Essere Moana: recensione della docu-serie Discovery+
Moana rivive in una docu-serie ricca di spunti e piena di mistero, che tocca con tatto la vita di una diva italiana.
Moana, un nome che tutti conoscono ma pochi associano all’interezza di una storia, di una donna oltre che diva, la cui vita ha interessato i curiosi e scandalizzato i puritani. Una figura femminile potente, antesignana di un certo femminismo che propone la liberazione dai tabù sociali e sessuali da parte della donna come emancipazione, come via del progresso. Moana, della sua vita strampalata e della sua carriera imprevedibile, ha creato una storia di fantasia, una narrazione quasi cinematografica o letteraria.
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Ma la vita privata di Moana Pozzi, trentatré anni e una fallita carriera da attrice di cinema compensata da un’altra brillante nel mondo del porno, non è mai stata più misteriosa di così. La docu-serie Discovery+, divisa di un due puntate (la prima disponibile dal 29 luglio e la seconda dal 5 agosto sul canale) , racconta – o almeno ci prova – il mistero rappresentato da una delle vere dive italiane degli ultimi trent’anni. Trent’anni, quell’età di transizione e crescita che porta alla maturità, ma la giovane Moana avrebbe superato di pochissimo. A 35 anni la donna più amata e desiderata d’Italia tra gli anni ’80 e ’90 non ci sarebbe mai arrivata, lasciando dietro di lei l’alone del mito e del mistero. Ad oggi, di Moana Pozzi si conosce ogni parte del corpo, ma non ha una lapide né una tomba. La docu-serie diretta da Marina Loi prova a dipanare il mistero senza scioglierlo del tutto, scovando negli anfratti più oscuri della sua esistenza sfavillante e torbida.
Essere Moana, la storia di una diva tra luci e ombre: la bellissima docu-serie di Marina Loi
Essere Moana, scritto da Marco Gregoretti, Marina Loi e Flavia Triggiani per la regia di Alessandro Galluzzi, Flavia Triggiani e Marina Loi, si fa tante domande, profonde e provocatorie, cercando di illuminare il chiaroscuro di una esistenza costruita sull’incertezza del domani, con una consapevolezza quasi innata di non essere destinat ad appartenere al mondo troppo a lungo. Moana, con i suoi pochissimi trentatré anni, ha lasciato dietro di se orde di uomini adoranti, ma anche una visione della vita e della donna oltre la misura che le aveva definite fino a quel momento.
La storia che la docu-serie in due puntate prova – e riesce – a proporre è una storia di fantasmi e di ombre, ma anche di scoperta e ribellione. Moana, ragazza della buona borghesia diventata stella del porno italiano ma anche cultrice del sesso, della poligamia e della libertà sessuale femminile, è studiata e analizzata solo per dirci e confermarci alla fine del documentario che non è possibile capirla fino in fondo. Si tratta di un fenomeno culturale, di una figura mitologica ed evanescente, sensuale e sessuale ma anche intangibile, svanita in circostanze misteriose che hanno portato alla totale idealizzazione della sua figura, esattamente come lei intendeva fare.
Il mistero della vita di Moana, che attraversa tutti i momenti topici della sua lunga carriera, viene soppiantato solo da un enigma ancora più arduo da decifrare: quello delle circostanze che hanno portato alla sua morte, ai frangenti bizzarri e insensati che hanno costellato le sue diagnosi mediche, indiscrezioni, gossip e un solo grande punto interrogativo. Com’è morta Moana, dove sono – se ci sono – le sue ceneri? Aveva ragione Franco Trentalance, suo collega, quando affermava che la donna era morta perché malata di Aids in seguito ad un porno girato con il sieropositivo John Holmes? O le cose sono andate come sembra indicare la stampa ufficiale, con un tumore al fegato che l’ha portata a dimagrire lentamente ma inesorabilmente durante il viaggio in India con il marito Antonio Di Cisco, altro grande mistero della sua breve ma piena esistenza? Il documentario prova a proporre in modo efficace e provocatorio le domande giuste, punti di domanda che restano tali perché l’unica persona che poteva rispondere non può più farlo e probabilmente, se avesse potuto, non avrebbe voluto rispondere ugualmente.
Moana aspirava ad essere eterna, ultraterrena, impossibile da immaginare morta. Essere Moana le fa questo regalo, la celebra per quello che era ma soprattutto per quello che voleva essere, una icona immortale, bellissima, di irriverenza e libertà.
Essere Moana: valutazione e conclusione
Essere Moana è un documentario completo, bellissimo, ricco di fonti storiche ed immagini di repertorio. Riesce, per tutta la sua durata, a tenere il pubblico incollato al magnetismo naturale di una diva senza tempo, una donna tra le donne, regina, che è riuscita con la sua intelligenza e con il suo corpo a creare una prima forma di emancipazione.
Moana vive e rivive nelle immagini proposte dalla regia e dalla scrittura sapiente della Loi, del suo staff e dalla produzione vincente di Discovery. Assolutamente da vedere!