La prima cosa bella: recensione del film di Paolo Virzì
La prima cosa bella è un film del 2010 diretto da Paolo Virzì, alla sua nona regia cinematografica. Il film ha per protagonista la musa e moglie di Virzì Micaela Ramazzotti, affiancata da altri attori autori di ottime performance come Valerio Mastandrea, Stefania Sandrelli e Claudia Pandolfi. La prima cosa bella è stato selezionato per rappresentare l’Italia all’Oscar 2011 per il miglior film straniero, senza però arrivare nella cinquina finale dei candidati al premio.
La prima cosa bella: una struggente storia d’amore di una madre per i propri figli
La prima cosa bella è ambientato a Livorno, città natale del regista, e racconta circa 40 anni di vita di un nucleo familiare composto dai figli Bruno (Valerio Mastandrea) e Valeria Michelucci (Claudia Pandolfi) e della loro madre Anna, interpretata in età diverse da Micaela Ramazzotti e Stefania Sandrelli. Dopo una vita fatta di lotte, fughe, sotterfugi e scontri a seguito della separazione dei coniugi Michelucci, i figli si ricongiungono alla madre malata terminale, in modo da starle accanto durante gli ultimi giorni della sua esistenza.
Questa diventa un’occasione per rivivere sotto un’altra luce il loro percorso, e per rivalutare i sacrifici fatti e le avversità affrontate da Anna, che a dispetto di tante scelte di vita sbagliate non ha mai fatto mancare l’amore ai propri figli.
La prima cosa bella: Paolo Virzì alla regia di uno dei sui film più intimi e personali
Paolo Virzì dirige il suo film più intimo e personale, mettendo in scena una storia dalle forti tinte autobiografiche, che con continui salti avanti e indietro nel tempo svela tutte le sfumature e i retroscena di una famiglia atipica, in perenne fuga e mutamento. Una foto apparentemente innocua e innocente, che sancisce la premiazione di Anna come mamma più bella di uno stabilimento balneare livornese, diventa la miccia che innesca una reazione a catena fatta di pettegolezzi, gelosia e rabbia, portando alla disgregazione di un nucleo familiare a prima vista solido e inattaccabile.
Filo conduttore della storia è la vitalità della protagonista Anna, donna dall’ammaliante bellezza e dall’indistruttibile coraggio, che anche di fronte alle durissime difficoltà che la vita la porta ad affrontare riesce a dare sempre affetto, amore e sorrisi ai suoi due figli. Nella lunga ricerca di una stabilità economica e sociale per lei e per la sua prole, Anna pecca ripetutamente di un eccesso di fiducia e generosità, concedendo tutta se stessa a vani sogni di gloria cinematografica e a opportunisti sfruttatori, che puntualmente la lasciano con in mano rimpianti e sogni infranti.
La prima cosa bella: Valerio Mastandrea eccezionale nel ruolo del figlio confuso e sopraffatto da una madre ingombrante e indimenticabile
A fare da contraltare alla solarità con cui Anna affronta la vita è l’apatia del figlio Bruno, allontanatosi dalla madre in gioventù e ora professore di lettere infelice e insoddisfatto. Nei panni di questo personaggio, Valerio Mastandrea si conferma uno dei migliori attori della sua generazione con una prova eccezionalmente misurata, fatta di lunghi silenzi ed eloquenti espressioni, che si contrappongono alla dolcezza della madre e all’umanità della sorella Valeria, desiderosa di ricomporre il rapporto fra i due. Un contrasto portato alla luce e sviscerato con grande tatto e sensibilità dal regista, che mette in gioco tutto se stesso nella descrizione del rapporto di amore e odio con la sua Livorno e nella lucida analisi di quanto inutile dolore possano portare le dicerie e il morboso clima di sospetto da esse innescato.
I diversi piani temporali si incastrano e sovrappongono con grande efficacia, rivelando a poco a poco, con i giusti tempi e modi, gli avvenimenti e le emozioni che hanno costruito le fondamenta di esistenze difficili e tormentate. Un ingranaggio ben congegnato e oliato, che solo nella parte finale mostra leggermente la corda per un eccesso di personaggi e di sentimenti su schermo, per poi riprendersi immediatamente con una sequenza conclusiva altamente simbolica e dal grande impatto emotivo.
La prima cosa bella: una storia emozionante, coronata da interpretazioni eccezionali
Gran parte del merito della riuscita de La prima cosa bella va dato alle due interpreti di Anna Micaela Ramazzotti e Stefania Sandrelli (entrambe premiate con il Nastro d’argento per le loro prove), che si completano e si fondono nella caratterizzazione di una donna dall’irresistibile dolcezza, simbolo della voglia di non arrendersi mai e di reagire anche nei momenti più difficili o tragici.
Spicca inoltre una splendida colonna sonora, che punta forte su brani degli anni ’60 e ’70 come l’omonimo del film (rispolverato da una cover di Malika Ayane), L’eternità e L’immensità, donando un tono nostalgico e malinconico a un racconto struggente e indimenticabile, che sa renderci orgogliosi del tanto vituperato cinema italiano più recente.
La prima cosa bella è l’opera che ha sancito la definitiva esplosione di Paolo Virzì, che in seguito si è poi confermato uno dei più brillanti cantastorie del cinema italiano contemporaneo con altre due eccezionali pellicole come Il capitale umano e La pazza gioia. Un film necessario, che racconta con ironia e amaro disincanto tutte le contraddizioni della provincia italiana, invitandoci però a conservare la speranza e la gioia di vivere anche nei momenti più bui e complicati. Un’opera completa e toccante, con cui sorridere, commuoversi e riflettere sulle miserie della nostra società e su quei pochi raggi di luce che nonostante tutto continuano timidamente a uscire.