Vita da Carlo – stagione 2: recensione della serie TV Paramount
Tra colpi di genio e guizzi interpretativi, la meta-serie di Verdone convince sempre di più
Arriva la nuova stagione di Vita Da Carlo – stagione 2, la serie in dieci episodi ideata da Carlo Verdone e basata sulla sua vita e sulle sue (dis)avventure quotidiane. Se la prima serie era andata su Prime Video, questa seconda approda – portandosi dietro ovviamente le prime dieci puntate – su Paramount+, programmando i primi tre episodi il 15 settembre 2023 e continuando poi al ritmo di tre a settimana.
Carlo Verdone come una fenice
Cosa si può dire di nuovo su un autore che in quarantaquattro anni di carriera ha saputo rifondare un genere (la commedia), iniettargli respiro europeo, produrre un proprio stile ben preciso, inventare una propria sintassi cinematografica, e addirittura diventare una vera e propria icona pop senza però mai scendere a compromessi con le mode, ma anzi creandole?
Anzi, il suo status di icona – e, a modo suo, influencer social – è proprio al centro della serie ideata nel 2022, in quel post covid che ha segnato un passaggio fondamentale nell’audiovisivo, contemporaneamente all’esplosione della dicotomia tra sala e piattaforme. Carlo Verdone, da autore sottile e intelligente qual è, dopo un attimo di smarrimento ha saputo trarre il meglio dalle nuove coordinate: e ha (momentaneamente) abbandonato il grande schermo per portare il suo stile in tv, approfittando della sua immagine wharoliana per scriverci su un nuovo capitolo della sua storia d’artista.
Se nella prima Vita Da Carlo allora si prendevano le misure, si gettavano le basi, si proponeva una sorta di origin story, questi nuovi dieci episodi mostrano sicuramente uno storytelling più deciso e delineato: in questo senso, Vita Da Carlo 2 è un bestiario antropologico che racchiude tutto l’universo del suo autore, un comico maturo che sa farsi drammaturgo di rara finezza e sensibilità quando dipinge una quotidianità che barcolla tra verità e finzione, tra dialoghi brillanti e personaggi senza soluzione di continuità.
Anche gli autori cambiano
Come è già accaduto con Paolo Sorrentino (con The Young Pope) e David Lynch (Twin Peaks il Ritorno), anche per il buon Carlo la dimensione seriale ha fatto sì che potesse riprendere respiro e trovare una dimensione a lui più congeniale: dimensione predisposta per gli autori che raggiunta la maturità cinematografica completa in uno sviluppo narrativo di lungo percorso trovano nuovi stimoli, nuove sfide e dimensioni più adeguate senza farsi costringere nei canonici 90/120 minuti.
Certo, Vita Da Carlo 2, ancora più della prima stagione, non segue la struttura tipica dell’episodio con svolgimento, acme, epilogo, ma è più un flusso indistinto di storie, dialoghi, persone e personaggi, situazioni e prese di posizione: è finalmente una serie splendidamente meta – narrativa quasi anarchica nel suo seguire correnti autodefinite, che regala guizzi di genio dividendosi equamente tra risate da commedia, sorriso da splastick, malinconia da dramma.
Carlo Verdone appoggia lo sciopero degli attori americani
Sintesi perfetta: la riproduzione del balletto di Borotalco. Che parte come un omaggio, diventa un dietro le quinte (la scenetta è stata realmente inventata da Carlo con il futuro cognato Christian De Sica), e finisce però per essere un’amara riflessione sul tempo che passa, sorretta da due interpreti eccellenti (De Sica, da Salvatores in poi, ha saputo mettere a frutto quel sorriso amaro retrogusto di una comicità esplosiva e irruenta e finalmente mostrarsi anche alla critica più talebana come il grandissimo attore che è).
In quell’equilibrio perfetto che restituisce le piccole gioie e le grandi emozioni, frutto di un intenso lavoro di scrittura (dello stesso Verdone, Pasquale Plastino, Ciro Zecca e Luca Mastrogiovanni), che insieme ad una recitazione calibrata al millesimo firma una serie perfetta.
Uno dei punti di forza tipici del Verdone regista è sempre stato quello di indovinare volti e sguardi di attori emergenti: Vita da Carlo 2 è allora il debutto, riuscito, di Sangiovanni, idolo musicale delle folle – e delle ragazze – che interpretando sé stesso mostra imprevedibili e non banali doti interpretative.
Da Sangiovanni e le situazioni tragicomiche in cui viene coinvolto, il passo è breve fino al nucleo tematico della serie: che permette di inquadrare meglio il Verdone – pensiero, sospeso a metà tra dramma esistenziale e voglia di equilibrio.
Vita da Carlo 2 e la costante umana
Perché Vita da Carlo 2, nella sua libertà quasi rivoluzionaria, riflette in modo drammatico o quantomeno assai serio la situazione del cinema e degli autori in Italia: grazie a Carlo che si specchia e si racconta, ma anche grazie a Stefano Ambrogi che mentre omaggia Mario Brega restituisce un ritratto impietoso della produzione, allo stesso Sangiovanni che impersona il vero e proprio algoritmo alla base delle narrazioni da piattaforma, e sempre al personaggio Verdone che diventa una sorta di “antidoto umano” all’avanzare di una professione sempre più depersonalizzata.
Il Carlo Verdone di Vita da Carlo, allora, non è un personaggio/persona, anzi non solo: è una concezione culturale che non si arrende alla volgarità, che non scende a compromessi ma attraverso la ricchezza emotiva e un’umanità rara si fa strada nelle nuove ere mentre cerca di accettarle, senza cambiarle ma nello stesso tempo cercando di aderirvi come una costante umana.
5 film di Verdone ingiustamente sottovalutati
Vita da Carlo – stagione 2: valutazione e conclusione
Alla luce di tanta abbagliante quadratura, resta solo il rimpianto che una volta che vita si è trasformata in finzione, una parte di finzione non faccia il alto all’indietro trasformandosi in vita: e cioè che Verdone smetta davvero di fare film per la sala cinematografica.
Ma per adesso una consolazione c’è: a novembre 2023 partono i primi ciak di Vita da Carlo 3. Auguriamoci allora che almeno Vita da Carlo continui a crescere, a proliferare, a maturare, accostandosi anno per anno alla vita, diventando un appuntamento felice come una festività, e insieme un modo per capire quello che ci ruota intorno. E che dobbiamo cambiare per cambiarci.