La primavera della mia vita dove è stato girato? Le location del film di Colapesce Dimartino
Scopriamo insieme le location del film diretto da Zavvo Nicolosi con Colapesce Dimartino. Protagonista è ovviamente la Sicilia che ha dato i natali al trio, ma nella sua veste più leggendaria!
Scrivere musica leggerissima, incasellando nelle parole e nelle note le zavorre (im)morali del nostro tempo è la specialità dei Colapesce Dimartino, riportare quella medesima ironia ricamata di malinconia, originalità e poesia nel buio della sala cinematografica è una missione che necessita di follia, coraggio e della maestria di un regista in grado di coagulare in immagini i pensieri di tre teste, tre anime, tre terre (anche se apparentemente è una sola). Zavvo Nicolosi, alla sua prima prova registica dopo un curriculum ricco di videoclip e successi in ambito musicale, è in questo trio l’uomo incaricato di intrappolare le immagini che scorrono in La primavera della mia vita: diapositive che lui stesso ha elaborato, essendo l’autore del film insieme Lorenzo Urciullo e Antonio Di Martino (in arte Colapesce e Dimartino). Fotografie che ritraggono un viaggio on the road in una Sicilia inedita, lontana dalla consueta rappresentazione cinematografica e vicina invece al suo lato più magico, al punto che spesso sembra di trovarsi in un teatro costruito ad hoc al fine di restituirci una Sicilia altra da quella che esiste nella realtà.
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La primavera della mia vita è ambientato in questa terra meravigliosa che ha dato i natali a Zavvo Nicolosi, Lorenzo Urciullo (originario di Solarino) e Antonio Di Martino (originario di Palermo), un’isola che sa mostrarsi differente in ogni scorcio e che racchiude in sé le più disparate anime dei popoli che nei secoli l’hanno conquistata, rendendola una terra che sa essere di tutti, ma che in fondo non si lega a nessuno, piuttosto è lei che lega chi l’attraversa, intrappolandolo per sempre nel suo turbinio di leggende.
Prima di parlare delle location de La primavera della mia vita è bene ricordare che nel film i due cantautori interpretano per certi versi i loro alter ego. Sono infatti due amici e colleghi di vecchia data che per divergenze creative si separano: mentre Lorenzo continuerà a lavorare nel mondo della musica, Antonio se ne distaccherà del tutto, abbracciando le ideologie di una setta ambientalista new age. Il pretesto che li farà ricongiungere sarà la stesura fittizia di un libro che li costringerà a effettuare un viaggio non solo fisico ma anche e soprattutto spirituale, un percorso in cui dovranno affrontare le loro paure e per certi versi anche le tappe della loro amicizia.
Va da sé che i luoghi messi in scena all’interno del lungometraggio si carichino di un significato particolare.
Palermo e Il Trionfo della Morte: la prima tappa del viaggio narrato in La primavera della mia vita
Nonostante le prime inquadrature ci dirottino in un contesto che potrebbe trovarsi ovunque e che viene idealmente localizzato nel nord Italia, il cuore geografico dell’opera cinematografica prodotta da Wildeside con Vision Distribution ci conduce al cospetto del Trionfo della Morte: l’iconico affresco di cui non si conosce l’autore, custodito presso la Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo.
Un tempo all’interno di Palazzo Sclafani, fu trasportato nell’attuale collocazione per mezzo della tecnica dello strappo in seguito ai danni dovuti al secondo conflitto mondiale. Un’opera che all’interno del film ha il compito di inaugurare il primo incontro tra i due amici, come se volesse anticiparci il fine ultimo dei loro destini.
Datato presumibilmente nel 1446 e commissionato dalla nobiltà aragonese, il Trionfo della Morte rappresenta al meglio la stagione gotica siciliana e porta in seno un messaggio coraggioso e carico di speranza, in cui a subire la scure della morte non sono i più deboli bensì i nobili e il clero, ovvero le fasce più potenti della società. Gli artisti, in questo contesto, si salvano, essendo gli unici in grado di tramandare la storia. Ne segue un elogio dell’arte senza precedenti, nonché una rappresentazione della morte che fugge dal timore e dell’angoscia per mostrarcela invece in una maniera strambamente vivace.
