Codice d’onore: recensione del film con Tom Cruise
Codice d’onore è un film del 1992 scritto da Aaron Sorkin (The Social Network, Steve Jobs) e diretto da Rob Reiner (Harry ti presento Sally, Misery non deve morire). Il film è forte di uno strepitoso cast, che comprende star affermate di Hollywood come Jack Nicholson, Tom Cruise, Demi Moore e Kevin Bacon, e belle promesse, poi divenute splendide realtà, come Kiefer Sutherland, Noah Wyle e Cuba Gooding Jr. Nel pieno del mandato di George Bush Senior, naturale seguito degli 8 anni di governo muscoloso e interventista di Ronald Reagan, Codice d’onore ebbe il grande merito di fare luce e stimolare una riflessione sui metodi e sui cinici meccanismi alla base della grande macchina dell’esercito USA, meritandosi 4 nomination agli Oscar.
Codice d’onore: una dura ma imparziale critica al militarismo e ai suoi precetti
«Qual è il codice?»
«Reparto, Corpo, Dio, Patria.»
Il marine William T. Santiago perde la vita nella base militare USA di Guantanamo a seguito di un pestaggio ai suoi danni da parte dei commilitoni Louden Downey (James Marshall) e Harold W. Dawson (Wolfgang Bodison). La controversa morte del giovane soldato, che aveva più volte richiesto il trasferimento presso un’altra base, attira l’attenzione del Tenente JoAnne Galloway (Demi Moore). Il Tenente sospetta che dietro all’omicidio del giovane ci sia l’esecuzione di un ordine militare non ufficiale chiamato “Codice rosso”, ovvero una dura lezione fisica impartita a un soldato non rispettoso dei requisiti fisici e comportamentali del corpo. La Galloway cerca quindi con tutte le sue forze di ottenere un giusto processo per i due accusati Downey e Dawson, ottenendo l’assegnazione del caso al Tenente Daniel Kaffee (Tom Cruise), giovane promessa del Foro nota per il suo atteggiamento disinvolto e anticonformista e per la sua abilità nei patteggiamenti.
Durante l’indagine e il processo, la Galloway, Kaffee e il loro collaboratore Sam Weinberg (Kevin Pollak) dovranno lottare contro il rigido codice morale, il cinismo e l’omertà degli alti gradi dell’esercito USA, rappresentati dal Tenente Jonathan Kendrick (Kiefer Sutherland) e dal minaccioso e carismatico Colonnello Nathan R. Jessep (Jack Nicholson).
Codice d’onore: dove finiscono le regole e comincia il più barbaro e folle cinismo
Noi usiamo parole come onore, codice, fedeltà. Usiamo queste parole come spina dorsale di una vita spesa per difendere qualcosa. Per voi non sono altro che una barzelletta. Io non ho né il tempo, né la voglia di venire qui a spiegare me stesso a un uomo che passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà che io gli fornisco, e poi contesta il modo in cui gliela fornisco. Preferirei che mi dicesse la ringrazio e se ne andasse per la sua strada. Altrimenti gli suggerirei di prendere un fucile e di mettersi di sentinella. In un modo o nell’altro, io me ne sbatto altamente di quelli che lei ritiene siano i suoi diritti!
Quello che formalmente si presenta come un classico legal movie, si rivela in realtà un film molto più profondo e audace, che indaga in maniera acuta e mai banale su un punto di riferimento della società americana come il corpo dei marines, puntando i fari sulle spesso disumane regole morali e sui contraddittori comportamenti che lo governano. Grande merito della forza di Codice d’onore va certamente tributato allo sceneggiatore Aaron Sorkin, che al suo esordio nella scrittura per il cinema tesse un’intricata ed elaborata tela fatta di brillanti dialoghi e personaggi veri, tridimensionali e dai diversi valori e comportamenti, perennemente in lotta fra loro, esplorando la sottile linea di demarcazione fra il rispetto di un rigido insieme di regole e codici e un inquietante e feroce cinismo.
