Rabbit Hole: recensione della serie con Kiefer Sutherland
La recensione Rabbit Hole, la serie con Kiefer Sutherland in uscita su Paramount+ ad alto contenuto di azione e adrenalina.
Disponibile sulla piattaforma streaming Paramount+, Rabbit Hole è la serie che vede Kiefer Sutherland tra i suoi protagonisti: una spy story che ci tiene con il fiato sospeso. Gli otto episodi che compongono la prima stagione tracciano la storia di John Weir (interpretato appunto da Sutherland), una spia industriale, che viene incastrato per omicidio da una fitta tela di depistaggio e menzogne, volte a disinnescare le sue capacità di muoversi liberamente. Dietro questo inganno ai suoi danni si celano varie voci potenti e autorevoli appartenenti ai piani alti di un’organizzazione intenzionata a prendere il controllo dell’economia di tutto il mondo. John Weir, abituato a utilizzare l’arte della dissimulazione a suo favore (manipolando i clienti e le rispettive vittime finanziarie per far loro guadagnare ingenti somme), si trova adesso costretto a fuggire, con un’accusa gravissima di omicidio di un investigatore del Dipartimento del Tesoro; da un lato deve quindi fronteggiare il carico penale pendente nei suoi confronti, dall’altro lato deve fare anche i conti con l’aspetto sociale e di reputazione lesa che in ogni caso potrebbero mettere fine alla sua carriera. Tutto questo mentre cerca di gestire la minaccia di una potenza che lo vuole evidentemente fuori dai giochi.
Rabbit Hole: la serie con Kiefer Sutherland ad alto contenuto di azione e adrenalina
Vale la pena togliere subito il dubbio e avvisare che la serie Rabbit Hole non ha niente a che fare con il film omonimo con Nicole Kidman. Kiefer Sutherland torna a essere protagonista di una serie ad alto contenuto di azione e adrenalina, confermando ancora il suo fascino e la sua bravura già dimostrati in serie come 24 e Designated Survivor. Azione, tensione e spettacolarità sono le parole chiave con cui Rabbit Hole decide di prendere forma, sotto la guida creativa di John Requa e Glenn Ficarra. Proprio nelle mani di un bugiardo professionista resta appeso il destino dell’intera umanità, per cercare di preservare il mondo come lo conosciamo e la sua idea di democrazia. Sutherland si conferma all’altezza della situazione e dei suoi precedenti ruoli in ambito seriale, con un personaggio controverso e dall’etica discutibile, ma i cui intenti finali sono molto più grandi del singolo individuo. Tra sequenze ad alto tasso di azione, combattimenti ed esplosioni e iterate illazioni sulle capacità tecnologiche di questo invisibile nemico, Rabbit Hole rischia di perdere di vista le fila del racconto, confondendo le idee al pubblico e quasi sembra che lo faccia anche ai suoi stessi personaggi; la brevità della stagione, in compenso, aiuta a gestire la quantità di informazioni, in modo da poter poi estrarre, tra uno sparo e una fuga, tutto quanto necessario per ricomporre il puzzle.
Rabbit Hole: conclusione e valutazione
La regia di Rabbit Hole si comporta da enunciatrice trasparente di quanto contenuto nella sceneggiatura, ricca di iperbole e ripetizioni di trama in favore di una fioritura di esplosioni e altre sequenze di azione. In compenso, il volto di Kiefer Sutherland è una garanzia, tanto che anche in questo caso porta sullo schermo il personaggio di John Weir dando vita a un appassionato ritratto affascinante e sempre in cerca della verità. Da un punto di vista prettamente estetico e di atmosfera, il trattamento riservato alla fotografia e al sonoro è, manco a dirlo tutto volto a dare risalto alle azioni messe in scena, similmente a quanto messo in atto dalla regia. Tutti aspetti, quindi che cercano di rimanere trasparenti, per dare risalto a un personaggio unico e centrale, assoluto focus narrativo della serie, e soprattutto alle sue continue fughe spettacolari.