Biografilm 2023 – Is There Anybody Out There? – recensione

Un documentario che si fa processo di autorappresentazione di una donna disabile

Il primo lungometraggio di Ella Glending, Is There Anybody Out There?, in concorso al Biografilm Festival 2023 è una sorta di racconto in prima persona dell’esperienza di donna disabile della Glending. La giovane regista infatti è nata con una rara forma di disabilità: senza articolazioni dell’anca e con i femori molto corti.

Il film usa le interviste dei genitori della donna, estratti di videochat con altre persone affette da disabilità e “slice of life” di Ella, come per esempio le riprese della nascita del primo figlio, per costruire un viaggio intimo. La Glending vuole documentare non tanto una realtà fattuale – comunque offerta al pubblico – come può essere quella caratterizzata dalle difficoltà quotidiane che una persona disabile è costretta ad affrontare. Piuttosto cerca di utilizzare immagini di varia natura, non sempre pensate per il linguaggio filmico, al fine di creare un documento del processo di costruzione, che la regista intraprende, di una identità libera dai pregiudizi e in pace con la propria condizione corporea.

Contro la Tirannia del (la immagine) normale

Is Anybody Out There recensione Cinematographe.it

Ella ci racconta della necessità di cercare altre persone come lei e contemporaneamente inserisce tale ricerca in un landscape mediatico fatto di immagini di documentari vintage sulla disabilità e spezzoni di Freaks, il famigerato film di Tod Browning del 1932. Ovvero contrappone un immaginario istituzionale e normato della disabilità all’autorappresentazione della stessa.
L’immaginario filmico si lega così a quello del documentario didattico in una malefica alchimia tesa a restituire la rappresentazione della disabilità come la rappresentazione di un’alienazione sociale. Cioè di una differenza mostruosa, che suscita stupore e spavento, in quanto mostra dei corpi non normati, cioè dei corpi che mettono in crisi l’intero sistema di categorizzazione del reale imposto dall’ordine sociale. Questo tipo di rappresentazioni, lungi dall’essere stato la causa della nascita di certi pregiudizi nei confronti della disabilità, ne è invece stato lo specchio. Spiega infatti Fiedler ne La tirannia del normale come certe immagini della letteratura e del cinema non siano altro che dei moderni miti e in quanto tali, “proiezioni di certi impulsi inconsci altrimenti confessati solo nei sogni, ma che, una volta saliti al pieno livello di coscienza, servono come filtro della percezione attraverso la quale vediamo la cosiddetta «realtà»”.

Is Anybody Out There recensione Cinematographe.it

La Glending lo capisce bene e capisce anche che l’unico modo per modificare tali pregiudizi consiste nell’offrire immagini e miti alternativi, se si vuole. Così l’autrice procede a offrire al pubblico immagini completamente altre rispetto a quelle classiche. Altre anche per forma. Molte delle auto-riprese/rappresentazioni, che offre allo sguardo del pubblico, hanno il formato verticale delle immagini dei cellulari. Alcune sono direttamente estratte dalle webcam e tutte reinseriscono l’autrice e le altre persone disabili, con cui questa si interfaccia, in un contesto così quotidiano, che alla fine riesce ad abbattere senza proclami e senza retorica il pregiudizio sulla differenza – pietistico o crudele poco importa – alla base di quelle rappresentazioni più istituzionali e comuni della diversità.

Un film necessario

Sta qui la forza del documentario Is There Anybody Out There? Nel suo riuscire a offrirsi non più come testo filmico, ma come processo di costruzione in atto, reale, di un’autocoscienza della propria condizione, in grado di offrire dei nuovi paradigmi per la rappresentazione della disabilità. O meglio dei paradigmi che inseriscono la rappresentazione del disabile in un quadro di riferimento culturale, in cui la differenza non è nulla di mostruoso, ma semplicemente una forma altra dello stare al mondo, determinata da particolari condizioni mediche. Sembra un concetto scontato, ma in un mondo dove ancora le discriminazioni e le conseguenti rappresentazioni culturali sono fonte di dibattito quasi giornaliero – soprattutto nel mondo anglosassone – lavori come quello della Glending sono fondamentali.

Is There Anybody Out There? – valutazione e conclusione

Is Anybody Out There recensione Cinematographe.it

Da un punto di vista tecnico il film è ben realizzato, ma senza particolari guizzi. Più che la fotografia si lascia apprezzare il montaggio, che valorizza il rapporto fra le varie rappresentazioni individuali e collettive dell’identità del disabile. E naturalmente la regia della Glending che riesce a imbastire un discorso complesso e universale ricorrendo alla propria esperienza personale. Forse l’unica pecca del lavoro consiste nel fatto che, a volte, l’autrice si perde troppo nella propria intimità, come quando ci mostra il parto del suo bambino. Questa tendenza rischia di inserire in un contesto comunicativo, per forza di cose spettacolare, un qualcosa che forse meriterebbe di non essere offerto alla visione pubblica.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2
Sonoro - 3
Emozione - 3

2.8