Wang Bing: intervista al regista di Ku Qian, Premio Orizzonti a Venezia 73
Fresco di vittoria per la categoria Orizzonti col premio Miglior Sceneggiatura alla 73a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, il regista cinese Wang Bing ci ha rilasciato un’intervista, raccontandoci dettagliatamente interessanti aneddoti del suo ultimo documentario Ku Qian.
Cosa hai voluto comunicare con Ku Qian? Perché hai deciso di marcare profondamente il precariato cinese facendo palesare un complesso di malessere esistenziale senza fine?
C’è stata una costante in Cina che dagli anni ‘90 agli anni 2000 ha avuto un grande sviluppo per poi arrestarsi del tutto. Io ho deciso di mostrare nella maniera più analitica possibile questo cambiamento.
Alla proiezione pubblica di Ku Qian sei stato visto visibilmente provato. Non ti aspettavi un’acclamazione così concitata da parte del pubblico oppure è un tuo modo usuale di reagire?
A dire il vero ho avuto lievi problemi di salute quindi non sono riuscito a stare seduto tutto il tempo durante la proiezione; ho dovuto alzarmi, camminare un po’ e fumarmi una sigaretta…
Chi è Wang Bing? Cosa puoi dirci della tua ideologia stilistica?
La mia ideologia stilistica è chiara: eseguo una profonda riflessione sul film sia nella sua forma che nella sua interezza narrativa, cercando di armonizzarla il più possibile secondo la mia concezione registica, senza sapere la direzione che devo intraprendere durante lo svolgimento pratico. Per me l’importante è fare un buon film, indipendentemente dai termini di comparazione che parecchi critici mi fanno con altri registi.
Cosa si prospetta per il futuro?
Il documentario che ho presentato qui a Venezia è solo un decimo di quello che ho girato, tralasciando, per mia scelta, altri dettagli che ho ottenuto durante le mie inchieste. Sto lavorando ad un secondo lavoro non dissimile nella sua forma da quello che ho presentato. Sarà quindi un continuo di Ku Qian.
Con i tuoi documentari ti limiti a voler far conoscere aspetti irrisolti della Cina oppure miri a ben altri obiettivi?
La Cina è differente dall’apparato occidentale e la cultura ha anche a che fare con la politica quindi a volte certi film non possono essere espressi liberamente; i documentari possono invece sprigionare quella libertà d’espressione negata dai governi. Per questo io ho intrapreso la “vita del documentarista.