Romantiche: intervista a Pilar Fogliati e Giovanni Veronesi, tra paura del fallimento, Carlo Verdone e quei cogl**ni degli uomini [VIDEO]

Intervista e incontro stampa con Pilar Fogliati e Giovanni Veronesi, rispettivamente regista/interprete e sceneggiatore di Romantiche.

Un elemento accomuna le quattro giovani protagoniste di Romantiche, ovvero l’inconsapevolezza della fragilità e del difetto. Eugenia, Uvetta, Michela e Tazia, infatti si muovono tra le rispettive difficoltà e dinamiche di vita osservando difetti e debolezze altrui, senza mai considerare realmente ciò che invece appartiene loro. C’è chi incespica e soffre a causa di un ego sproporzionato e di una presunzione inevitabilmente dannosa. C’è chi invece resta sospeso, alienato ed estraneo rispetto alla realtà concreta e quotidiana della vita, così come c’è chi vive una chiusura mentale ed emotiva senza curarsi di ciò che può giungere semplicemente aprendo gli occhi ed il proprio cuore di fronte alla novità. Infine c’è chi crede di avere il controllo di qualsiasi circostanza ed emozione, pur non avendolo affatto.

Romantiche è un film che racconta la femminilità in ogni sua sfaccettatura, distinzione e visione. Ecco cosa ci hanno svelato l’interprete ed esordiente alla regia Pilar Fogliati e lo sceneggiatore del film Giovanni Veronesi.

Quella che infatti poteva apparire inizialmente come la sola resa a lungometraggio della fortunatissima e ormai notissima clip video pubblicata su YouTube nel 2019 – ed in seguito rintracciabile su tutte le altre piattaforme social – dalla stessa Fogliati, o comunque da una personalità dello spettacolo a lei vicina, nella quale la giovane interprete romana metteva in scena con apparente e sorprendente facilità una moltitudine di dialetti romani creando veri e propri personaggi, chiaramente bozzettistici, estremizzati e parodistici, in realtà si rivela essere molto di più.

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Romantiche scansa immediatamente il pericolo d’apparire una bieca operazione commerciale avviata sulla scia di quel successo virale tutt’oggi ricordato, dimostrando fin dai primissimi minuti quanto la sua idea di cinema, tanto rispetto alla struttura narrativa, quanto all’arco dei personaggi, sia forte e soprattutto generata da una riflessione importante e chiara rispetto alla volontà autoriale da parte della stessa Fogliati di raccontare con piglio deciso, caustico, grottesco, esilarante eppure dolcissimo una generazione che vivendo sospesa tra rincorsa del sogno, rassegnazione e false certezze, appare perduta e per certi versi relegata ad un immaginario surreale che inevitabilmente riflette la vita e la realtà attuale.

Il film è in uscita nelle sale a partire dal 23 febbraio, distribuzione a cura di Vision Distribution.

La nostra intervista video a Pilar Fogliati e Giovanni Veronesi, rispettivamente regista, interprete e sceneggiatore di Romantiche

Cosa hanno svelato Pilar Fogliati e Giovanni Veronesi su Romantiche?

Durante l’incontro stampa abbiamo avuto modo di raccogliere anche alcune dichiarazioni sull’elaborazione del progetto cinematografico e del lavoro compiuto dall’esordiente alla regia Pilar Fogliati e dal veterano sceneggiatore reclutato Giovanni Veronesi in merito al racconto giovanile e al riferimento inevitabile ai linguaggi di una commedia italiana immortale e personalissima, chiaramente riconoscibile nell’osservazione diretta delle quattro donne interpretate da Pilar Fogliati in Romantiche, ossia quella di Carlo Verdone.

La stessa Fogliati che interpreta e dirige il lungometraggio, dice: “Sono cresciuta con il cinema di Carlo Verdone. Era inevitabile dunque che il mio approccio al cinema e alla comicità risentisse di quelle influenze. I suoi sono personaggi che ho sempre amato, così grotteschi, divertenti e colmi di un senso di amarezza unico che solo Verdone sapeva portare in scena, dando corpo e anima a personaggi indimenticabili. Devo tutto al suo cinema e a quei personaggi, ecco perché non era proprio possibile partire da altro, se non dalle sue influenze e dall’imitazione di un mito. Spero di esserci riuscita nel modo più giusto, non imitando, ma richiamando”.

