Venezia 73 – Il Cittadino Illustre: recensione
Il Cittadino Illustre è un film diretto dai registi argentini Mariano Cohn e Gastón Duprat, girato fra Spagna e Argentina e presentato in concorso durante la 73ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Il film è un riuscito mix fra commedia e dramma, che punta forte su un cinismo sagace e tagliente sulla figura dell’intellettuale contemporaneo e sulla formidabile prova del protagonista Oscar Martínez (già visto nel formidabile Storie pazzesche), serio pretendente alla Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile di quest’edizione della mostra.
Il Cittadino Illustre racconta la storia di Daniel Mantovani (Oscar Martínez), schivo e ironico scrittore argentino che all’apice della propria carriera viene insignito del prestigioso premio Nobel per la letteratura, impresa mai riuscita a un argentino. Il carattere dello scrittore e il suo profondo disgusto verso tutto ciò che ruota attorno ai premi e alle onorificenze lo portano però ad accettare il premio con estrema riluttanza e proferendo durissime parole nei confronti dell’Accademia e dei sovrani svedesi. L’artista perde così il proprio treno per la mondanità, rifugiandosi in un prolungato silenzio artistico e pubblico. Fra le varie proposte che riceve giornalmente, ne arriva però una che attira la sua attenzione: l’invito a ricevere la cittadinanza onoraria del suo paese natale Salas. Daniel accetta la proposta e comincia un grottesco viaggio nell’ipocrisia della provincia argentina e fra i fantasmi del proprio passato.
Nessuno è profeta in patria, recita una celebre detto, perfetto per riassumere gli eventi a cui assistiamo nel corso dell’ottimo Il Cittadino Illustre.
Fin dai primi minuti veniamo trascinati in un vortice di irresistibile e corrosiva ironia, che ha il duplice scopo di mettere in crisi il superficiale e contraddittorio mondo che ruota intorno alla cultura (parola che lo stesso protagonista odia) e la paradossale vicenda del protagonista, coinvolto in situazioni grottesche e paraddossali fin dal suo arrivo a Salas.
Oscar Martínez è superbo nel rendere con i gesti, gli sguardi e la mimica facciale lo sgomento che il suo illustre personaggio prova nel vedersi trasportato con un improvvisato e sgangherato taxi o portato “in trionfo” per il paese a bordo della camionetta dei vigili del fuoco, ma anche il suo profondo disgusto, da intellettuale vero e non di facciata, verso la mediocrità e il doppiogiochismo delle istituzioni e dei falsi amici, servili e disponibili nei suoi confronti solo per opportunismo e per il proprio tornaconto personale.
Con il passare dei minuti il protagonista di Il Cittadino Illustre comincia a farsi terra bruciata intorno, incapace di passare oltre le assurdità a cui assiste o di dire qualcosa di diverso dal suo reale pensiero sulla vita, sull’arte e soprattutto sull’inesesorabile mediocrità del suo paese natale.
Daniel Mantovani è così progressivamente ripudiato dalle sue vecchie conoscenze, che prima avevano guardato con entusiasmo al ritorno a casa del figliol prodigo, e che adesso provano rabbia e risentimento verso le idee e le azioni del vero uomo che si cela dietro al personaggio pubblico. Il film passa quindi dall’essere un’intelligente e acuta messinscena della falsità e della doppiezza del genere umano a una vera e propria commedia nera, che inasprisce gli aspetti affrontanti precedentemente fino a trasformare la permanenza di Mantovani a Salas una vera e propria odissea personale.
Andrés Duprat lavora su più livelli nella costruzione della sceneggiatura
Un plauso va certamente tributato alla pregevole sceneggiatura di Andrés Duprat, che lavora abilmente su più livelli, miscelando una mai banale ironia di fondo con profonde riflessioni sull’arte e sul ruolo dell’intellettuale e mantenendo al contempo sempre solida e coerente una narrazione che non lascia neanche il minimo dettaglio al caso, ben accompagnata dalla regia sempre sicura di Mariano Cohn e Gastón Duprat (anche direttori della fotografia). Oltre alla già citata imponente prova di Oscar Martínez, è doveroso segnalare anche le buone performance di Dady Brieva e Andrea Frigerio, che ben interpretano un’interessante coppia di vecchie conoscenze di Daniel.
Il Cittadino Illustre convince e si rivela una delle migliori sorprese di questo festival, puntando il dito in maniera elegante ma ferma contro l’autoreferenzialità degli ambienti culturali e contro l’ipocrisia della provincia argentina, incapace di elevarsi da una triste realtà fatta di favoritismi, bassezze morali e di mera apparenza dietro a una debolissima sostanza. Un film onesto e sincero, che riconcilia con il vero cinema e ci spinge a compiere una severa autocritica su chi siamo e su chi desideriamo che siano veramente i nostri idoli o le persone a noi care.