che conquista 3 Oscar, fra cui quello per la migliore regia e quello per il migliore attore protagonista, andato ad Adrien Brody. Nel percorso cinematografico di questo sublime regista non poteva mancare un viaggio nel ricordo e negli orrori della sua infanzia, segnata dal dramma dell’Olocausto. La storia personale di Polanski si fonde così con quella del pianista Władysław Szpilman in un film crudo, violento e molto doloroso, che però in mezzo alla mostruosità e alla disumanità lascia filtrare momenti di rara e struggente poesia, esaltati dalla sapiente mano del regista.
Carnage (2011)
Il genio e il talento di Roman Polanski dimostrano di non subire i segni del tempo e dell’invecchiamento in Carnage, girato dal regista ormai alla soglia degli 80 anni di età, ma ugualmente pregevole ed encomiabile per solidità e tensione narrativa. Quattro strepitosi attori come Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz e John C. Reilly duellano in bravura in un film di origine e di chiara impostazione teatrale, ambientato interamente all’interno di un appartamento. Un’amichevole e civile discussione su una scaramuccia fra bambini degenera improvvisamente, facendo venire a galla rancori mai sopiti, divergenze etiche e politiche e differenze di classe in un carosello cinico e amaro dei vizi e delle bassezze del genere umano, inquadrati con impressionante lucidità da questo eccezionale cineasta.