Parlando del fallimento in relazione alle quattro giovani donne di Romantiche e della codifica del linguaggio invece Pilar Fogliati ha detto: “Queste quattro ragazze guardano alle dinamiche della vita in un modo un po’ annebbiato, sperso, e in ognuna di loro c’è una certa coesistenza di inquietudine emotiva e dinamica del fallimento che persiste e influenza le loro scelte. Ciascuna di loro vivendo infatti una vita di instabilità sentimentale, paura del fallimento e di non riuscire a trovare una propria strada, non può far altro che andare per tentativi, talvolta illudendosi e sbagliando e talvolta imboccando, seppur casualmente e per azzardo la giusta direzione. Il fallimento ci riguarda un po’ tutti, perfino me stessa, e io sono partita da qui per dar vita alle quattro vicende di Eugenia, Uvetta, Michela e Tazia. In più c’era la questione della codifica del linguaggio, dell’andare oltre il dialetto romano, affinché quell’umorismo non parlasse soltanto con il pubblico romano, ma ad uno invece universale. Era importante scansare i cliché ed essere il più corretti e chiari possibili sulla caratterizzazione di queste quattro donne che sbagliano e divertono, in modo che chiunque potesse ritrovarvisi, oppure ritrovare un’amica, una conoscente. Approcciando a queste donne mi sono detta: questi personaggi non sono me, ma li conosco. Farò io stessa una brutta figura quando le mie amiche si ritroveranno in una o due di loro, ma va bene così”.

Lo sceneggiatore Giovanni Veronesi sul discorso generazionale, il racconto degli uomini “come coglioni” e la volontà di rinascere Lagotto. Fino a Nuti, Pieraccioni, Pilar e una tomba per Marco Giusti.

Giovanni Veronesi che ha scritto il film insieme a Pilar Fogliati e Giovanni Nasta, riflettendo sul discorso generazionale del film ha detto: “Io nel mio cinema i giovani li ho sempre raccontati, però ero giovane anche io. Questa volta, quando mi sono approcciato a Romantiche e al talento di Pilar, mi sono spaventato e ho capito che avrei dovuto compiere una doppia giravolta. Io che sono oltre boomer mi sono dovuto capitombolare nei panni e nella mentalità di un trentenne, prima giravolta, per poi riflettere sui personaggi, che sono tutti femminili, cercando di trattarli con più sincerità e aderenza al reale possibile e per me raccontare le donne, da sessantenne maschio non è stato così semplice, ma ci ho provato, seconda giravolta. Il discorso generazionale poi non l’ho vissuto soltanto dentro il film, ma anche dietro, nel percorso di scrittura compiuto nella mia casa al mare. Infatti finita ciascuna sessione di scrittura Pilar voleva sempre andare a fare il bagno in mare la sera tardi, ed io invece a letto. L’adulto ero io per fortuna, quindi si andava a letto”.

Sul tema degli uomini invece ha detto: “Quando ho scritto il film non ci ho pensato granché. Ma quando l’ho visto è stato inevitabile considerarlo, gli uomini sono dei veri coglioni! Mi sono preso in giro e trattato io stesso come coglione, rivedendo in loro certe dinamiche del mio vissuto. Questo sarà un po’ un problema per alcuni ma rende in qualche modo il film necessario per un pubblico maschile, affinché sia consapevole di questa condizione che comunque ci riguarda tutti, nessuno escluso”.

Su questa considerazione interviene la regista e interprete Pilar Fogliati dicendo: “Sono convinta che il mio fidanzato dopo aver visto questo mi lascerà. Senz’altro mi lascerà. È stato bello finché è durato”.

Moschettieri del re Giovanni Veronesi Cinematographe

Veronesi riflettendo poi sulla possibilità di rinascere in un’altra vita, non sceglie di rinascere donna, come ci si sarebbe potuti aspettare considerate le premesse ed il contenuto del film da lui scritto e in qualche modo creato, optando infatti per il Lagotto. Veronesi dice infatti: “Se potessi rinascere, credo che rinascerei Lagotto. I Lagotti hanno questo fiuto incredibile che li contraddistingue rispetto a qualsiasi altro cane. Io credo di aver avuto questo fiuto nella mia vita scovando alle origini, alle radici, quando ancora non erano nessuno, personaggi del calibro di Francesco Nuti, Leonardo Pieraccioni e ora Pilar. Individui che poi hanno sfondato e si sono fatti conoscere dal grande pubblico, creando veri e propri miti. Una questione di fiuto insomma che penso mi appartenga e spero non mi abbandoni mai, c’è ancora così tanto da fiutare…”.

Concludendo l’incontro stampa, Veronesi aggiunge infine un’ironica considerazione su di un elemento bizzarro che accomuna quasi ogni suo film, compreso Romantiche: “In ogni mio film, o quasi, cerco di dirigere una scena in un cimitero. E in ogni cimitero in cui giro, dedico una tomba a Marco Giusti. Lui lo sa e credo che si tocchi i coglioni ogni volta, anche se io non faccio altro che allungargli la vita. In un caso perfino dieci tombe ho dedicato a Giusti, questa volta invece una soltanto, perché l’altra, quella più visibile ho voluto dedicarla al mio eterno amico e fratello Francesco Nuti. Il film è dedicato a lui per me, così come quella tomba. Una dedica che è sottolineata perfino dalla presenza della sua canzone più bella, Primo Ottobre, recitata con grande efficacia e senso scenico da Giovanni Anzaldo. Questa volta era necessario”.