Christian – Stagione 2: recensione della serie Sky Original
Christian - Stagione 2, la serie Sky Original con Edoardo Pesce e Claudio Santamaria, è in onda su Sky e in streaming solo su NOW dal 24 marzo 2023.
Il mondo continua ad avere bisogno di santi. Dal 24 marzo 2023, in onda su Sky e in streaming solo su NOW, arrivano i sei episodi di Christian – Stagione 2, l’atteso sequel della serie crime drama/supernatural prodotta da Sky Studios e Lucky Red in collaborazione con Newen Connect. Diretta da Stefano Lodovichi, anche produttore creativo e sceneggiatore insieme a Valerio Cilio, Patrizia Dellea, Valentina Piersanti, Francesco Agostini e Giulio Calvani. Non è questione di etichetta; fare nomi e cognomi serve perché c’è sempre una lezione da imparare. Nel nostro caso è questa: a valle una buona storia ha bisogno di molte cose, a monte, essenzialmente, di una buona scrittura. Si scrive bene se si scrive in tanti. Di più: si può essere bravi, si può essere originali. Bravi e originali insieme, è complicato. A Christian – Stagione 2 riesce; prendiamolo come l’ennesimo miracolo, stavolta fuori scena, dell’omonimo protagonista.
Christian “santo picchiatore”, profeta suo malgrado, eroe emarginato felicemente coatto, guaritore di periferia alle prese con il più insperato dei doni; modi bruschi e cuore d’oro, senza scordare l’ambiguità. Messia o Anticristo? Nell’alveare di cemento della Città-Palazzo, Edoardo Pesce, Claudio Santamaria, Silvia D’Amico, Antonio Bannò, Francesco Colella, Gabriel Montesi e le new entry Camilla Filippi e Laura Morante attraversano le mille sfumature di un racconto denso, stratificato e decisamente pop. Un caos consapevolmente orchestrato che sa di realismo e dilatazione soprannaturale, dramma e commedia, coralità della narrazione e ambienti che parlano (la Città-Palazzo, ancora una volta, ha lo spessore e la profondità di un vero personaggio). Liberamente tratta da Stigmate, graphic novel a firma Piersanti/Mazzotti.
Christian – Stagione 2: da grandi miracoli derivano grandi responsabilità
Dove eravamo rimasti? Sparita la mamma, Italia (Lina Sastri), liquidato il boss, Lino (Giordano De Plano), per Christian (Edoardo Pesce) non ci sono più scuse: è ora di decidere una volta per tutte cosa fare da grande. Nel frattempo, la serie cresce insieme ai personaggi. Se la prima stagione poteva somigliare all’età dell’innocenza – l’infanzia del santo che scopre le stimmate, misura le implicazioni del dono e comincia a chiedersi cosa farne – Christian – Stagione 2 è l’inizio di qualcos’altro: la maturità, per la vecchiaia è presto, piuttosto l’ora delle decisioni difficili. Da grandi miracoli derivano grandi responsabilità. Lo stupore dei primi miracoli lascia spazio nel protagonista a una sorta di accettazione, quanto lucida lo deciderà lo spettatore: ciò che fino a ieri era impossibile ora è diventato una possibilità concreta. Si possono fare tante cose. Resta solo da capire quali.
La situazione nella Città-Palazzo non è delle più semplici. La morte di Lino ha lasciato un vuoto di potere che in un modo o nell’altro deve essere colmato, con pretendenti che spuntano come funghi e la guerra civile alle porte. Christian è un successore appetibile. Glielo aveva suggerito anche il Biondo (Giulio Beranek), l’amico ultraterreno un po’ Yoda un po’ angelo custode (ossigenato): il dono è l’occasione giusta per instaurare un nuovo regno nella Città-Palazzo. Al suo fianco, a fargli da bussola morale, c’è sempre Rachele (Silvia D’Amico), amica, confidente e partner in affari. Christian non è mai da solo. Insieme a Penna (Gabriel Montesi) o magari con Davide (Antonio Bannò), migliore amico nonché figlio di Lino; nella scorsa stagione l’avevamo lasciato nel mezzo di un brutto quarto d’ora con la sua ragazza, Michela (Romana Maggiora Vergano). C’è anche Tomei (Francesco Colella), il cinico medico di quartiere che sarà pure dalla parte di chi paga meglio, ma a modo suo resta fedele al protagonista.
