Rebirth: recensione del thriller psicologico di Netflix
Disponibile sulla piattaforma streaming dal 15 luglio, Rebirth (trailer) è il nuovo film originale Netflix, parte di un progetto teso e dare spazio ad una serie di film indipendenti.
Rebirth è un intrigante thriller psicologico, ricco di spunti di riflessione su quei fenomeni sociali che vedono persone insospettabili rimanere coinvolte in gruppi di natura ambigua – religiosi o laici che siano – in grado di far leva sulla vulnerabilità dei nuovi adepti, vittime spesso inconsapevoli delle proprie debolezze e del desiderio di dare un senso diverso alla propria vita.
Protagonista del film è Kyle, un giovane padre di famiglia felicemente sposato ed impiegato come responsabile social media in una banca, un lavoro che consiste principalmente nell’assumere identità fasulle per scrivere messaggi positivi sui mutui offerti dalla compagnia. Una vita fatta di routine e armonica serenità, una sorta di torpore dei sensi interrotto bruscamente dall’arrivo in città di Zack, un ex compagno di college determinato a far prendere una pausa al vecchio amico per vivere un’esperienza nuova: un weekend all’insegna del ricongiungimento con se stessi e le proprie energie interiori, dall’eloquente nome Rebirth.
Dapprima sospettoso, Kyle decide infine di provare il diversivo proposto da Zack, ritrovandosi tuttavia coinvolto in un labirinto fisico e psicologico fatto di sollecitazioni sensoriali ed emotive per lo più disturbanti, un luogo ambiguo e surreale dal quale, nonostante le continue rassicurazioni di uno staff che appare sempre più schizofrenico, è molto difficile uscire.
Rebirth: il labirinto psicologico firmato Netflix
Rebirth utilizza uno stile registico a cavallo fra il thriller ed il documentario per sintetizzare l’oscura realtà di tutti quei gruppi sociali ad ispirazione spesso religiosa (vedi Scientology e affini) che, facendo leva sull’intuizione di bisogni personali inespressi riescono a coinvolgere un ingente numero di persone, estraniandole dal mondo esterno in vista del godimento di un obiettivo comune che la vita fuori dal gruppo non sarebbe in grado di offrire; una sorta di realtà parallela, frutto di una consapevolezza più alta, incomprensibile da chi ancora non l’ha raggiunta e irrinunciabile per chi ormai ne ha fatto il proprio credo.
L’esperienza Rebirth avviene all’interno di stanze in cui piccoli gruppi casuali realizzano la loro interazione, basata sul libero fluire dell’energia e su poche semplici regole, che comprendono l’assenza di leader e di pubblico giudicante: due presupposti in grado di scatenare gli istinti più reconditi dell’animo umano, mettendolo in contatto con parti di sé sconosciute e difficili da lasciarsi alle spalle una volta vissute.
Nel frattempo i coordinatori, che non sono altro che ex “feti” ormai giunti alla piena consapevolezza dell’esperienza Rebirth e ed essa affiliati, continuano a ripetere a se stessi e agli altri di non essere una setta, seguendo le disconnesse esperienze del gruppo al ritmo del mantra “Breathe” (“Respira”), volto a favorire il mantenimento del contatto con se stessi e ad evitare i frequenti attacchi di panico che colpiscono i nuovi arrivati.
Rebirth: più a fondo guardi e più vedrai
Kyle comincia l’esperienza con un misto di circospezione e paura, acuite dalla consapevolezza che Rebirth non gli offrirà ciò che vuole ma ciò di cui ha bisogno: l’ennesima prescrizione sibillina che si rivela gradualmente come l’ennesima arma per intuire le sue debolezze e spingerlo verso la strada del non ritorno, libero di andarsene ma non di evitarne le conseguenze, capaci di renderlo schiavo molto più delle catene. Un meccanismo che ricorda, oltre ai gruppi sociali già citati, anche quei sistemi commerciali basati sulla persuasione motivazionale in cui, a fronte della promessa di un guadagno facile, vagliato dalla vendita di prodotti declamati come talmente efficaci da diventare indispensabili pure ai venditori, ci si ritrova coinvolti nel recupero forzato di un piccolo capitale iniziale con l’illusione di realizzare un guadagno che, il più delle volte, torna circolarmente nelle tasche dei dirigenti.
Ecco che allora Rebirth diviene progressivamente una strada senza uscita, un mostro che può essere vinto solo addentrandosi sempre di più nei suoi meandri, fino a vendergli la propria anima. Un film avvincente e sibillino, un intelligente monito a coltivare una personalità forte, in grado di non cedere ad illusioni di libertà e successo che possono avere la sola conseguenza di renderci molto più schiavi.
Rebirth è scritto e diretto da Karl Mueller e prodotto da Ross Dinerstein; nel cast del film Fran Kranz, Adam Goldberg, Kat Foster, Nicky Whelan, Harry Hamlin, Andrew J West, Sheryl Lee, Pat Healy, Eric Ladin, Luis Geardo Mendez e Steve Agee.