Anthony Hopkins: “Da giovane non ero molto sveglio, volevo fare il musicista”
Il premio Oscar è stato ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, dove ha raccontato la sua iconica carriera.
Su Rai 3, ospite a Che tempo che fa, Anthony Hopkins ha parlato della sua carriera, dagli inizi fino al premio Oscar per The Father che, come lui stesso ha dichiarato, “non si aspettava”. Per festeggiare la vittoria è venuto in Italia a bere del buon vino. “Recitare è l’unica cosa che so fare” dice lui anche se, quando era giovane, voleva fare tutt’altro.
“Volevo fare il musicista, quando ho iniziato la mia carriera, ero ragazzino, poi chissà perché sono diventato un attore, non so come ho fatto”, rivela Anthony Hopkins a Che tempo che fa
Sull’inatteso Oscar vinto per The Father, la sua assenza durante la cerimonia di premiazione e i festeggiamenti in Italia, l’attore de Il Silenzio degli Innocenti racconta: “Non mi aspettavo proprio di riuscire a vincere un Oscar. È stata la più grande sorpresa della mia vita. Ero in Galles, erano le 4 del mattino e chiama il mio agente per comunicarmi che avevo vinto l’Oscar. Non riuscivo a crederci! Allora, per festeggiare, siamo venuti in Italia, in Toscana”.
“Recitare è l’unica cosa che faccio e che so fare. Il motivo per cui mi piace recitare è che continui a lavorare, è molto meglio di qualsiasi altro lavoro e a me piace tantissimo”, svela Anthony Hopkins. “Avevo 29 anni e il mio primo film è stato fatto con due grandi star, Peter O’Toole e Katharine Hepburn. Abbiamo provato e subito Catherine mi diede un consiglio, ‘non recitare, dì le battute!’. Il segreto, almeno per me, è questo: devi conoscere assolutamente bene il copione, altrimenti non funziona nulla. L’unico consiglio che mi sento di dare ai giovani attori è ‘imparate le battute, analizzate il copione, andate al di là delle parole e dello stile; poi diventerà vero e potrete modificarlo a ogni ciak’.”
Come si prepara un attore del suo calibro? Leggendo il copione “anche 500 volte”! “Io non sono uno psichiatra o uno psicologo, però sono assolutamente convinto che il ruolo che interpreti ti entra profondamente dentro, diventa parte di te. Praticamente è un altro modo di definire il metodo Stanislavskij”.
Sulla sua infanzia e la capacità di riscatto Anthony Hopkins ammette: “Quando ero giovane non ero molto sveglio, ero una disperazione come studente però avevo un dono: mi sono reso conto che se usi il tuo dubbio e la tua inferiorità e la consideri un dono è il più grande dono che puoi avere perché questo ti spinge in avanti. Avevo 15 anni, non avevo alcuna idea che sarei diventato attore. Mio padre era molto preoccupato. Mi ricordo il momento in cui dissi, non con rabbia ma rendendomi conto della mia inadeguatezza, ‘un giorno vi farò vedere a entrambi’ e mio padre rispose ‘spero di sì’. È stato proprio quel pulsante a dare la forza dentro di me, mi ha fatto scattare ciò che mi permette di essere qui oggi, altrimenti non c’è altra spiegazione per la vita che ho avuto.”
“La vita non è semplice però puoi superare i problemi. Io sono convinto che mi sia capitato questo nella vita perché non avevo affatto idea fino a quel momento di quello che mi sarebbe successo. Probabilmente qualcun altro scrive il copione delle nostre vite, c’è qualche altra cosa, forse all’interno di noi, Dio, chiamatelo come volete, è lui che scrive il copione della nostra vita. La grande cosa positiva è proprio la libertà, noi non siamo responsabili neanche per un istante di quello che abbiamo fatto”.