Souls – Tutte le vite che ricordi: recensione della serie TV
La serie tedesca che piacerà ai fan della più nota Dark.
Brigitte Hobmeier, Julia Koschitz e Lili Epply sono le protagoniste di Souls – Tutte le vite che ricordi, il mistery drama disponibile su Sky e NOW dall’1 agosto 2023. Il fatto che si tratti di una serie tedesca, unito alle atmosfere cupe e misteriose che la caratterizzano ed i piani temporali che si intrecciano, sono alcuni degli elementi che rendono spontaneo il paragone con Dark, fenomeno seriale che ha conquistato il pubblico di Netflix negli ultimi anni. Difficile pensare che Souls possa avere lo stesso successo dello show creato da da Baran bo Odar e Jantje Friese, ma rimane comunque un titolo assolutamente consigliato per chi ha amato gli intrighi della serie rilasciata nel 2017.
Un dramma cupo su amore, perdita e reincarnazione
Piani temporali che si intrecciano, dicevamo: il primo che ci viene presentato è quello del presente, che vede protagonista Hanna (Brigitte Hobmeier), una donna sopravvissuta ad un grave incidente d’auto grazie alla prontezza di suo figlio Jacob. Proprio quest’ultimo, dopo l’incidente, dice di ricordare la sua vita precedente, introducendo così il pubblico al tema della reincarnazione e collegandosi al piano temporale del passato, quello che vede cioè protagonista Allie (Julia Koschitz), nella Berlino del 2006. La sua storia è ancora più incredibile, visto che si ritrova a rivivere in un loop infinito il giorno in cui muore il suo compagno, proprio l’uomo che Jacob ricorda di essere stato nella vita precedente. Come se non bastasse questo intreccio, già di per sé molto complesso, nel secondo episodio di Souls viene introdotto il personaggio di Linn (Lili Epply), ragazza che invece si muove nel piano temporale del futuro, a sua volta legata alla vita delle altre due donne in un modo che viene approfondito nel corso degli altri episodi (sono 8 in totale).
Proprio come Dark, Souls è una serie che “cresce”, non si appiattisce ma, anzi, punta sull’effetto sorpresa che alla fine di ogni episodio fa crescere l’intrigo e che nello spettatore scatena l’inevitabile voglia di guardare anche l’episodio successivo. Per intenderci, se gli episodi fossero stati rilasciati tutti insieme nello stesso momento, sarebbe stato un binge watching assicurato. Se poi guardate la serie in compagnia, il coinvolgimento è totale: vi verrà spontaneo confrontarvi su quello che credete di aver capito e, soprattutto, su tutte le certezze che pensavate di avere e che, invece, vengono puntualmente smentite da ciò che viene raccontato (non stupitevi se spesso avrete sul volto la classica espressione da “WTF?!“: non siete voi ad essere poco svegli ma è la trama ad essere effettivamente complessa).
In generale, Souls ha un ritmo lento ma i temi che emergono in questo show sono a dir poco stimolanti. Recitazione e regia sono di buon livello ed arricchiscono ulteriormente questo cupo dramma sull’amore, la perdita e la reincarnazione, dove a dominare è l’elemento dell’acqua. Acqua che travolge, che fa vivere in un costante moto perpetuo, che inabissa ma allo stesso tempo alleggerisce, eliminando il peso corporeo e lasciando emergere solo il peso dell’anima.
Souls – Tutte le vite che ricordi: valutazione e conclusione
Un giudizio più completo su Souls – Tutte le vite che ricordi si può avere soltanto una volta visionati tutti gli episodi, ma comunque basta godersi la prima parte dello show per capire che ci si trova di fronte ad una storia ben costruita, dove i pezzi del puzzle si incastrano piano piano ma lasciano sin da subito intravedere un quadro non semplice da decifrare ma comunque sufficientemente affascinante e ricco di sfumature da consigliare la visione della serie, la quale, lo ricordiamo, nel 2022 è stata premiata al Festival di Cannes (nella sezione dedicata alle serie tv) per la migliore sceneggiatura, firmata da Alex Eslam, Lisa van Brakel, Erol Yesilkaya e Senad Halilbaši.