Le origini del male : recensione del film di John Pogue
Le origini del male è una pellicola diretta da John Pogue del 2014, con Jared Harris, Olivia Cooke e Sam Claflin.
Veniamo catapultati direttamente all’Università di Oxford, negli anni ’70, dove un luminare delle dottrine paranormali e telecinetiche tiene delle lezioni piuttosto particolari su eventi che poco hanno a che fare con la scienza: il professor Coupland spiega ai suoi studenti che ogni fenomeno dichiarato paranormale, medianico ed ogni manifestazione inspiegabile è semplicemente un parto della mente, una proiezione della coscienza che ha subito dei danni, dei raggiri e che in preda a convinzioni talvolta demoniache è spinta a credere ad una propria possessione, quando la verità al contrario è che la psiche convive con una distorsione, una nevrosi particolarmente esplosiva, reale e dimostrabile.
Le origini del male: una ricerca fra scienza e fede sulla verità su possessioni ed esorcismi
In una stanza dell’università londinese il professore tiene segregata una ragazza soggetta ad eventi molto singolari, Jane Harper, orfana e con tendenze suicide. Jane ha poco più di 18 anni, non ha mai vissuto un’esistenza tranquilla, traghettata di casa in casa fin da quando era in fasce a causa del proprio male, perseguitata fin da bambina da una presenza nella sua testa, Ivy. Il professor Coupland, che in passato ha già trattato con persone con queste problematiche, ha come scopo primario dimostrare l’inconcludenza dell’esorcismo, di come non ha mai aiutato o risolto nulla e di come trattando scientificamente il problema con la paziente avrebbe estirpato il male, dividendolo fisicamente da lei e separandole come in un intervento chirurgico.
Tre dei suoi studenti partecipano alla sua indagine, affascinati e stupiti da quanto le manifestazioni possano essere spiegabili scientificamente. Jane non controlla questa presenza, Ivy, la cui figura è determinata dal professore come una credenza, un culto che le hanno indottrinato da bambina, niente di demoniaco o satanico, ed egli è l’unico che di conseguenza non ricorrerebbe a metodi medievali o trattamenti di stampo esoterico per curarla.
Brian (Sam Claflin) è uno studente appassionato di cinema che viene scelto dal professore per riprendere tutta la ricerca e le manifestazioni di Ivy, ma lui essendo novello è molto ben impressionabile e doppiamente più incline a rimanere affascinato da questa ragazzetta spaventata e imprigionata.
Le indagini continuano e si trasferiscono dall’università ad un casale di campagna per mancanza di fondi, Ivy diventa sempre più violenta e sadica e il professore dovrà mostrare tutte le sue carte nascoste per dichiarare quanto realmente sia coinvolto in questa faccenda e nella risoluzione di un dilemma in bilico tra scienza e paranormale.
L’unica forza de Le origini del male è la ricerca come mezzo per esplicare ciò che generalmente viene archiviato come fenomeno demoniaco
Le origini del male è una pellicola inconcludente, con delle falle detestabili, la cui unica forza è insita nella ricerca come mezzo per esplicare ciò che generalmente viene archiviato come fenomeno demoniaco, ma la stessa pellicola non si pone nella giusta visuale per determinare un filo logico da intraprendere. Il professore dichiara di voler liberare Jane dal suo male come in un intervento, estrapolando il male che si manifesta costringendolo prima a diventare un ectoplasma, pare facile, e poi espellendolo chirurgicamente o con forzature di una taratura da esorcista gridandogli prima “manifestati” poi “vattene”. A questo punto sarebbe bastato un prete con il suo incenso e l’acqua santa e non inutili prese in giro sulla grandezza della scienza e la dimostrabilità effettiva quando lui è il primo a non crederci minimamente.
La malattia mentale di Jane è il fulcro, è la rampa di lancio di una pellicola che avrebbe apportato una modernità a quel genere di horror che tenta di spiegare il paranormale, in questo caso, finendo per rinnegarsi totalmente e svanendo nel vuoto cosmico.
La pellicola è condensata dai paradigmi del genere come rumori sordi, tonfi nelle pareti, cigolii, porte che si aprono con la conseguente esclamazione “ma chi mai sarà?”, tinte oscure, oggetti che cadono, sangue che non sgorga come dovrebbe anzi è un grande assente nella pellicola, morte che avviene solo dietro la cinepresa, urla a squarcia gola lanciate in modo dissonante, luce che viene via, riprese alla mockumentary e il culmine finale nella soffitta, culla di tutti i mali e di ogni spaventevole epilogo che non ha la forza necessaria di consumarsi in modo meritevole e far raggelare il sangue come dovrebbe.