The Last of Us: regista riflette sull’episodio malinconico dedicato a Bill e Frank
Il regista dello show ha parlato intensamente della puntata Molto, molto tempo.
The Last of Us è la recente serie televisiva che porta sul piccolo schermo uno dei videogiochi più importanti della storia del medium, arrivato nel 2013 inizialmente solo per PlayStation 3 per poi aprirsi via via alle generazioni più recenti di console e pc. Ebbene, l’opera, creata da Neil Druckmann, direttore creativo di Naughty Dog, è una storia semplice ma efficace: l’intera umanità è stata quasi interamente spazzata via da un virus fungino che lasciato un’altra parte degli esseri umani in una condizione spiacevole. Ebbene, i due protagonisti sono Joel ed Ellie, due sopravvissuti in lotta contro un mondo in perenne ostilità che cercano a tutti i costi una cura per questa epidemia.
The Last of Us tornerà con una Stagione 2
The Last of Us è stato portato da HBO sul piccolo schermo con molto tatto e attenzione: Craig Mazin (dietro l’apprezzata miniserie Chernobyl) e il già citato Druckmann hanno dato vita ad uno show che, per quanto riporta alla luce lo spirito più fedele del videogioco originale, in realtà innova moltissimo nella costruzione dei personaggi e degli avvenimenti, tra l’altro dedicando un’intera puntata a due figure secondarie del videogioco ovvero Bill e Frank. A tal proposito, Deadline ha avuto la possibilità di intervistare proprio il regista di tale episodio, Peter Hoar (It’s a Sin, Umbrella Academy), dietro la macchina da presa di Molto, molto tempo. Il film-maker ha raccontato a fondo i retroscena dietro l’episodio, svelando i segreti dietro la costruzione della puntata.
“Non avevo certo intenzione di raccontare una storia che avrebbe fatto piangere il mondo in modo incontrollabile, ma l’ho fatto. C’era un biglietto che ho dato a Murray. Ho detto, forse questa è la scena in cui non piangiamo. Era impossibile perché Bill era così appassionato e in quel momento diceva al suo amore Frank, che lui era il suo scopo. E Murray ha detto, ‘Non posso farlo. Guardalo, non posso farlo. È così bello e umano. Non riesco proprio a trattenerlo.’ Quindi, quella nota era ridondante! Sono lì per far provare qualcosa alle persone. E so che ci sono state volte in cui abbiamo fatto delle scelte, come un brano musicale in particolare, che so che mi fa sentire delle cose ogni volta: On the Nature of Daylight di Max Richter. Questo è in un montaggio verso la fine. Ma sì, la semplice risposta è che può diventare troppo strappalacrime. C’è una schiettezza in questa storia d’amore gay. Non è appariscente. È genuino ed è autentico.”
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