Alla luce di ciò, la prima tappa del nostro ipotetico viaggio inizia proprio da Palermo e nel dettaglio da Palazzo Abatellis, progettato alla fine del XV secolo da Matteo Carnilivari e rimaneggiato più volte, anche a causa dei danni causati dalla guerra. Al suo interno è presente anche una collezione dedicata ad Antonello da Messina.
La primavera della mia vita: Siracusa tra le location del film di Colapesce Dimartino. Dove si trova davvero la Grotta dei Giganti?
Nonostante altri scorci della città siano stati disseminati lungo la pellicola, l’attenzione dello spettatore non può che essere monopolizzata da quella che nella finzione viene chiamata Grotta dei Giganti e che nella realtà corrisponde all’Ipogeo di Piazza Duomo, situato a Siracusa. Si tratta di un percorso sotterraneo che collega Ortigia (ovvero la parte vecchia della città) al Foro Italico, in prossimità delle mura della Marina. In questo luogo, in cui i siracusani trovarono rifugio durante la Seconda Guerra Mondiale e in cui fu scavata una stanza sacra per custodire il simulacro e il tesoro di Santa Lucia (patrona di Siracusa), Colapesce e Dimartino apprendono la leggenda dei Lestrigoni, i mitologici giganti di cui narra l’Odissea la cui esistenza in La primavera della mia vita assume i lineamenti di una storia veritiera, supportata addirittura da una prova inconfutabile (e siamo chiaramente ironici!): una giacca salmonata doppio petto taglia XXXL.
Tra le location più suggestive del film appare anche uno dei simboli della città di Canicattini Bagni (in provincia di Siracusa): è sul Ponte Sant’Alfano, noto anche come Ponte di Alfano, che Lorenzo e Antonio si muovono durante il tragitto, disegnando immagini suggestive e in grado di trasportarci in un’altra epoca. Fatto costruire alla fine del ‘700 dal barone Giuseppe Landolina al fine di favorire il commercio tra il feudo di Alfano e il borgo di Canicattini Bagni, separati da Cava Bagni, questo ponte in stile liberty si fregia di un pavimento ciottolato e di un portale adornato da due statue. La pietra bianchissima sa amalgamarsi poeticamente alla natura così prorompente, dando quasi l’impressione che questa costruzione sia stata posta qui appositamente per stupire, oltre che per collegare simbolicamente i due caratteri così diversi dei protagonisti.
Nel loro viaggio on the road a bordo di una fantastica Ford Lazzaro di colore arancione Lorenzo e Antonio danno modo agli spettatori di attraversare alcuni scorci della Trinacria. Si tratta talvolta di strade provinciali apparentemente senza identità, quei tragitti che chi arriva nell’isola fa inevitabilmente e che si trovano disseminati nei dintorni di Siracusa, Vittoria, Acireale, Enna o giù di lì. Tra queste strade una in particolare lascia il segno, sinuosa come carezze color terra che si innalzano dolcemente in verticale, in una danza immobile che ci trasporta in atmosfere desertiche, strizzando l’occhio al cinema americano. Questo asfalto antico in cui scivolano le quattro ruote di un’automobile scassata però non è nel nuovo mondo, bensì nella valle del Simeto, in quello che viene più comunemente chiamato deserto dei Calanchi (o Calanchi di Centuripe); si tratta si un geomorfismo compreso tra i monti Erei e l’Etna, nei territori di Paternò (nella città metropolitana di Catania) e Centuripe (Enna).
Non vi stupirà sapere che non è la prima volta che la settima arte sfrutta questa location, che ha già fatto da set a film come La Bibbia di John Huston o Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini.
Tra le location de La primavera della mia vita l’isola Cornuta acquista un valore particolare per via della storia vera che si avviluppa alla leggenda.
L’isola in questione, appartenete all’arcipelago delle Eolie, deve il comico nomignolo a una vicenda avvenuta nei primi anni del ‘900 e rimarcata all’interno del film sia in forma esplicita, attraverso i dialoghi con Tancredi, che in modo implicito per mezzo del riferimento al pane fatto in casa.
