A passo d’uomo (Sur les chemins noirs): recensione del film
Al film, che ha aperto la 72ma edizione del Trento Film Festival. è nelle sale italiane con Wanted Cinema dal 19 ottobre 2023.
Ispirato all’omonimo romanzo di Sylvain Tesson, scrittore e viaggiatore francese, pubblicato nel 2016, A passo d’uomo (Sur les chemins noirs) è un racconto drammatico diretto da Denis Imbert.
Pierre, interpretato dal Premio Oscar Jean Dujardin, è uno scrittore appassionato di viaggi, che vive in modo sregolato tra vizi e dipendenze varie, in particolare dall’alcool, suo fedele compagno di avventure per lo più spiacevoli e spesse volte pericolose.
Una sera come tante, un bicchiere di troppo lo metterà in serio pericolo, facendolo precipitare dalla facciata di un albergo; il forte impatto gli causerà lo stato di coma.
La dipendenza, il dolore, l’affronto e la salvezza
Nell’imbastitura cinematografica questo è il momento in cui il “prima” troverà la sua fine per dare spazio a un “dopo” che marcherà tutta la narrazione con una cronologia retroattiva e a volte disordinata.
Pierre, uscito dal coma dopo diverse settimane, deve sottoporsi a diverse terapie riabilitative per recuperare soprattutto le sue facoltà motorie. Se riesce a cavarsela, Promette a sé stesso, di intraprendere un viaggio in Francia da Sud-Est a Nord-Ovest, percorrendo la famosa diagonale del vuoto dai sentieri neri, 1300 chilometri, dal Mercantour al Cotentin.
A passo d’uomo: il viaggio interiore per riscoprirsi e appassionarsi alla vita
Gestire la sofferenza, affrontarla anche scontrandosi con essa, rappresenta, in chiave metaforica, raggiungere un traguardo che segnerà il cambiamento rispetto al passato.
Il viaggio diventerà il secondo protagonista e il paesaggio conterrà la struttura narrativa dell’intero film.
Un viaggio che pone grossi i limiti e difficoltà che sembrano però corrispondere ad un cambiamento interiore e alla scoperta di un animo diverso, del tutto nuovo.
Il fascino di questo film, non si esprime solo attraverso la ripresa di un paesaggio meraviglioso, ma soprattutto nel riflesso dello stesso attraverso lo sguardo di Pierre che sente addosso uno stupore quasi infantile nell’osservare una natura che sembra parlargli; accorgersi dell’esistenza delle cose, della loro maestosità sarà per il protagonista, Pierre, una vittoria, la vittoria di un uomo che ha abbandonato un passato pesante scegliendo di cercare un senso nuovo per la sua esistenza.
Un passato sconfitto che apre alla vittoria che significa rinascita, questa la linea psicologica lungo a quale scorre l’intero film. Un viaggio liberatorio e riconciliante; A passo d’uomo, per tracciare il percorso di un cambiamento necessario; A passo d’uomo per ridefinire il rapporto uomo – vita. Un viaggio attraversato da una brezza che armonizza gli opposti, crea connessioni interiori, lenisce il dolore e regala una silenziosa felicità. Una lezione di coraggio dove il protagonista si misura con le proprie fragilità in un viaggio quasi solitario con rari incontri lungo la strada, una sosta in un monastero, la visita della suora e dell’amica di una vita che si uniscono a lui per un pezzo di strada.
A passo d’uomo (Sur les chemins noirs): valutazione e conclusione
Denis Imbert ha volutamente realizzato una sequenza visiva lenta, quasi ad emulare la lentezza ritmica di una lettura. Che non sia per questo poco adattabile ad un contesto cinematografico? Che non sia attenga troppo ad una personalità editoriale ben definita? Si tratta sicuramente di film labirintico dal punto di vista emotivo, una ritmica altalenante ma semplice nella scrittura e nella struttura tecnica, ambientato completamente in una natura a tratti selvaggia che permette allo spettatore di scoprire una parte autentica della Francia.