A brillare è certamente la stella di Tom Cruise, che a neanche 30 anni di età regala una prova da attore consumato e di altissimo livello, mettendo in scena con carisma e personalità il personaggio dall’arco narrativo più interessanti di tutti. Nel corso di Codice d’onore assistiamo infatti alla maturazione del suo Daniel Kaffee, avvocato promettente ma sempre in cerca della via più facile, anche a discapito della verità e della giustizia, che impossibilitato a cercare l’ennesimo patteggiamento deve misurarsi contro se stesso nella sua prima causa in una vera aula, rivelando una grande umanità verso i propri assistiti dietro a un’apparente indolenza e superficialità.
Un superbo Jack Nicholson porta in scena un cattivo ripugnante ma indimenticabile
“Io voglio la verità!”, grida in aula Kaffee nella scena cardine del film, sentendosi rispondere un autoritario e beffardo “Tu non puoi reggere la verità!” dal Colonnello Nathan R. Jessep, suo perfetto e memorabile contraltare portato in scena da un monumentale Jack Nicholson. L’attore americano, pacifista e libertino convinto nella vita reale, si rivela il vero valore aggiunto del film, incarnando in una manciata di scene e in circa 20 minuti totali su schermo un personaggio tanto sgradevole quanto affascinante, che con la durezza delle sue parole e dei suoi modi riesce a colpire e a fare riflettere anche le persone più lontane dal suo rigido e sprezzante modo di intendere la vita e l’esercito.
Il confronto finale in aula è fra le scene più apprezzate, ricordate e citate degli ultimi decenni di cinema americano. A scontrarsi non sono solo due schieramenti su un caso giudiziario, ma tanti e diversi modi di intendere la vita e la società: l’inflessibile militarismo di Jessep, la cieca fedeltà dei due accusati a un valore e a un codice anche quando essi costringono a commettera atrocità, l’incrollabile purezza della Galloway, la voglia di Kaffee di seguire finalmente la strada giusta. Schiettezza e arroganza, onore e giustizia, verità e omertà collidono in un finale eccezionale, quasi teatrale nel suo incedere, che conclude la storia con un compromesso morale inevitabilmente discutibile, lasciando allo spettatore soddisfazione e anche un pizzico di amarezza.
Codice d’onore gode di un preciso ed efficace lavoro di sceneggiatura di Aaron Sorkin
La regia di Rob Reiner, la fotografia di Robert Richardson e le musiche di Marc Shaiman accompagnano la narrazione, avvolgendola e scandendone i tempi discretamente e senza particolari sussulti, ma con grande efficacia. La sceneggiatura di Aaron Sorkin è sempre coinvolgente, efficace e ricca di colpi di scena ben gestiti, pur non approfondendo a sufficienza la caratterizzazione e il percorso di alcuni personaggi come il Tenente Sam Weinberg e il Tenente Jonathan Kendrick. Sempre di altissimo livello la recitazione di tutti gli attori protagonisti, fra i quali meritano una menzione un misurato ma ineccepibile Kevin Bacon e una dolce ma determinata Demi Moore.
Harold, non serve una mostrina per essere un uomo d’onore.
A distanza di quasi 25 anni dalla sua uscita, Codice d’onore è ancora una pellicola attuale e realistico, necessario per il suo puntare il dito in maniera decisa ma imparziale contro le bassezze e la crudeltà di un ambiente militare che continua a trattare le persone come corpi da sacrificare in nome di ideali e valori del tutto arbitrari e spesso disumani, per poi avvolgerli con bandiere e distintivi per liberarsi la coscienza e salvare le apparenze. Le repellenti, ma in parte tristemente vere, parole del Colonnello Jessep scuotono ancora oggi le nostre coscienze, ma Codice d’onore ci ricorda anche che il vero valore di una persona non si misura dalle stelline che porta sul petto e dagli ordini che riesce a portare a eseguire.