Depp contro Heard: recensione della docu-serie Netflix
La recensione di Depp contro Heard, su Netflix dal 16 agosto 2023.
A un anno dalla fine del processo per diffamazione che ha contrapposto Depp (querelante) a Heard (imputata), un documentario ricostruisce lo spettacolarizzato processo tra i due ex coniugi hollywoodiani e il parassitismo profittevole delle piattaforme social. Per mostrarci due cose: quanto il nostro culto della Verità (in maiuscola) ci allontani da quel poco di vero che vale la pena difendere e quanto urgente sia smettere di vivere per procura.
Ricapitoliamo brevemente i fatti: nel dicembre del 2018, Amber Heard scrive un intervento per le colonne del Washington Post in cui, a un anno dall’esplosione del #MeToo, si attribuisce il merito di non aver taciuto gli abusi domestici subiti e pertanto si autoinveste, con la sua testimonianza, del titolo di paladina della causa. Nel testo pubblicato dal giornale, il nome dell’ex marito a suo dire abusante viene omesso, ma, in effetti, non era affatto necessario esplicitarlo. Del resto, chi non conosce Johnny Depp e chi ignora che, per quindici mesi, ha diviso il talamo nuziale con la meno conosciuta, ma comunque promettente Heard, collega più giovane di ventitré anni?
L’attore non ci sta a vedersi marchiato come carnefice né a veder macchiata la reputazione costruita in trent’anni di carriera; allora, porta l’ex moglie in tribunale accusandola di averlo diffamato: non la porta, però, in California (dove entrambi vivono) né nello Stato di Washington (dove ha sede la redazione del Washington Post), ma in Virginia. In ciascuno stato federato degli Stati Uniti vige, infatti, una legislazione diversa e quella della Virginia punisce più severamente coloro che vengono giudicati colpevoli di calunnie e atti diffamatori. Che Johnny Depp abbia voluto lì il processo – documentato da telecamere da lui stesso richieste – per questo motivo oppure perché il Washington Post usa stampare le sue copie in Virginia e lì conta la maggior parte delle sue rotative? Chissà. Il finale della storia lo conosciamo già: la giuria del tribunale di Fairfax, composta da sette membri (cinque uomini e due donne), ha stabilito la legittimità dell’accusa e condannato Amber Heard a pagare un risarcimento pari a 10,4 milioni di dollari all’ex marito.
Depp contro Heard: tra lui e lei non si salva nessuno. Ed entrambi recitano sempre
Al di là del giudizio di colpevolezza espresso, se Amber Heard abbia accusato ingiustamente, dunque diffamandolo, l’ex marito di violenze fisiche e psicologiche per darsi un tono, confidando nella buona predisposizione collettiva a risarcire almeno con una certa compassione (e altrettanto credito) chi denuncia un abuso oppure abbia detto la verità su un matrimonio intossicato in cui lei si ritrovata parte debole e offesa, non è possibile saperlo. Heard e Depp, in una complicità criminale che spesso impedisce di tracciare una netta linea di demarcazione tra partner sadico e partner masochista, si sono probabilmente rimpallati frustrazioni, dipendenze, proiezioni di traumi, incontinenze varie, ferite narcisistiche a cui l’altro doveva compensare riflettendo l’immagine sperata e non quella degradata che sempre segue la caduta dell’idealizzazione prodotta dall’illusione transitoria dell’innamoramento.
L’impressione, già a meno di mezz’ora dalla visione del primo dei tre episodi della docu-serie di Emily Cooper distribuita in Italia da Netflix, è che tanto Heard quanto Depp non sappiano trovare altro modo di stare al mondo se non attraverso la recitazione. Ciò non significa che l’uno e l’altra abbiano mentito consapevolmente né, tantomeno, che l’abbia fatto solo uno dei due. Ciò non significa neanche che abbiano mentito tout court: semplicemente, sono – o almeno così sembra – due individui a cui viene difficile abbandonare la parte tanto trovano angosciante accostarsi a chi potrebbero scoprire di essere al di fuori di essa.