Non solo. La prima stagione, vale la pena di ricordarlo, era costruita sulle sottigliezze di un “passo doppio” narrativo. Alla prepotente esplosione dei prodigi di Christian, messia supereroe, faceva da contraltare lo scetticismo ostinato di Matteo (Claudio Santamaria), emissario del Vaticano e smascheratore di frodi di professione. Anche Matteo, a suo tempo, aveva familiarizzato con il Biondo, consumando nell’attesa del suo ritorno una vita di perplessità e sconforto. Poi l’incontro con Christian, diversi dubbi e un miracolo che non può lasciarlo indifferente. Matteo attraversa Christian – Stagione 2 nel cuore della Città-Palazzo, segnato dall’incontro con due donne e una buona dose di mistero. Una, Laura Morante, sembra saperne più di quanto dice; convince Matteo a installarsi nella Città Palazzo perché Christian si capisce meglio se lo guardi da vicino. L’altra si chiama Esther (Camilla Filippi); abita lì anche lei ma solo Matteo sembra accorgersene.
Christian & Rachele & Matteo & gli altri: tutta questione di gioco e libero arbitrio
Christian – Stagione 2 rilancia, aggiornandole, ambizioni e premesse del primo capitolo. I temi si complicano, le psicologie si affinano; la posta in gioco aumenta di tanto, come i rischi e le ricompense, nella logica di un ostinato gioco al rialzo. Potrebbe essere altrimenti? La prima stagione, divertente ed emozionante, pop e ultraterrena, densissima di influenze e riferimenti, faticava a fare delle sue tante piste un minestrone organico. Il crime drama solidissimo, ma anche un po’ derivativo. Il soprannaturale spiazzante, soprattutto in riferimento al contesto in cui veniva calato, ma sempre un mondo a parte rispetto al, diciamo così, romanzo criminale. Umorismo e dramma legavano, certo, meno di quanto avrebbero potuto e dovuto.
L’impressione era di una serie riuscita e molto, molto originale, che al suo interno ne conteneva tre: una realistica, una per niente, la terza a metà strada. Farle comunicare era complicato. Una confusione inevitabile, anche perché l’idea di partenza era confrontarsi con lo straniamento di personaggi impegnati a distruggere la mappa delle antiche certezze per costruirsi un mondo nuovo, letteralmente risorgendo a diversa vita. Per il secondo tempo della storia, l’auspicio è sempre stato di una maggiore coerenza. Christian – Stagione 2 è, finalmente, una serie crime drama/supernatural laddove la prima era supernatural e crime drama. Non prendete sotto gamba la sottigliezza: se questa distinzione ha tutt’al più l’appeal di una disputa teologica dell’Alto Medioevo, va evidenziata lo stesso perché ci aiuta a comprendere il buono, ce n’è tanto, di questa seconda stagione.
Stavolta, la nota che vibra è una e cattura tutto, i panni sporchi e i miracoli (agiscono sul corpo per guarire l’anima), le risate e il dolore intorno. Un blocco granitico e le sue mille sfumature. Il gioco è il pretesto narrativo e la molla tematica, perché lega d’istinto con il discorso sul libero arbitrio e la ricerca dell’identità. Christian è libero di essere il Messia che pensa di poter diventare, o deve conformarsi all’arbitrio di chi sta sopra di lui? E per noi, vale lo stesso? La storia respira anche grazie alla personalità dei suoi tanti piccoli/grandi eroi di borgata, giustamente si parla, da parte degli autori, di gloriosa quotidianità pop, di utopia coatta. Edoardo Pesce e Silvia D’Amico esibiscono un eroismo fuori dal comune e un po’ ambiguo che sa di commedia all’italiana, Claudio Santamaria una malinconia insinuante, Laura Morante e Camilla Filippi freschezza e mistero. Colella, Bannò, Montesi e gli altri portano in dote un sapore di autenticità e calore umano al ritratto di vite ai margini. Tutto per continuare a porre la domanda delle domande, chi siamo e dove andiamo. Fingendo di riservare la risposta alla prossima puntata.
Christian – Stagione 2: conclusione e valutazione
Stefano Lodovichi e il suo team creativo fanno le cose in grande e le fanno bene. Non si limitano a perfezionare il dosaggio e il rapporto tra gli ingredienti, garantendo alla seconda stagione una coerenza di fondo che mancava alla pur notevole prima parte. Addirittura ne complicano l’impianto tematico, senza mai sbilanciarlo. La domanda resta sempre la stessa: siamo angeli o diavoli? – ma si aggiunge una postilla, che ne approfondisce il senso aprendo la strada a prospettive inedite: ammesso e non concesso che abbiamo le idee abbastanza chiare sul percorso che vogliamo intraprendere, ci sarà concesso imboccarlo? Christian può essere la migliore versione di se stesso, o sarà sempre la pedina di un gioco condotto da altri? Per il resto, il lavoro sugli ambienti e lo spessore delle caratterizzazioni secondarie è sempre pregevole.