Venezia 73 – La luce sugli oceani: la maternità secondo Cianfrance, Vikander e Fassbender
Questa mattina si è tenuta la conferenza stampa per presentare il film di Derek Cianfrance, La luce sugli oceani (recensione), in sala erano presenti il regista e le star Alicia Vikander e Michael Fassbender.
Cianfrance ha da subito esordito omaggiando il romanzo omonimo dal quale è tratta la pellicola e di come lui avesse fin dall’inizio intenzione di realizzare un adattamento cinematografico di un romanzo che fosse capace di suggerigli qualcosa di più, ormai stanco e annoiato delle proprie idee, cercava proprio un faro che gli indicasse una direzione giusta, che sapesse trattenere segreti, che fosse ammaliante.
La storia è molto particolare, non è solo un amore, ci sono tante sfumature che contribuiscono a dare enfasi ad un’esistenza intera che parla di maternità, di guerra, di perdono.
Alicia Vikander parla proprio del suo personaggio, Isabel, e di come il regista le consigliò di gestire il carattere di una donna del genere, imparando a condensare la realtà di quel personaggio, di incanalarne il lutto, le decisioni, le conseguenze delle proprie azioni e che lentamente imparano cosa sono le emozioni e quanto siano contraddittorie e determinanti. Lei stessa ammette di non avere figli e la sua grande sfida del film è proprio il desiderio di maternità, un grande mistero ancora presente, e quel desiderio tentare di mostrarlo e far si che le donne potessero rivedersi, attraverso chi ha sfortunatamente vissuto vicende simili a quelle della protagonista.
Michael Fassbender annuncia il suo entusiasmo verso il suo personaggio, Tom, di come il suo raggio d’azione non corrisponda alla mera storia d’amore ma che si trasla attraverso tutto un vissuto fatto di guerre, di esperienze negative e che la storia tende a dimenticare.
Tom è un uomo di tempi passati, proprio perchè ha una forza e una lealtà che non si trovano spesso oggi. La pellicola racconta di tutta una generazione di persone dimenticate che hanno subito gli orrori della guerra e di come egli riesca a sopravvivere alla sua non vita grazie all’incontro con Isabel. Vive una situazione difficile, racconta Fassbender, ma queste due persone si innamorano e vanno a vivere su quest’isola, vivendo una solitudine che porta ad incrinarne i rapporti, non avendo nessun altro con cui parlare, con cui confidarsi, e che li porta a prendere delle decisioni molto forti ma che non avevano nessun intento malvagio. Tom è un sopravvissuto, dichiara il regista, non vive, anzi vive una situazione di non esistenza che va a porsi in opposizione alla vitalità di Isabel che innesta nuova linfa nelle vita di lui.
Durante la conferenza viene affrontato il delicato argomento dei due tipi di maternità che sottendono la pellicola.
Essere madre significa necessariamente crescere un figlio o anche solo metterlo al mondo? Come succede nella pellicola si assiste a due tipi di maternità, due singolari casi che vanno considerati due esempi differenti ma simili di essere madre.
Il regista conclude asserendo che il faro, quell’isola, da meravigliosa esperienza iniziale diviene sempre di più una gabbia emotiva per loro e che Alicia Vikander e Michael Fassbender grazie al loro lavoro di squadra e ai consigli e alle esigenze stilistiche hanno saputo rendere credibile una storia che è stata bella narrare e meravigliosa leggere.