Bruce Willis: una nuova cura accende una speranza per la malattia dell’attore
"I dati clinici e neurofisologici fino ad oggi raccolti sono molto incoraggianti", ha dichiarato il neurologo che si è occupato dello studio.
C’è forse una speranza per Bruce Willis, così come per tutti i malati della cosiddetta malattia neurodegenerativa “demenza fronto-temporale”. Secondo un recente studio presentato al 25/mo Congresso dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria (Aip) curato da Giacomo Koch, neurologo professore ordinario di fisiologia all’università di Ferrara e direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia sperimentale della Fondazione Santa Lucia, ci sarebbe una molecola che potrebbe combattere efficacemente la neuroinfiammazione che, ve lo ricordiamo, compromette le funzioni esecutive frontali, il deficit del linguaggio o provoca cambiamenti del comportamento e della personalità, oltre ad un grave declino del funzionamento globale.
Lo studio che accende una speranza per Bruce Willis e tutti i malati della demenza fronto-temporale
“Attualmente, non esiste un trattamento farmacologico efficace specifico per rallentare la progressione della malattia e le strategie terapeutiche si basano principalmente sull’uso di agenti sintomatici per controllare i sintomi comportamentali. Recenti scoperte supportano l’idea che la neuroinfiammazione sia un elemento chiave nel processo patogenetico della Ftd a partire dalle prime fasi di malattia ed è stato ipotizzato che nuovi farmaci mirati a modulare la neuroinfiammazione cerebrale possano potenzialmente rallentare la progressione della malattia“, ha dichiarato il dottor Koch.
Lo studio, sottolinea il neurologo – ha indagato “l’impatto clinico della molecola Pea sulla gravità della malattia e gli eventuali effetti benefici sui deficit cognitivi, sui sintomi comportamentali, sulle autonomie della vita quotidiana ed il rallentamento della progressione del declino funzionale. Inoltre, con un approccio multimodale (cognitivo e neurofisiologico) sono stati indagati i correlati cerebrali associati al trattamento con Pea-lut, facendo così notevoli passi avanti nella comprensione della fisiopatologia della malattia. I dati clinici e neurofisologici fino ad oggi raccolti sono molto incoraggianti. In un altro recente studio pilota del nostro gruppo pubblicato nel 2020 abbiamo indagato gli effetti cognitivi, comportamentali e neurofisiologici di un mese di somministrazione di coultrapea-lut alla dose orale di 700 mg due volte al giorno in un campione di 17 pazienti.