Milk: recensione
Coraggioso, politico, omosessuale, icona; giusto quattro parole per descrivere Harvey Milk.
Film del 2008, Milk viene realizzato e fortemente voluto dal regista Gus Van Sant (che cercava di realizzarlo da oltre quindi anni, ma senza successo) a 30 anni esatti dalla morte di Harvey Milk; il regista vide subito in Sean Penn l’attore ideale per interpretare il portabandiera dei diritti gay e della libertà personale.
Gli anni ’70 hanno contrassegnato l’America come uno dei periodi più socialmente intensi, per quanto riguarda omofobia e razzismo. Ma Harvey Milk non si fa scoraggiare.
Arrivato al compimento dei 40 anni, si rende conto che vivere all’oscuro per timore di essere giudicato per il suo orientamento sessuale non ha molto senso; nella notte del suo compleanno incontra Scott Smith (James Franco), che sarà suo compagno per diversi anni, e con cui decide di trasferirsi da New York a San Francisco, per aprire un negozio di fotografia nel quartiere di Castro Camera, abitato da irlandesi, che non gradiscono che il quartiere stia diventando punto di riferimento della comunità gay.
Ben presto il negozio diventa luogo di fulcro della comunità gay e luogo di ritrovo per i sostenitore nel neonato attivismo di Milk, per avere eguali diritti ed opportunità degli altri.
Pensieri totalmente opposti a quelli di Anita Bryant e John Briggs, persone famose del luogo, apertamente contro i gay e sostenitori della Preposition 6, legge californiana che prevedeva di vietare l’insegnamento in scuole pubbliche a professori omossessuali e di bandire anche i loro sostenitori.
Ecco che, quindi, Harvey diventa il perno attorno al quale ruota tutta la comunità gay, riuscendo a coinvolgere e a spiegare che essere omossessuali non comporta essere trattati in modo ostile dalle persone e come gli etero anche loro possono e anzi devono dimostrare l’amore che li circonda, come coppia e come gruppo attivista. È sempre amore, niente di diverso.
Per tre volte si candida invano e alla quarta candidatura diventa consigliere comunale (supervisor) del 5° distretto, diventando il primo gay dichiarato ad assumere una carica istituzionale.
Popolarità della comunità ed odio verso la stessa crescono di pari passo.
Due ore in cui si rimane attivi dal capire il motivo tale per cui si parti da una registrazione su cassetta, alla fiaccolata finale, per ricordare Milk, ucciso da Dan White (Josh Brolin) insofferente ai suoi successi politici e sociali.
Il plauso da fare è generale, ma principalmente va a Sean Penn che ha saputo dare un’interpretazione degna di Oscar (come è poi avvenuto l’anno successivo); ha saputo proporre sullo schermo la figura di Milk, uomo calmo, concentrato e dal carattere tranquillo ma allo stesso tempo deciso nel prolamare ed attuale la libertà di dirtti e doveri per tutti, studiando e realizzando alla perfezione tutte le sfumature gestuali e vocali del protagonista.
Degne di nota anche le interpretazione di un più maturo James Franco, l’ottima interpretazione di Diego Luna nei panni del fragile ed emotivo Jack Lira, e di Josh Brolin nei panni del subdolo doppiogiochista Dan White.
Lo sceneggiatore Dustin Lance Black ha meritato l’Oscar alla Miglior Sceneggiatura Originale, proponendo un lavoro di analisi sulla vita personale, sociale e politica di Milk negli anni tra il 1970 e il 1978; otto anni pieni di lotte che hanno richiesto tre anni di ricerche a Black.
Con questo film ritorna la collaborazione tra Van Sant e Harris Savides, direttore della fotografia, dopo Scoprendo Forrester e la trilogia Gerry, Elephant e Last Days, e dopo aver dato prova di capacità con le ambientazioni anni ’70 come Zodiac.
Ultimo, ma non meno importante, l’ottima regia di Gus Van Sant, che puntando più, e giustamente, sui materiali d’epoca, quali video e giornali, fa scorrere il film (per alcuni tratti anche in modo fin troppo blando) senza risultare pesante e risfoderando, con lunghi piani sequenza, temi di fondamentale importanza trent’anni fa, quanto oggi.
Prodotto dalla Focus Features, Milk, dalla realizzazione turbolenta, è uno di questi film che hanno il destino, la consapevolezza ed il merito di diventare dei cult; perché i diritti per gli omosessuali sono e devono essere come i nostri, e la battaglia proclamata da Harvey Milk a livello politico e sociale, ha dato luogo ad un’estensione a livello mondiale.
Estensione che, purtroppo, ancora oggi in molti paesi, si cerca di ridurre e trascurare; una forma di ignoranza innata e/o voluta che è difficile ma doveroso sconfiggere.