Escobar: recensione del film su Pablo Escobar con Benicio del Toro
Quando un paradiso illusorio cela un’anarchica spietatezza. Sbalorditivo quanto audace, Escobar (Escobar: Paradise Lost), di Andrea Di Stefano, è una vera e propria rappresentazione macabra di una delle figure più controverse di sempre.
Abbattendo ogni forma di classicismo, Escobar è un biopic atipico, che non si concentra unicamente su un singolo bensì su una complessità di fattori subordinati ad esso.
La poderosa conduzione stilistica attuata da Di Stefano sta nel voler caratterizzare un personaggio tanto odiato quanto ammirato – Pablo Escobar – rendendolo fascinoso agli occhi del pubblico spettatore.
Attraverso un’ottima fotografia curata da Luis David Sansans, che con tenue oculatezza mostra fieramente il contesto paesaggistico “colombiano” – in realtà le riprese sono state svolte nello stato di Panama, nelle province di Bocas del Toro e Chiriqui – Escobar convince in termini di incisività, passando da una fase di sana empatia ad un’incomprensibile fase di insana “anemia” d’animo, capace di influenzare notevolmente il contesto presentato.
Ciò che massimizza la pellicola di Di Stefano sono senza dubbio le interpretazioni dei protagonisti; un Benicio del Toro irrisolto nel ruolo di un Pablo Escobar “adulterato” da questa bipolarità incontrollata contraria ad ogni forma di raziocinio, ed un Josh Hutcherson tiepido, passionale ed insicuro, catapultato in un contesto più grande di lui, alle prese con un forte coinvolgimento emotivo che verrà “calpestato” dall’inizio alla fine. Ottimo anche il ricamo musicale composto da Max Richter, capace di elevare ancor di più la pellicola.
“Nessuno sfugge a Escobar”
Una promessa o una sentenza? Difficile capirlo; indubbiamente la caratterizzazione del personaggio di Pablo Escobar inquieta terribilmente per l’intero minutaggio. Con questa rappresentazione distopica di questo potere anarchico senza alcun limite, Di Stefano offre un prodotto degno di nota, capace di elevare – non di poco – il settore cinematografico nostrano. Escobar va annoverato come un lavoro di ottima fattura, senza pretese, dotato di un’efficacia stilistica non indifferente.
“Tutti conoscono Pablo Escobar ma nessuno sa davvero chi sia…”
Nel film un altro elemento che va esaltato è la voglia di documentare con lieve minuziosità la figura di Pablo Escobar. Il regista decide di non limitarsi solo a mostrare il lato negativo del personaggio ma cerca di addentrarsi anche in quella “sfera di vita” da sempre celata. Senza eseguire futili dilatazioni, Di Stefano si limita a mostrare al pubblico il Pablo Escobar politico, precedente a quello criminale. Un “benefattore”, un uomo moralmente illuminato, religioso quanto basta per condizionare – o peggio indottrinare – un’intera popolazione assorta in uno status di completa miseria; un particolare patriarca capace di “strozzare” persino il destino di altre persone, agendo con un cupo pragmatismo coattivo.
Tanto affascinante quanto psicotico, con questa “alternanza esistenziale” chiaro-scura capace di ledere profondamente tutto ciò che lo circonda.
Quello che appare evidente in Escobar è che l’intento di Andrea Di Stefano non sta nel documentare, ma nel voler rimanere fedele a ciò che questo controverso personaggio era veramente come persona; la capacità di dipingerlo come un uomo solare, quasi putativo all’apparenza, condizionato però da un animo nero.
Escobar è un film del 2014 diretto dal regista Andrea Di Stefano. Uscirà nelle sale italiane il 25 agosto 2016 distribuito dalla Good Films. Nel cast sono presenti Benicio del Toro, Josh Hutcherson, Claudia Traisac, Brady Corbet, Carlos Bardem, Ana Girardot.