I peggiori giorni: recensione del film di Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo
Quattro nuovi capitoli per il film a episodi diretto da Massimiliano Bruno e Edoardo Leo, ma i risultati lasciano ancora a desiderare. In sala dl 14 agosto 2023.
A distanza di otto mesi circa dall’uscita dei primi quattro capitoli che sono andati a comporre il film a episodi I migliori giorni, ideato e diretto da Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo, la coppia ci riprova con I peggiori giorni, distribuito da Vision Distribution a partire dal 14 agosto 2023 dopo l’anteprima alla 69esima edizione del Taormina Film Festival nella splendida cornice dell’arena a cielo aperto del Teatro Antico. Ma come profeticamente annunciato dal titolo di questo sequel nel quale sono andati a trovare posto quattro nuovi capitoli, il risultato purtroppo lascia ancora una volta a desiderare, arrivando persino a peggiorare rispetto a quanto visto lo scorso gennaio.
I peggiori giorni è un poker di episodi che non convince
La formula dunque è rimasta invariata così come gli esiti, con un poker di cortometraggi da 25 minuti circa cadauno equamente distribuiti tra i due registi che, oltre a dirigere, si sono ritagliati dei ruoli nell’episodio inaugurale battezzato Il Natale. Questo come i restanti tre hanno un filo comune, ossia quello di essere ambientati in una festività comandata e non. Si passa infatti dal Santo Natale ad Halloween, da Ferragosto al Primo Maggio. Giornate di festa tanto attese, ma che come accade spesso nella commedia vengono puntualmente rovinate dal destino infame o dall’essere umano, con quest’ultimo che per l’occasione decide di vestirsi da vittima o carnefice per guastarsi o guastare a chi gli sta intorno il lieto evento. Così facendo quelli che dovrebbero essere momenti di gioiosa convivialità si tramutano in incubi ad occhi aperti da dimenticare. Ne sanno qualcosa tutti i protagonisti dei singoli episodi, scaraventati in situazioni che renderanno la festa di turno un inferno. Si passa da tre fratelli che proprio il giorno di Natale devono tirare a sorte per decidere chi dovrà sacrificarsi e donare un rene per salvare la vita del padre a un faccia a faccia tra nemici di vecchia data durante un party per bambini ad Halloween. Nel mezzo le disavventure di un imprenditore sul lastrico che viene sequestrato da un suo ex dipendente proprio durante la festa dei lavoratori e uno scontro tra classi sociali tra genitori che si consuma in una villa con piscina alle porte di Roma il 15 di agosto.
Un film che non riesce a scandagliare l’animo umano e le sue miserie come da intenzione degli autori
L’intenzione dei creatori sarebbe dovuta essere dunque quella di dare forma e sostanza a un film corale che, fra ironia e amarezza, avrebbe dovuto scandagliare l’animo umano e le sue miserie. Insomma delle piccole commedie al vetriolo o al veleno, condite con dosi massicce di dramma come nell’epoca d’oro nostrana. Il modello in un certo senso, o almeno sulla carta, sarebbe dovuto essere l’intramontabile I mostri, il cult del 1963 dove Dino Risi con una satira feroce della società degli anni Sessanta che metteva a ferro e fuoco le contraddizioni e situazioni tipiche del momento. Tutto sarebbe dovuto passare attraverso un processo di attualizzazione e trasferimento ai giorni nostri con un’immersione delle storie e dei personaggi nei drammi del quotidiano. Ed è quello che hanno provato a fare gli autori de I peggiori giorni, ma con una bassissima capacità performativa, non ci certo paragonabili agli affreschi regalatici a suo tempo dal Carlo Verdone dei giorni migliori. Anche i nobili propositi che hanno portato gli autori ad affrontare nei vari episodi temi dal peso specifico rilevante come tra gli altri la crisi economica, le morti sul lavoro, il bullismo, gli scontri di classe e le difficoltà dei legami familiari, non lasciano il segno poiché passano in secondo piano rispetto al modo in cui altri colleghi li hanno trattati. Scomodare o rievocare ad esempio Carnage piuttosto che Una vita difficile non è stata a nostro avviso una mossa particolarmente intelligente, dimostrazione di una pigrizia presenta alla radice sin dalla fase di scrittura.
La mancanza di originalità e la pigrizia sono difetti cronici che avevano accompagnato anche il primo film
La mancanza di originalità e la pigrizia sono difetti cronici che avevano accompagnato anche il primo film, accentuandosi ulteriormente anche in questo sequel. Per ciascuno di essi, Leo e Bruno si sono fatti aiutare in fase di scrittura da colleghi e sceneggiatori, ma nemmeno il contributo alla causa di più menti ha portato benefici e miglioramenti significativi. In tal senso non c’è da registrare una discontinuità tra un episodio e l’altro in termini qualitativi, poiché anche in questo caso tutti i tasselli del mosaico si attestano al di sotto della sufficienza con il solo Halloween a restare più a galla degli altri grazie al divertente botta e risposta tra Rocco Papaleo e Giovanni Storti. Normalmente in operazioni come queste è prassi non fare di tutta un’erba un fascio, andando ad analizzare gli episodi singolarmente. Qui, diversamente da altri film a episodi realizzati passato, la differenza la potevano fare gli sceneggiatori, i registi o gli attori coinvolti, ma ne I peggiori giorni, così come nel precedente, gli equilibri precari restano invariati e non vi è nulla in grado di alzare di un centimetro l’asticella.
I peggiori giorni: valutazione e conclusione
La formula resta invariata così come i risultati. Dopo l’altalenante I migliori giorni arriva il barcollante e poco originale sequel dal titolo I peggiori giorni con quattro nuovi episodi firmati dalla coppia formata da Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo che cercano con pigrizia e superficialità di scandagliare l’animo umano e le sue miserie. Divertimento ai minimi storici e pochi spunti di riflessione per un film corale che nonostante i quattro colpi in canna non coglie mai il bersaglio. Confezione piatta e messa in scena spesso discutibile, con gli attori coinvolti che fanno di tutto per coprire le gigantesche falle presenti sul fondo di una nave destinata a colare a picco e inabissarsi nell’oceano della dimenticanza.