Il Clan: recensione del film di Pablo Trapero
Quando una convinzione totalitarista diventa un biasimabile stile di vita avverso al sano concetto di democrazia. Pablo Trapero con Il Clan esegue una rappresentazione cinematografica basata su un fatto di cronaca realmente avvenuto e noto in Argentina come “il caso Puccio”.
L’attuazione appare pressoché impeccabile, attraverso la caratterizzazione di questa famiglia medio-borghese fondata su un malsano principio patriarcale ampiamente discutibile. La voglia di documentare l’ideologia di un padre di famiglia, capace di riportare pratiche di sequestro e di innata violenza unicamente per ottimizzare il proprio status sociale, risulta sufficientemente efficace.
Per livellare il tutto però, Trapero sviluppa la trama focalizzandosi principalmente su uno dei figli del “temibile” patriarca, ignaro quanto basta per renderlo sospeso fra un’obbedienza tradizionalista e un’ideologia tormentata filo-progressista.
Svuotato da qualsiasi connotato demagogico, Il Clan appare come un film asciutto, a tratti “caustico”, che senza mezzi termini mostra quel lato algido della vita che spesso e volentieri viene celato; una sequela di crudeltà ingiustificata che contamina la pellicola dall’inizio alla fine.
Attraverso un montaggio hollywoodiano, con una fotografia “ballerina” che passa dal chiaro allo scuro in base al contesto proposto, Trapero tenta impunemente di far “vivere” allo spettatore le innumerevoli prese di coscienza dei protagonisti, da quelle più inqualificabili a quelle piacevolmente persuasive ed accettabili.
Il Clan: “Da padre in figlio”
Il paradosso creato da Trapero in Il Clan sta anche nel suo gioco spasmodico di questa mancata eredità coscienziosa che intercorre fra padre e figlio; idee concettuali differenti che non accomunano minimamente. A valorizzare questa scelta, sono indubbiamente le duplici interpretazioni degli attori; da un lato Guillermo Francella, patriarca insensibile (o quasi) a tutto ciò che pulsa, e dall’altro lato Juan Pedro Lanzani, nel ruolo di figlio passionale ed insicuro quanto basta per diversificarlo dal proprio padre. Quello che viene attuato è principalmente un rapporto interscambiabile, ambiguo, con una rappresentazione di padre e figlio che non eccede mai sul piano dell’immoralità umana, evitando qualsiasi tipo di “seduzione malefica”.
Ciò che è chiaramente discutibile è l’esagerata superficialità musicale che accompagna l’intero contesto.
I rimandi ad una conduzione stilistica vicina a quella di Martin Scorsese minimizzano non di poco il lavoro di Trapero. La componente inusuale di Il Clan è rappresentata da questa sorta di oscillazione fra rudezza irragionevole e brillante composizione familiare. Con questa voglia di osare – e forse con un pizzico di presunzione – Trapero mostra un lavoro lontano da una lineare sobrietà.
Il Clan: Biopic ruvido ed agrodolce al contempo
Di sicuro la contestabile alternanza – ruvida ma anche agrodolce – stilistica attuata dal regista argentino non è cosa da poco: Nonostante non ci sia una dettagliata ossessione nel mostrare un biopic troppo fedele alla realtà, l’impeccabilità di Trapero rimane quanto meno intatta.
Il Clan non è un film clamoroso, imperfezioni evidenti ce ne sono, ma l’efficacia con cui tenta di narrare il contesto presentato va quanto meno lodata. Accattivante ma passionale, con questa particolare eterogeneità utile a rendere il prodotto atipico.
“Un’incredibile verità che è soltanto un pretesto per esporre una rappresentazione soggettiva di una vicenda di cronaca realmente accaduta, cercando di ritmarla nel miglior modo possibile.
Il Clan è un film del 2015 diretto dal regista Pablo Trapero. È stato presentato in Concorso al Festival di Venezia 2015. Nel cast sono presenti Guillermo Francella, Juan Pedro Lanzani, Lili Popovich, Gastòn Cocchiarale, Giselle Motta, Franco Masini , Antonia Bengoechea, Stefania Koessl.
Il film sarà al cinema dal 25 agosto, distribuito da