Tutto, nelle loro testimonianze, dal tono della voce alle parole scelte, alla gestualità e alla mimica, sembra fin da subito talmente sceneggiato da risultare più penoso per l’istrionismo – inconsapevole? – che non per il contenuto delle reciproche accuse. È anche per questo che si consiglia la visione rigorosamente in lingua originale, per meglio apprezzare le sfumature della performance. Viene in mente, a guardare Depp contro Heard, un passaggio di Blonde di Andrew Dominik in cui Marilyn Monroe – ma, forse, sarebbe meglio qui chiamarla Norma Jean –, in occasione di un provino con un regista, mostra di essersi identificata fino al parossismo lacrimoso con il personaggio interpretato; il regista ai suoi collaboratori che si riferiscono a lei come a “una che sembra una paziente psichiatrica”, replica: “Questo genere di persone è attratto dalla recitazione. Un attore, nel suo ruolo, sa sempre chi è”. La ferocia di questa battuta, probabilmente ingiusta se la pensiamo rivolta a Marilyn, racchiude un’intuizione che è possibile estendere alla coppia Depp-Heard, al sicuro solo dentro un copione, un appiglio per non smarrirsi nel loro vuoto identitario, nella vertigine di non sapersi dove reperire. Non è un caso che, durante le riprese del film che li ha fatti conoscere (The Rum Diary), lui ha deciso di infrangere le barriere tra verità e finzione, baciando non il personaggio di lei attraverso il suo proprio, ma Amber Heard stessa attraverso il suo ‘ruolo’ di Johnny Depp, in una confusione tra inscenato e inscenabile che si è rivelata precorritrice delle invasioni che, nel tempo, l’uno e l’altra avrebbero imposto allo spazio intimo del partner. Uno spazio intimo – il proprio e, di conseguenza, l’altrui – forse temuto da loro per primi.
Depp contro Heard: valutazione e conclusione
Depp contro Heard, nella sua doverosa neutralità, presenta il materiale documentario senza interpretarlo e senza indulgere in particolari morbosi. Benché presto si areni nella sua struttura compilativa e anche l’interesse nei confronti della coppia divisa nel e dal giudizio segua la stessa china, ha il merito soprattutto di ragionare sul ruolo dei social media e dei creator che li animano, spesso parassitando i personaggi noti che, sulle loro vicende personali e giudiziarie, riescono a generare interesse: il documentario restitusce fino a che punto è stata massiccia la partecipazione al processo Depp-Heard da parte della gente comune, tra quella accampata ‘fisicamente’ fuori dal tribunale e quella rappresentata dalla pletora di commentatori virtuali delle piattaforme social che, dalla vivisezione di ogni particolare della vicenda, hanno tratto profitti anche economici. Colpisce come Amber Heard in particolare sia stato oggetto non solo di attenzione maniacale, ma anche di parodie, insulti, umiliazioni, forme più o meno fantasiose di accanimento. Su di lei, rea di aver incrinato il culto del divo-eterno pirata, si sono abbattute le maggiori sferzate di sarcasmo e le peggiori ingiurie.
Sarebbe stato più giusto spartirle equamente, perché viene davvero difficile attribuire il primato morale a uno dei due membri di una coppia che sembra aver agito più sospinta dalla pulsione e dalla parte di odio che c’è in ogni amore (e viceversa) che non da criteri altri, di più diretto calcolo di redistribuzione narcisistica o dalla volontà di veder trionfare una giustizia intesa in senso legalistico. Di certo, la Verità non può essere trovata e, più ne nutriamo l’ossessione integralista, più ce ne allontaniamo: la storia di questi sposi che, la prima volta che si sono incontrati, hanno parlato di vecchio blues e di poesia è una parabola del progressivo deteriorarsi di ogni assoluto nel suo contrario proprio per orrore e disgusto dei chiaroscuri, delle modulazioni grigie e temperate del quotidiano. Un orrore che i due protagonisti per primi hanno provato, seguiti da fan-idolatri poi divenuti tifosi, tutti accomunati dell’incapacità di sostenere la piccola, provvisoria verità dell’impossibile bonifica dei sentimenti (e talvolta dei comportamenti) umani da una misura più o meno ingombrante di aggressività e, ancor più, dell’impossibilità di far coincidere il verdetto di una giuria con il verdetto morale, con la più complessa indagine intorno alle responsabilità umane e alle inevitabili sovrapposizioni di colpa.
Da Depp contro Heard, inoltre,s’impara, re-imparandolo, qualcosa che in fondo sapevamo già: abbiamo smesso da tempo, drammaticamente, di considerare interessanti le nostre vite e, per questo, le abbiamo consegnate tutte intere a un sogno d’intensità che riconosciamo possibile, e anzi concretizzabile/concretizzato, solo nelle esistenze dei personaggi famosi. A noi che restiamo dall’altra parte, interdetti chissà perché a vivere come crediamo vivano loro, non resta che guardare: si tratti di un bacio ‘vero’ strappato alla regola di non erotizzare la finzione o materia fecale depositata per dispetto sul lato del letto di chi non si riesce più ad amare se non disprezzandolo e riducendolo a scarto.