Proprio il pane fu infatti protagonista di un’allucinazione di massa che coinvolse tutti gli abitanti dell’isola, perlopiù contadini, pastori e panificatori, che a un certo punto si dissero convinti di aver visto streghe, mostri, fantasmi e altre mirabolanti creature. A fargli raccontare certi eventi però non fu la semplice fantasia bensì l’assunzione inconsapevole di acido lisergico (che sta alla base della LSD), contenuto nella farina ricavata dalla segale cornuta, così detta per via delle escrescenze nere determinate da un fungo, la Claviceps purpurea.
Nella realtà l’isola in questione è Alicudi, la più selvaggia delle isole Eolie, caratterizzata da casette di muri a secco e panorami mozzafiato. Pochi i monumenti da vedere (tra questi la chiesetta dedicata al patrono San Bartolo e la particolare Chiesa del Carmine) ma diverse le imprese naturalistiche in cui cimentarsi. All’interno de La primavera della mia vita questa terra fa da sfondo al viaggio che intraprende Lorenzo nel suo passato e nel suo inconscio, nonché alla carismatica interpretazione di Madame che intona il brano il cui titolo coincide con quello del lungometraggio.
Se l’ambientazione è l’isola di Alicudi, però, certe inquadrature sembrano dirottarci verso le contorte vie della Riserva Naturale Orientata La Timpa di Acireale, all’interno della quale si snodano diversi percorsi di trekking, come quello che collega la città di Acireale a Santa Maria La Scala, un tempo frequentatissimo poiché rappresentava l’unico modo per raggiungere il mare dalla città. Ed è proprio questo tragitto squadrato che sembra apparire nel film, insieme chiaramente agli scorci palermitani e catanesi e alla bellezza senza tempo di borghi come Aci Trezza e Aci Sant’Antonio.
Etna e arancini: il simbolo della Sicilia nel mondo!
Le sfumature di lapislazzuli del mare cullano i viandanti protagonisti di questa pellicola, traghettandoli verso la suddetta isola a bordo del galeone di Tancredi (che sembra essere ancorato al porto di Siracusa).
Persino sua maestà l’Etna, simbolo per eccellenza della Trinacria, fa capolino tra i luoghi de La primavera della mia vita, prestandosi alle fantasticherie legate alla leggenda di Re Artù.
In tale contesto non possono mancare ovviamente i riferimenti culinari. Nonostante il personaggio di Antonio Di Martino, per via della sua fede alla setta ambientalista, si cibi esclusivamente di semi, siamo pur sempre in Sicilia e certi riti gastronomici sono d’obbligo, come ad esempio la consumazione dell’arancino (o arancina), mangiato sul traghetto, come spesso fa chi è costretto a vivere fuori dalla propria terra d’origine e così ne acquista uno nel primo posto in cui è disponibile, in attesa di approdare finalmente presso le sponde natali.
Nata probabilmente durante la dominazione araba, l’arancina si prepara con riso, zafferano e carne trita. Nel corso dei secoli il condimento è stato modificato, assecondando scoperte culinarie e abitudini isolane, ma mantenendo pur sempre fede a determinate regole di preparazione. Ancora oggi c’è un dibattito aperto tra la Sicilia occidentale e la parte orientale dell’isola per via della corretta nomenclatura di questo cibo: arancina o arancino? Meglio tondo o a punta? Col ragù o senza? Ognuno di fatto ha i suoi riti e chi raggiunge questa terra, per non far torto a nessuno, ne assaggia ogni tipologia. Colapesce e Dimartino, per ovviare alle polemiche, non ci mostrano il contenuto ma ci tengono a informarci che macchia per via dell’olio di frittura e questo basta, questo è l’essenziale!
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La primavera della mia vita è prodotto da Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wildside, società del gruppo Fremantle, da Vision Distribution, coprodotto da Filippo Sugar ed Elisabetta Biganzoli per Sugar Play, in collaborazione con Sky e con Prime Video con il sostegno della Regione Siciliana, Assessorato del Turismo dello Sport e dello Spettacolo, Sicilia Film Commission.